Donne che lottano per la loro libertà e dignità

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Una Serata magnetica, con un tema di forte attualità e rilevanza: «Donne che non sono disposte a rinunciare alla loro libertà e dignità, capaci di smascherare l’ignoranza, la superstizione e l’ottusità…».

Queste donne si incrociano di continuo, a casa, sul lavoro, per le strade… e venerdì 11 novembre scorso nel Salone di S. Elisabetta d’Ungheria, presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido, e nel film «Il Sabba» di Pablo Agüero, alla 3ª Serata cinematografica della 10ª edizione del CineCircolo dal filo conduttore: «Donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›, per immagini», inserita nel solco della fase narrativa del cammino sinodale, ispirata ai grandi testi dell’autorità educativa della Chiesa, promossa dal Circolo ed aperta gratuitamente a tutti: credenti e «laici», vicini e lontani – la 221ª di seguito.

La aprì il brano «Stefania» della Kalush Orchestra, in omaggio alle donne ucraine: dalle politiche, parlamentari e diplomatiche alle reginette di bellezza, artiste e casalinghe, icone ed eroine del sanguinoso conflitto russo-ucraino, che impugnano armi e combattono nelle forze di difesa territoriali, che afferrano microfoni e ad alta voce difendono la loro e la nostra dignità e libertà, e le donne ‘comuni’, che, sentendo la loro casa tremare, con la forza dell’amore scappano nei rifugi insieme ai loro bambini, che, assumendosi la responsabilità dei loro figli, diventano profughe e rifugiate in altri Paesi.

Seguirono un veloce sguardo sulla Serata precedente, resa immortale nelle immagini associate all’articolo «Le sante e le indemoniate», la sinossi de «Il Sabba» con il cast e il regista, presentata agilmente da Lucia Scarpetta, senza svelare il finale, e la proiezione della pellicola ‘scovata’ abilmente da Ghenadi Cimino.

Il film trasportò i presenti nel Salone, con incredibile maestria, nei primi anni del 1600, nella regione basca, e seguì la storia – altamente drammatica, ma al tempo stesso assolutamente emozionante – di un gruppo di giovani donne accusate ingiustamente di stregoneria. La ventenne Ana viene arrestata per la sola colpa di aver preso parte ad un Sabba (in basco Akelarre). Insieme a lei, altre donne, sorelle ed amiche, subiscono la stessa sorte: vengono costrette a confessare, con torture atroci e disumane, quello che sanno sull’Akelarre, il rito magico durante il quale si materializzerebbe il diavolo, pronto ad accoppiarsi con loro. Accusata, insieme alle sventurate compagne, di stregoneria dal giudice Pierre de Rosteguy di Lancre, Ana verrà quindi coinvolta in un estenuante processo, nel quale verrà messa alla gogna finché l’odio evocato da una società ipocrita e oscurantista verrà inevitabilmente e tragicamente soddisfatto.

Nel film ci vengono mostrati due mondi diversi: quello degli uomini, fatto di assurde credenze e superstizioni e di un’intrinseca paura per tutto ciò che sfugge al loro controllo, e quello delle donne, che in questa regione della Spagna mantengono un livello di libertà, espressa principalmente in un fortissimo legame con la natura e con i suoi segreti, che in altri luoghi, a quel tempo, era probabilmente impossibile. Donne che non sono disposte a rinunciare, oltre che alla loro libertà, alla dignità, e che sono capaci di smascherare l’ottusità dei loro aguzzini, manipolandola in certi casi a loro vantaggio. Il profondo contrasto tra queste due dimensioni viene espresso anche dall’uso della camera, movimenti bruschi e veloci quando viene raccontato il mondo femminile di Ana e le altre, decisamente più statici nelle poche scene completamente al maschile. La libertà di queste donne è opposta alle costrizioni che questi uomini si autoimpongono ed impongono agli altri. A colpire de «Il Sabba» sono anche le interpretazioni delle giovani protagoniste, per la maggior parte alla prima esperienza. Tra di loro spicca senza dubbio Amaia Aberasturi, magnetica negli sguardi e nel mondo di parlare, capace di incarnare il potere mistico e sensuale di cui viene accusata (e da cui i suoi aguzzini sono attratti). Le altre, comunque, spiccano per la loro spontaneità e freschezza, risultando altrettanto affascinanti.

«Il Sabba» è uno splendido grido di libertà e dignità. Agüero, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Katell Guillou, con il suo film scelse di raccontare la donna di allora come quella di oggi, vittima di pregiudizi e dell’ignoranza, che tuttavia da vittima innocente può diventare l’artefice del suo destino, non perdendo la sua dignità nemmeno nei momenti peggiori.

Infatti, il cinedibattito, innescato da «Il Sabba», mise in luce la dignità della donna. Al microfono si alternavano allora donne diverse, con piglio mistico o con la concretezza di una lingua forte, ragionando sull’eredità degli avi, superando le loro madri e non nascondendosi dietro agli stereotipi: Tonia Speranza, Gabriela Sestito, Maria Rainone…, anche con alcune frasi incendiarie nei confronti dei “maschi” presenti nel Salone, ma subito “ritoccate” gentilmente da Leonardo Vigna.

C’è una donna speciale verso la quale il sottoscritto indirizzò l’attenzione di tutti: Maria di Nazareth, donna libera da se stessa e rivolta pienamente agli altri e al totalmente Altro, modello di donna emancipata, dialogica, coraggiosa. È in lei che prese corpo la misteriosa relazione fra il Verbo e l’umano. Questa relazione si nota bene nell’«Annunciazione» del pittore veneziano Lorenzo Lotto († 1556/1557), dove l’angelo che irrompe è tanto reale che perfino il gatto fugge, impaurito. La paura ha però due forme: quella che ti fa fuggire e quella che ti sgomenta, e di conseguenza ti fa interrogare, meditare, chiedere. Quella, cioè, che avvolge Maria. Lei avverte il pericolo e presagisce che la sua strada sarà piena di spine. Ecco allora che un’ombra copre il suo volto. La relazione tra il Verbo e l’umano, tra il Logos e la storia, avviene nel timbro della paura. La paura risolta con un obbediente “sì”, intriso di libertà: Maria è obbediente, ma nel senso etimologico della parola. Obbedire è ob audire, cioè ascoltare. E Maria ascolta l’annuncio dell’angelo, con timore e tremore, proprio come Lotto mostra nel suo dipinto. Dice “sì” all’angelo, dopo averlo ascoltato. La sua grandezza sta nell’accogliere l’annuncio superando la dimensione del destino. Se non si supera tale dimensione non si è nell’evo della cristianità. Tutto è segnato dal tremendo e scomodo dono della libertà che obbliga ad ascoltare e ad essere responsabili. A volte è molto più comodo essere servi che liberi, responsabili e coraggiosi.

A concludere il dibattito, la lettura del testo «Maria, donna coraggiosa», da parte di Lucia Scarpetta e Asia Brogneri, radiosa e felice, tratto dal volume «Maria, donna dei nostri giorni» di don Tonino Bello. Il testo tenero e appassionato, ma anche coraggioso e anticonformista, che unisce il “parlato alto”, proprio dei poeti, al “dire quotidiano”, proprio dell’uomo della strada. La litania per i nostri tempi, ricca di squarci di catechesi e di lampi di luce.

A concludere invece il programma della Serata, le comunicazioni del presidente Luigi Cimino, relative al Circolo, l’annuncio del prossimo evento [venerdì 18 novembre, dalle ore 18.45, la 4ª Serata conviviale focalizzata su «Sandra Sabattini († 1984), l’artista della carità, e le altre donne come lei] e le istantanee del gruppo accompagnate dal music video «Forza e coraggio» di Alessandra Amoroso «per chi la notte attraverserà il mare per sbarcare in un giorno migliore». Per tutti, nel Salone, un invito «ad hoc», al convivio e al buffet, preparato con passione e gioia da Lucia e Iolanda, Ninetta e Loredana, «donne che ‹fanno bello il mondo›».

Piotr Anzulewicz OFMConv

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Una risposta

  1. 24 Novembre 2022

    […] della Serata, la regia (Ghenadi Cimino) ha proiettato le immagini che accompagnano il trafiletto Donne che lottano per la loro libertà e dignità, pubblicato in mattinata sul sito web del Circolo. Il trafiletto racconta, in forma concisa, la […]

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