Che strano essere figli fluidi con genitori complici!

Quel tempo, che tanto ci strugge e corre come un treno ad alta velocità verso i confini della realtà, rallentò la sua corsa venerdì 26 maggio 2023 e permise ai fan del Circolo Culturale San Francesco di partecipare alla 16ª Serata conviviale con «aperitivo», focalizzata su «Bennate e bellenate che espongono la prole ‹gender fluid›», ideata nell’ambito della 10ª edizione del WikiCircolo dal «file rouge»: «Donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›», e nel solco della fase narrativa del cammino sinodale, ed aperta gratuitamente a tutti: credenti e «laici», vicini e lontani – la 247ª di seguito.

È iniziata con lo scambio di emozioni e di reminiscenze suscitate da un ospite speciale: il m° Cesare Mauro, vocalista, tenore leggero, compositore e autore di brani musicali, «pilastro della musica calabrese», come lo ha definito il m° Luigi Cimino, presentandolo al pubblico nel Salone di S. Elisabetta d’Ungheria presso la chiesa «Sacro Cuore» in Catanzaro Lido. Il cantautore, amatissimo da chi ama la Città delle tre “V” (Vitaliano, vento, velluto), l’ha decantata con il brano «Catanzaro», corredato di bellissime immagini, proiettate da Ghenadi Cimino, che hanno evocato le sue remote grandezze e bellezze. Gli habitué del Circolo hanno già gioito della performance canora dell’Artista, il 27 gennaio scorso, durante l’8ª Serata conviviale con il focus su Maria Tecla Artemisia Montessori, educatrice dei bambini. Tuttora si ricordano come tornavano bambini, spalancando la bocca dallo stupore, mentre eseguiva i suoi brani: «A perdi tempo», «Mi hanno detto» e «Terra lontana». Ora ha rilanciato, niente meno, gli incanti catanzaresi, ‘regalando’ le altre due composizioni: «Borgo antico» e «Mi hanno detto». Il presidente Luigi Cimino e la sottosegretaria Lucia Scarpetta lo hanno quindi premiato, consegnandoli un Attestato e un segno di ringraziamento. Un ringraziamento e un riconoscimento simbolico che ha un valore prezioso anche per tutti coloro che con il massimo della loro professionalità, in arte, cultura e spiritualità, «fanno bello il mondo».

La Serata ha riproposto un tema complesso, ma caldo, o meglio, rovente e a tratti scottante, entrato ormai nel tessuto sociale ed espresso laconicamente con le due parole: «gender fluid». Si è svolta a poca distanza dalla 19ª giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia (17.05), il cui obiettivo è quello di tenere accesi i riflettori sulle inaccettabili persecuzioni e sugli intollerabili abusi che le persone subiscono, in diverse nazioni del mondo, a causa del loro orientamento sessuale. La questione del «gender fluid», e quindi della diversità di genere, è enorme e trasversale: tocca antropologia e teologia, pedagogia e medicina, diritto e costume. Riguarda la famiglia che si tinge arcobaleno, la famiglia «queer». È una realtà diversa e drammaticamente seria. Nel 2021 ci fu una mostra all’8° piano della Manhattan Gallery, dal titolo «Kindret solidarieties: queer community and chosen families», con opera a tecnica mista che ritraevano una «nozione ampliata» di famiglia, definita «dall’alleanza piuttosto che dalla genetica». In una serie di fotografie in video, l’artista Jamie Diamond proponeva di capovolgere il ritratto della famiglia inteso come «ideale stereotipato di vita felice, perché la famiglia è una performance continua in cui vengono assegnati ruoli con costante aspettativa di un pubblico». Un po’ quello che dice da anni Judith Butler, filosofa post-strutturalista statunitense, quando scrive contro l’innatismo di genere in favore della ‘performatività’: “Tu sei maschio o femmina a seconda della performance. Il genere è una maschera che indossi e deponi in base allo spettacolo che reciti e alla vita che vivi. M e F sono come lettere in cima ai bus che si prendono o lasciano a seconda di che aria tira”. La opere più note di Butler: Gender trouble e Bodies that matter, ridiscutono la nozione di genere e sviluppano la sua teoria, appunto, della performatività di genere, che oggi, nella riflessione femminista e «queer», ha un ruolo di primo piano.

Per capire un po’ meglio cosa accade fuori e preparare la «road map» della Serata, seguendo Ginevra Leganza, ricercatrice presso la Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine e direttore editoriale di House Organ, ho digitato «queer family» su YouTube e sono finito anch’io sul canale Truly dove ho trovato un video titolato così: «My extraordinary family». È una storia statunitense di una donna e di due transessuali che si amano e crescono due figlie. Si definiscono ‘tre mamme’. La femmina – si suppone che sia madre biologica – dichiara che una di queste bambine è «non-binary». L’altra è invece «anti-gender». La prima ha deciso a quattro anni di non essere né maschio né femmina. La seconda, che dal video di anni sembra averne due o tre, cresce così, per volere delle adulte, come fosse né maschio né femmina, senza genere. Le mamme poliamorose si scambiano effusioni e portano le figlie al parco, nel paese reale. La mamma femmina è sobria, mascolina. Le transessuali hanno vestiti giromanica a fiori, lunghi sino ai piedi: due anticaglie tipo prendisole sormontate da vocione e doppio mento. La madre biologica spiega che non c’è nulla di cui scandalizzarsi: loro amano i figli come gli altri. In effetti, scandalizzarsi di cosa? Chi si scandalizza è banale, dice il poeta, e come possa sentirsi maschio o femmina – e dunque sicuro di sé – un bambino accerchiato da genitali incerti, chi può dirlo. E poi siamo a Orlando, in Florida, fra «non-binary» e negromanti. E siamo ancora in Gran Bretagna dove nasce uno dei primi bambini con donazione mitocondriale, cioè con DNA di tre genitori. Bambino che crescendo neppure potrà scandalizzarci, definendosi «queer»… Altri mondi, quasi mitologici o esoterici, fra letteratura e ‘hybris’. Mentre qui, in Italia, il «queer», e il «queer family», è una cosa diversa. È un fatto di status più di ‘hybris’ o di follia. Una formula magica per varcare salotti. Un’etichetta, una toppa, un capriccio da dirimpettai. Un stigma provinciale, per scrittori, attori e politici della porta accanto. Una maschera (allegra) da ottimati. E come tale nasconde volti, di solito tristi. Minimo sforzo: calzini colorati. Massimo rendimento: il «queer». Si dà un tono, ma di fatto si è in sintonia con ciò che è sempre stato. Magari meno maschio e meno femmina. Etero stanco, ma «queer», per posa. Quella maschera, non meno dalle altre che l’hanno preceduta, non ci strappa dall’innatismo di genere: dal nostro essere maschi e femmine, pur con mille pulsioni e desideri. Quella maschera ci strappa soltanto dal vuoto o dalla solitudine senza faccia e senza nome, dove il «queer» è al tempo stesso maschera (colorata) e nome (impreciso). Sarà interessante ritornare a questo tema, a patto che il Circolo ce l’ha farà e sopravvivrà.

Intanto la Serata di «bennate e bellenate che espongono la prole ‹gender fluid›», riuscì a delimitare il suo tema e – rispettando, con un po’ di disciplina e di cautela, il minutaggio e il rapimento acceso dal cantautore Mauro – guidare lo spettatore, senza inciampi, lungo il seguente percorso:

4.1. «Sanremo, Rosa Chemical e la generazione ‹gender fluid»: intervista di Irma D’Aria, giornalista scientifica, a Giancarlo Dimaggio, psichiatra e psicoterapeuta (11:04′); 4.2. «Maneskin e lo stile ‹gender fluid» (0:00′-1:57′; 5:54′-8:09′) e «Cosa significa essere ‹gender fluid› in Italia» (2:13′); 4.3. «Origini della teoria gender fluid» – Intervento di Elisabetta Guerrisi (6:00′); 4.4. Intervallo canoro di Cesare Mauro: «Borgo antico» (5:00′); 4.5. «No della Chiesa cattolica all’ideologia gender e sì al dialogo sulla differenza sessuale» – Intervento di Marialuisa Mauro (6:00′); 4.6. Performance canora di Cesare Mauro: «Mi hanno detto» (5:00′); 4.7. Consegna di un ‘girasole’ insieme ad un ‘pensiero’ di ringraziamento all’Artista catanzarese (2:00′); 4.8. Piotr Anzulewicz OFMConv: «La moda di esporre la prole gender fluid» (8:00′); 4.9. Music video «Limitless» di Jennifer Lopez (3.32′); 4.10. Condivisione (8:00′); 4.11. Music video «Where did our love go» (1981) di Amii Stewart (3:26′)

Da video mai visti e da documenti mai esplorati prendevano forma decine di volti noti e ignoti. Nel Salone e nella stanzetta della Segreteria del Circolo si avvicendavano silenziosamente altre decine di volti ‘nostrani’, ritratti con tatto da Antonella Vitale, fotografa. Tra loro si notavano: Francesca e Gino, Pina e Leo, Ninetta e Tonia, Elisabetta e Goffredo, Rosa e Rosanna, Stefania e Anna Rita, Marialuisa e Tina, Olga e Asia, Roberta e Maria Rita di Cropani Marina, e – che gioia e onore! – p. Rocco, superiore della fraternità conventuale del «Sacro Cuore». Sembra ancora sentire i loro sussurri e percepire la loro voglia di sapere… Cosa è questa «gender fluid»? È una moda? Una utopia o una realtà? Una questione di marketing e di monetizzazione o una trovata propagandistica e ideologica che distorce gli studi di genere? È una teoria antiscientifica? La biologia non conta più? Pur tanta confusione, i pazzi per il «gender» crescono ad un ritmo rapido, come i funghi porcini in una notte.

È stato quindi necessario sfogliare un autorevole documento al riguardo, nato dalla consapevolezza di una particolare emergenza educativa in atto, soprattutto sui temi dell’affettività e sessualità, e messo a punto dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica (degli Istituti di Studi), in collaborazione con esperti di pedagogia e filosofia, diritto e didattica: «Maschio e femmina li creò» Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione, firmato il 2 febbraio 2019 dal cardinale prefetto Giuseppe Versaldi. Il testo ha il pregio di ricordarci, in modo efficace, cosa è il «gender», ripercorrendone la storia: da quando, a metà del ‘900, sulla base di una lettura sociologica delle differenziazioni sessuali e sotto la spinta di un’enfasi libertaria, si cominciò a teorizzare «come l’identità sessuale avesse più a che fare con una costruzione sociale che con un dato naturale o biologico» (n. 8), per arrivare agli anni novanta del secolo scorso, quando si puntava a proporre “la radicale separazione tra genere (gender) e sesso (sex)” secondo un approccio del tutto soggettivistico alla persona perché “ciò che vale è l’assoluta libertà di autodeterminazione e la scelta circostanziata di ciascun individuo nel contesto di una qualsiasi relazione affettiva”. È difficile dialogare di fronte a un simile impianto ideologico. Quando però gli studi di genere “hanno la condivisibile e apprezzabile esigenza di lottare contro ogni espressione di ingiusta discriminazione”, non è difficile trovare punti di incontro, anche perché queste ricerche sottolineano «ritardi e mancanze» che hanno avuto influsso negativo all’interno della Chiesa. Vanno quindi superate «rigidità e fissità che hanno ritardato la necessaria e progressiva inculturazione del genuino messaggio con cui Gesù proclamava la pari dignità tra uomo e donna, dando luogo ad accuse di un certo maschilismo più o meno mascherato da motivazioni religiose» (Maschio e femmina…, n. 15). Superare le discriminazioni ingiuste, rispettare ogni persona al di là del colore della pelle, della religione e della tendenza affettiva, si traduce quindi in “un’educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, in cui tutte le espressioni legittime della persona siano accolte con rispetto”. Le criticità verso il «gender» più fluido e oltranzista rimangono tuttavia intatte, del tutto inconciliabili con quell’ecologia umana integrale di cui spesso ha parlato Papa Francesco.

A questo proposito il documento riafferma la «radice metafisica» della differenza sessuale: uomo e donna, infatti, sono le due modalità in cui si esprime e realizza la realtà della persona umana. In questa prospettiva è sbagliato negare la dualità maschio e femmina, perché solo in questa cornice «l’uomo e la donna riconoscono il significato della sessualità e della genitalità in quell’intrinseca intenzionalità relazionale e comunicativa che attraversa la loro corporeità e li rimanda l’un verso l’altra mutuamente» (Maschio e femmina…, n. 35).

La scommessa è quella di aiutare quanti sono impegnati nell’educazione delle nuove generazioni ad affrontare «con metodo» le questioni oggi più dibattute sulla sessualità umana, alla luce del più ampio orizzonte dell’educazione all’amore. La prospettiva è dialogica, non polemica, che si potrebbe sintetizzare così: “No all’ideologia, sì alla ricerca; no alla discriminazione, sì all’accompagnamento; no all’‹antropologia del neutro›, sì all’antropologia delle differenze“. Dopo tanti anatemi e tante semplificazioni che hanno impedito di riconoscere l’opportunità di fare chiarezza in un arcipelago, in cui sono presenti rivendicazioni ideologiche quasi paradossali (già menzionata Judith Butler), chiusure segnate dal giuricidismo rigoroso e inflessibile, ma anche riflessioni approfondite e dialoganti nel segno del Vangelo, il documento si pone finalmente all’ascolto delle esigenze dell’altro, si apre alla comprensione delle diverse condizioni e incoraggia educatori e educatrici a stimolare «l’apertura all’altro come volto, come persona, come fratello e sorella da conoscere e rispettare, con la sua storia, i suoi pregi e difetti, ricchezze e limiti» (Maschio e femmina…, n. 57).

Chiniamoci ancora sui figli «gender fluid». In queste settimane si seguono le vicende del figlio androgino del capo di Tesla e SpaceX Elon Musk, il ribelle intenzionato a cambiare genere, nome e cognome, per tagliare i ponti con il padre. E si scopre anche il lato “mamma complice” della cantante Jennifer Lopez che mostra al mondo la figlia Emme senza fissa identità sessuale, suo gioiello arcobaleno, e la accompagna in una manovra vincente. Le due si esibiscono insieme. La ragazza, mutante di sesso e di nome, sale sul palco del Blue Diamond Gala, e la madre le si rivolge con il pronome neutro they. Le dà del loro, nel senso del contrassegno del «gender» e non nel senso dell’allocutivo di cortesia. Sei JLo. Se il tuo tempo sta passando e senti odore di collasso, ti conviene esplodere nell’arcobaleno del «gender». E così il mondo torna a parlare di te.

Bennati e bellenate, avidi di scena pubblica, devono faticare, sgomitare, impegnarsi, per dimostrare di valere qualcosa. I loro figli allora partono da qui: dallo sgobbo di dover dare nuova reputazione al nome di famiglia, fardello e blasone. E ci provano come possono.

In questo momento «la prole fluida – ritiene la stessa Leganza – è un megatrend hollywoodiano». Chi non ricorda la supermodella Emily Ratajkowski? Nel 2020 era in dolce attesa. Alla domanda: “Fiocco rosa o fiocco blu?”, rispondeva: “Non sapremo il sesso fino a quando nostro figlio non avrà 18 anni. Poi ce lo farà sapere”. Lapidaria, vero?

Lo «star system» alterna abilmente figli ribelli a genitori complici, ma la chiave fluidista è un concetto a stelle e strisce. In Italia arriva come un’eco. Il pensiero meridiano scorre lentamente e le nostre supernove hanno figli e figlie che ancora raccontano dei fidanzatini a zia Mara Venier. Età dell’innocenza. Il serpente arcobaleno arriverà e infonderà vita nuova. Sul fronte, in primissima linea, ci sono già gli ambasciatori di CityLife, gli apripista, i provinciali di mondo. Chiara e Fedez filmano e postano i loro bebè sin dai tempi placentari. E instradano i pupi al neutralismo di genere. Nella saga instagrammiana di famiglia spiegano che non esistono giochini per maschietti o femminucce. Nelle candide menti dei Ferragnez si è già infilato lo spirito del tempo e il fiuto commerciale. L’Italia dibatte d’altro e l’arcobaleno ancora indugia. Il verde è in forte ascesa. Negli Stati Uniti invece la prole è marketing, in sintonia con «tempora et mores». Un mezzo come un altro che oggi si accorda bene alla «queerness», al fluidismo, ma domani chissà. Qui genitori e figli hanno andamento impacciato, perché la fama logora, affatica, stanca e indebolisce. E poi non si è predisposti a fare troppa economia con la figliolanza. Nel frattempo bisogna vivere davvero, per gli altri e con gli altri, «aperti e interessati alla realtà, capaci di cura e di tenerezza» (Maschio e femmina…, n. 57).

Piotr Anzulewicz OFMConv


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Nell’alveo della mistica femminile

Era una Serata splendida, una di quelle Serate, in cui il Circolo Culturale San Francesco esplode di bellezza e di incanto: la 14ª conviviale, con «aperitivo», focalizzata su «Louise Lateau († 1883), Maria Simma († 2004) e Natuzza Evolo († 2009), le mistiche sotto osservazione», ideata nell’ambito della 10ª edizione del WikiCircolo dal «file rouge»: «Donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›», e svoltasi venerdì 28 aprile 2023 presso la Parrocchia «Sacro Cuore» a Catanzaro Lido. La Serata wonderful, bella, ricca di contenuti, immagini e suoni, con la partecipazione attiva di due ospiti eccezionali: p. Michele Cordiano di Paravati, confessore della serva di Dio Natuzza Evolo, direttore nazionale dei Cenacoli di Preghiera e rettore della chiesa-santuario «Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime», e il dott. Michele Stanizzi di Cropani, cantautore e polistrumentista. Ai presenti nel Salone di S. Elisabetta e ai fan connessi online, felicemente scremati dai divani di casa davanti alla tv, dalle cene con il pesce surgelato, dagli obiettivi falliti e i sogni infranti, dagli errori maldestri e le bugie inutili, dalle piccolezze e le vacuità del virtuale, ha offerto una narrazione molto più interessante, molto più di successo, molto più spirituale del reale.

Ad accendere il pubblico nel Salone di S. Elisabetta d’Ungheria è stato, appunto, il cantautore Michele Stanizzi, che si è già esibito sul palcoscenico del Circolo, venerdì 10 marzo scorso, durante l’11ª Serata conviviale con il focus su «Marise Ferro († 1991), l’antiromantica», accompagnando con la chitarra il m° Mario Migliarese di Petronà. Questa volta ha proposto il suo brano «Ballata per un matto», con il bellissimo testo dedicato alla magica pazzia dell’amore che non finisce mai. Il brano che, supportato dal riff di chitarra, ci ha idealmente immerso nel mondo delle tre «mistiche sotto osservazione». Lo ha rimarcato il M° Luigi Cimino, presidente del Circolo, ringraziando l’artista per la sua commovente performance, salutando tutti e dando il via al secondo momento dell’incontro. Il sottoscritto ha introdotto nel programma, scaricabile on line sul sito del Circolo, nella sezione «Eventi», ha invitato a dare lo sguardo all’articolo Marie Curie: ‹la polacca›, che racconta la Serata precedente con «aperitivo» [241], e alla relativa galleria delle foto, e ha aperto il panel. Ecco il suo prospetto, denso di videoclip, interventi, condivisioni e intervalli canori, frutto di un ammirevole impegno dello Staff e della sua ferrea volontà di non arrendersi davanti agli ostacoli, avversità e disagi, memore delle splendide parole di p. Rocco Predoti, superiore del convento «Sacro Cuore», pronunciate il 31 marzo scorso (cfr. «Spinti ad un volo, oltre i confini»).

4.1. Videoclip «Arisa in Halleluja» di Leonard Cohen (4:46′); 4.2. «Anne Louise Lateau († 1883), mistica belga, terziaria francescana, serva di Dio» – Intervento di Tonia Speranza (6:00′); 4.3. Video «Ce cas de stigmates est impressionnant» (00:00′-04:57′; 12:25′-14:05′); 4.4. Video «Il monte delle stigmate – s. Francesco» [I] (7:56′); 4.5. Performance canora del dott. Michele Stanizzi: «Quello che non sai» di Roberto Vecchioni (2:35′); 4.6. «Maria Simma († 2004), mistica austriaca» – Intervento di Lucia Scarpetta (6:00′); 4.7. Video «Purgatorio: il luogo delle anime che desiderano Dio» (1:37′-5:19′); 4.8. «Fateci uscire da qui» – Intervista a Maria Simma. Lettura e commento di don Pietro Cutuli (6:39′-13:19′); 4.9. Intervallo canoro di Michele Stanizzi: «La canzone di Marinella» di Fabrizio De André (3:12′), e consegna all’Artista di un Attestato di ringraziamento; 4.10. Video «La storia di Natuzza Evolo, la mistica di Paravati» (0:00′-21:42′); 4.11. «Mamma Natuzza verso gli altari» – Intervento di p. Michele Cordiano, il suo confessore e il 1° rettore della chiesa «Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime» di Paravati (10:00′); 4.12. Condivisione (10:00′); 4.13. Videoclip «Canzone a Mamma Natuzza» di Alessandro Tripodi e consegna a p. Michele Cordiano di un Attestato di ringraziamento (2:00′)

Una miniera di spunti, documenti, “voci”. Preziosi sono stati gli interventi e i contributi di Tonia Speranza, Lucia Scarpetta e Marialuisa Mauro, che precedevano l’exploit di p. Michele Cordiano, gradito ospite d’onore e insuperato protagonista dell’evento. Di lui il Circolo custodisce, nel suo archivio fotografico, le bellissime foto, scattate durante la 3ª Serata della 3ª edizione del WikiCircolo, focalizzata sulla misericordia nella vita ed opera di Natuzza Evolo (21.10.2016), e la 6ª Serata della 5ª edizione del WikiCircolo imperniata su «Maria, Regina di tutto il creato» (1.12.2017). Le foto e i relativi Report sono pubblicati sul sito web del Circolo («Natuzza non si smentisce» e «Salve, ‹Regina di tutto il creato›»). Nella Serata attuale si rigeneravano queste foto, piene di ricordi e parole, e tornavano tra i presenti nel Salone cariche di nuove tinte. La Serata aveva a che fare con il sacro, con il misterico, con l’anima. Sarà per tale ragione che questo «côté» poco mondano del Circolo ha più di una riluttanza nei confronti del ‘mondo’ circostante, ancorato fin troppo al profitto, all’utile, al lucro, a Pecunia, la divinità latina della ricchezza e dell’abbondanza, incapace di farsi carico delle sfide, drammi e tormenti dell’umanità.

Senza entrare nel dibattito che ha attraversato il panel, c’è da ammettere che la dimensione spirituale, messa in risalto da p. Michele, è davvero importante per capire anche la nostra vita. Se andiamo dentro di noi, troviamo qualcosa di molto profondo che ci unisce, ci mette in relazione e ci rende liberi, aldilà della nostra fede. C’è bisogno quindi di ricostruire tante relazioni e di farne motivo di maggiore conoscenza, di amicizia, di prossimità, di complementarietà, di pari opportunità tra il maschile e il femminile. Siamo tutti sulla stessa barca e abbiamo bisogno gli uni degli altri. Dobbiamo essere uguali? Sì, di più. Dobbiamo essere una cosa sola. È questa la vera sfida.

La Serata si è conclusa con il music video «Terra di libertà» di EasyPop, in omaggio alle donne in Ucraina, la foto di gruppo e l’«aperitivo», con gli squisiti dolci… Sarà anch’essa memorabile, per il contenuto dai risvolti mistici, femminili, dottrinali ed affettivi.

Piotr Anzulewicz OFMConv


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Ruth Bader Ginsburg: Donne, pari diritti

Non sono donne femministe, anticlericali, agnostiche o atee, che partecipano alla 10ª edizione del Wiki- e CineCircolo, inserita nel solco della fase narrativa del cammino sinodale, ispirata ai grandi testi dell’autorità educativa della Chiesa, promossa dal Circolo Culturale San Francesco ed aperta gratuitamente a tutti: credenti e «laici», vicini e lontani. Sono invece «donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›», donne assettate di giustizia e di verità, donne in ricerca di orizzonti di fede sempre più dilatati e più profondi, donne orientate verso una spiritualità semplice e allo stesso tempo aperta al soffio dello Spirito, donne che con gratitudine e gioia accolgono l’invito, accorrono al Salone di S. Elisabetta d’Ungheria presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido o si connettono da casa alla diretta streaming trasmessa sulla pagina social, donne, insomma, che praticano – nell’umiltà, ma anche nel coraggio della testimonianza – la sororità e la fraternità di cui Gesù è stato testimone lungimirante.

È alla 10ª Serata conviviale con «aperitivo», la 235ª di seguito, focalizzata sul tema: «Ruth Bader Ginsburg († 2020), la giudice pioniera della parità di genere», svoltasi venerdì 24 febbraio scorso, che qui voglio riferirmi. Essa si è impressa saldamente nella memoria, con un’impronta che non è stata soltanto tematica. Tuttora si percepisce nitidamente il suono di uno degli strumenti musicali più gravi in assoluto, più elaborati e massicci, molto belli e particolari, insostituibili in molte formazioni orchestrali: il basso tuba, appartenente alla classe degli ottoni. Impressionò il suo aspetto e incuriosì il suo gestore: il m° Tommaso Cristofaro, strumentista di Borgia (CZ). È stato lui – presentato al pubblico dal presidente del Circolo, m° Luigi Cimino – ad aprire questa singolare Serata, eseguendo splendidamente il brano «Fantasy for Tuba» di Malcolm Arnold († 2006), compositore, direttore d’orchestra e trombettista inglese. Tutti i presenti, fonoassorbenti, acustici, elastici, estasiati dalla sua performance strumentale, espressero la loro ammirazione sonoramente, in una calorosa «standing ovation».

Il suono si è propagato poi in tutte le direzioni del Salone, si è steso su ogni punto del programma ed è fortemente risuonato ancora, per ben altre due volte, durante il panel, lasciando tutti al ‘settimo cielo’. Ecco allora il seguito del programma:

3. Occhio sulla Serata precedente con «aperitivo» (233), dedicata a Etty Hillesum, e sulla galleria delle foto

4. Panel [4.1. Papa Francesco: «Un anno di guerra in Ucraina» (1:24′); 4.2. «Tango» di Tananai (3:45′); 4.3. Marialuisa Mauro: «Ruth Bader Ginsburg e la sua battaglia per la parità di genere» (10:00′); 4.4. M° TOMMASO CRISTOFARO: «Concertpiece, op. 88, per trombone e organo» di FÉLIX-ALEXANDRE GUILMANT (6:00′); 4.5. Valeria Filì: «Il tempo delle donne» (13:22′); 4.6. M° Tommaso Cristofaro: «Oblivion» di Astor Pantaléon Piazzolla (3:38′); 4.7. Consegna al Maestro di un Attestato di gratitudine (Luigi Cimino) e di un ‘segno’ (Lucia Scarpetta); 4.8. «L’autunno del patriarca» (28:30′); 4.9. «Via Crucis 2022: una donna ucraina e una russa insieme per la pace» (1:27′)]

5. Comunicazioni del presidente Luigi Cimino relative al Circolo,annuncio del prossimo evento da parte della sottosegretaria Lucia Scarpetta [mercoledì 1 marzo: 2° incontro del Laboratorio musicale avviato il 22 febbraio; venerdì 3 marzo: 10ª Serata cinematografica (236) con la proiezione del film «E ora dove andiamo?» di Nadine Labaki e con il cinedibattito «Donne che fanno da collante e mettono pace»], foto di gruppo e momento conviviale [In sottofondo,il music video. «Улетают дни» di Группа Мелодия & Ольга Андрощук (8:01′)]

Il panel si è aperto, come si può notare, con l’abbraccio e l’omaggio all’eroico popolo ucraino che dal 24 febbraio 2022 difende la propria libertà: un anno di resistenza contro l’invasione russa del Paese che lo sta insanguinando e mietendo morte e distruzione e i cui effetti di natura economica stanno colpendo tutta l’Europa, un triste anniversario di una guerra atroce, assurda e crudele, come testimonia il bilancio dei morti, feriti, profughi, distruzioni, danni economici e sociali, dodici intensi mesi di sofferenze di cui seguiamo gli sviluppi in una spirale sempre più minacciosa. I presenti alla Serata, guardando il video «Un anno di guerra in Ucraina», hanno quindi ripercorso questi mesi attraverso le parole del Papa che ha sempre chiesto di non dimenticare il martoriato popolo ucraino e di non abituarsi alla barbarie delle armi. È stato un anno pieno di dolore, di perdite e di sfide, ma al tempo stesso di solidarietà, di assistenza e di amore. I nostri fratelli ucraini stanno mostrando ai tiranni di tutto il mondo quando possa essere difficile mettere le catene a un popolo libero.

Commovente è stato quindi il videoclip con la canzone «Tango» che il Circolo ha voluto dedicare, insieme al cantautore milanese Tananai (nome d’arte di Alberto Cotta Raamusino), non soltanto ad una giovane coppia (Olga e Maxim) e alla loro figlia (Liza), ma a migliaia di famiglie separate dalla guerra che è sempre mostruosa. La clip si è conclusa con le parole di Maxim, intrise di amore e di speranza, mandate a Olga dal fronte dove la colonnina di mercurio rilevava 12 gradi sotto zero: «Mi sta scaldando il tuo amore… e il tè. Va tutto bene».

Altrettanto commovente, e struggente, è stato rivedere il video «Via Crucis 2022: una donna ucraina e una russa insieme per la pace», a conclusione del panel. Papa Francesco ha voluto per il 13° approdo (Gesù è deposto dalla croce) della tradizionale «Via Crucis» al Colosseo, che si è svolta venerdì 15 aprile 2022, due donne, a portare insieme la croce: un’infermiera ucraina, Irina, del Centro di Cure Palliative “Insieme nella Cura” del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, e una studentessa russa, Albina, del corso di laurea in infermieristica dello stesso Campus. In tal modo il Circolo è tornato a ripetere il suo deciso ‘no’ a tutte le forme di violenza e di sopraffazione e il suo saldo ‘sì’ alla pace e alla riconciliazione.

È stato molto gradito e apprezzato l’intervento dell’avv. Marialuisa Mauro che con abilità e competenza ha tracciato la storia di Ruth Bader Ginsburg, nata a New York nel 1933 da genitori ebrei immigrati ucraini e «divenuta straordinaria per aver cercato di essere semplicemente ordinaria», «vera e propria icona femminista che, pur occupandosi di una materia poco glamour come il diritto, ha dato un contributo fondamentale allo sviluppo della parità di genere, della libertà e della democrazia». La ‘galassia’ del Circolo ha potuto conoscere per immagini le sue battaglie, durante la 9ª Serata della 10ª edizione del CineCircolo, svoltasi il 17 febbraio scorso, con la proiezione della pellicola «Una giusta causa» (tit. orig. «On the Basis of Sex») di Mimi Leder, regista e produttrice televisiva statunitense, notabene la prima donna a essere ammessa all’American Film Institute, e con il cinedibattito «La parità di genere e la giustizia dei diritti per tutti».

«Ginsburg si conquistò la fama di accanita sostenitrice dell’uguaglianza di genere da comune cittadina – scrisse la giornalista e scrittrice americana Erin Blakemore su History.com, ricordando i diversi fronti su cui Ruth si era impegnata per sancire l’uguaglianza uomo-donna e garantire una effettiva uguale protezione per donne e uomini. – Ha continuato a costruire su quella base prima durante i 13 anni da giudice della Corte d’Appello e poi durante i 27 anni da giudice della Corte Suprema. […] Facendo leva su precedenti sentenze riguardanti i diritti civili in relazione alla razza – in cause intentate da uomini – Ginsburg ha dimostrato le ragioni per cui la Corte Suprema doveva porre fine alla discriminazione di genere. Molti dei suoi casi erano imperniati sulla clausola di uguale protezione prevista dal 14° emendamento, che prevede che le persone ricevano uguale protezione dalle leggi statunitensi. Ha attaccato, attraverso una serie di cause minori, leggi discriminatorie».

L’appartenenza alla comunità ebraica ha influito notevolmente sulle sue convinzioni etiche, come aveva dichiarato lei stessa nel 2017, partecipando a una funzione religiosa per la ricorrenza di Rosh Hashanah, il capodanno ebraico. In quell’occasione aveva spiegato come la sua identità ebraica e i testi letti durante la sua formazione avevano inspirato in lei un senso di empatia per altri gruppi minoritari. «Se sei un membro di un gruppo di minoranza, in particolare un gruppo che è stato preso di mira, provi empatia – diceva – per quelli che si trovano in una situazione simile. La religione ebraica è una religione etica. Ci viene, cioè, insegnato a fare il bene, ad amare la misericordia, a rendere giustizia non perché ci sarà una ricompensa in paradiso o una punizione all’inferno. Viviamo rettamente perché è così che le persone dovrebbero vivere e non anticipare alcun premio nell’al di là».

«Tutto questo – concluse l’avv. Marialuisa – l’ha resa un simbolo, talvolta anche strumentalizzato fino al paradosso di trasformarla in icona stampata sulle magliette, non solo per le sue decisioni, ma soprattutto per le volte non rare in cui ha fatto sentire la sua opinione dissenziente». La si vede, con la scritta «I dissent», sulla copertina di un libro per bambini dai 4 agli 8 anni. Il suo ritratto viene riprodotto anche su sacche da spiaggia, tazzine e bicchieri. La sua immagine è uno dei tatuaggi più richiesti dagli studenti di diritto di Washington.

In un passato, neanche tanto lontano, la donna non aveva accesso a molte professioni, come l’avvocatura o la magistratura e poteva persino essere picchiata dal marito allo scopo di correggerla o esercitare su di lei la “potestà maritale”, come se fosse una bambina. Oggi tutto questo non accade, ma i casi di cronaca sono pieni di episodi terribili nei quali le donne sono vittime, soprattutto a causa di maschi violenti. È il segno che nella mente di molti uomini è ancora radicata l’idea di superiorità e di donna oggetto di cui sono in possesso. Nei Paesi civili le violenze e le umiliazioni si muovono più sotto traccia rispetto a Paesi in cui le donne vengono trattate quasi alla stregua di animali domestici e da compagnia.

La questione della presenza delle donne nella società e, in particolare, nella civiltà giudaico-cristiana, euroatlantica, non è una richiesta di spartizione di potere o di cooptazione all’interno del sistema sociale attuale, ma è, invece, la questione dell’assunzione nei fatti della centralità delle relazioni cui rinvia l’enunciato fondativo: «Maschio e femmina Dio li creò» (Gen 1,27). Queste relazioni tra donne e uomini sono ancora permeate di stereotipi ingessanti e di visioni svilenti, che ne deformano l’immagine negandole integrità. Da tali premesse il disvalore del femminile è logica conseguenza. «E non ci si risponda – scrivono le donne delle Comunità Cristiane di Base nella Lettera aperta dal titolo Chiesa, chiedici scusa – che il cristianesimo venera Maria, Madre del Signore, la quale sarebbe superiore a tutti gli apostoli, e quindi con essa venera tutte le donne; perché è la persona incarnata che va rispettata, le donne in carne e ossa, non la loro trasfigurazione immaginaria». Di quanto «l’esaltazione ideale della donna sia servita a coprire la sua insignificanza storica» abbiamo fatto, purtroppo, una millenaria esperienza. Il Vangelo parla un’altra lingua: quella del «discepolato di uguali», per dirla con la famosa espressione di Elisabeth Schüssler Fiorenza, una delle maggiori esponenti viventi della teologia femminista. E il Circolo Culturale San Francesco, con la sua attuale edizione, paladina delle donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo, non si stanca di usare questa lingua e veicolare questo «discepolato».

Piotr Anzulewicz OFMConv


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«Bambinaie celesti» al Circolo

Per farla breve, la 6ª Serata conviviale con «aperitivo» [226], focalizzata sul tema: «Caterina de’ Ricci († 1590), Veronica Giuliani († 1727) e le altre donne, bambinaie celesti», ideata nell’ambito della 10ª edizione del WikiCircolo 2022/23 dal «file rouge»: «Donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›», e svolta venerdì 16 dicembre 2022, presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido, aveva tutto o quasi tutto: tre mirabili momenti sonori, creati magnificamente e regalati nobilmente  da Amerigo Marino di Pentone (CZ), tenore lirico di fama internazionale, con un repertorio vasto che spazia dalla lirica alle canzoni classiche italiane e napoletane, tre video sulle «bambinaie celesti», tre interventi e condivisioni dei presenti nel Salone «S. Elisabetta d’Ungheria».

Non ce l’ha fatta ad esserci solo un relatore, con amabili scuse, che però avrebbe portato un contributo di rilievo e indiscusso nella presentazione delle «bambinaie», selezionate proprio in vista di lui e in accordo con lui, in settembre scorso. A mezzogiorno, ahimè, il programma della Serata ha dovuto virare e ribaltarsi. Quando la melanconia, cioè il sentirsi abbandonati, afflitti o tristi, minaccia non più un evento, ma il mondo intero, chi è integro si sgretola. E chi è sgretolato e da sempre inadatto, si scopre, d’improvviso, lucido e potente. Come il cieco avverte il sole senza vederlo. Spicca un balzo, rimbocca le maniche e, con buona lena e tenacia, si dà da fare, per ‘salvare’ tutti, piccoli e grandi, stolti e saggi, poveri e ricchi… Così avvenne anche venerdì, pomeriggio.

La Serata ha potuto quindi snodarsi fluidamente e sinfonicamente, seguendo il programma modificato e «rendere bello il mondo». Il M° Amerigo Marino, presentato alla platea dal M° Luigi Cimino, con la sua alta voce ha aperto l’evento, interpretando l’«Ave Maria» di Franz Peter Schubert († 1828), compositore austriaco. Ha deliziato la platea durante il panel con «La voce del silenzio» di Elio Isola († 1996), compositore, direttore d’orchestra e arrangiatore genovese, e con la «White Christmas» di Irving Berlin († 1989), compositore russo-statunitense, a conclusione, prima della foto di gruppo e del momento conviviale accompagnato dal bellissimo videoclip «Рождественские попурри»: i canti natalizi in russo, ucraino, inglese e spagnolo, eseguiti dalla Группа Мелодия, SOL Family Church e друзья. Ed ecco il nucleo del programma:

3.1. Piotr Anzulewicz OFMConv: «Chi è s. Caterina de’ Ricci? Vita, novità, attualità» (20:00′); 3.2. Videoclip «La Santa Caterina» di Lisetta Luchini (4:08′); 3.3 Video «Il raro stendardo di s. Caterina de Ricci» (00:50′); 3.4. «La vita di s. Veronica Giuliani» – Intervista alla giornalista Lucia Bigozzi, insieme ai collegamenti da Mercatello sul Metauro di Giacomo Avanzi (00-18:37′); 3.5. Condivisione (10:00′); 3.6. M° Amerigo Marino: «La voce del silenzio» di Elio Isola; 3.7. «In piedi, signori, davanti a una donna» (3:06′)

La Serata meriterebbe un articolo ben corposo e decisamente ‘a toni angelici’, ma qui un cenno solo ad una delle «bambinaie celesti», s. Caterina de’ Ricci, la mistica domenicana fiorentina che ha legato indissolubilmente il proprio nome a Prato, città in cui ha vissuto gran parte della sua vita. Quest’anno ricorrono i 500 anni dalla sua nascita (23.03.1522). Un fiume di eventi, tra cui quello di venerdì 14 ottobre scorso: il convegno nel Salone consiliare di Prato sulla storia della compatrona della città,promosso nell’ambito delle iniziative del cinquecentenario della Santa. Ne hanno parlato quattro donne ricercatrici, esperte di storia della Chiesa e del monachesimo: Roberta Franchi, Isabella Gagliardi e Anna Scattigno dell’Università di Firenze e la ricercatrice e docente Veronica Vestri, tratteggiando la figura della Santa e inquadrando la sua grandezza nel contesto del suo tempo.

Il monastero domenicano fu il luogo dove, una volta fatta la professione di fede, il 24 giugno 1536, Caterina rimase fino al giorno della sua morte avvenuta il 2 febbraio 1590. Il suo corpo riposa nella basilica omonima, una delle chiese che esprime al meglio il tardo barocco presente a Prato, con il bellissimo coro monastico, dono di uno dei figli spirituali della Santa, il fiorentino Filippo Salviati.  Da febbraio 1542 la Santa iniziò a essere soggetta a una serie di rapimenti estatici che si verificarono ogni settimana per dodici anni. La sua devozione al Crocifisso, ancora oggi conservato nel monastero, era instancabile, come la sua capacità di saper guidare la comunità, nei decenni in cui fu priora, e intrattenere rapporti con esponenti della società del suo tempo, testimoniata da un prezioso Epistolario che documenta come fosse capace di arrivare lontano, pur rimanendo nella clausura. Il 24 agosto 1542 nel monastero avvenne un fatto prodigioso: il Cristo in legno, presente in una cella, si staccò dalla croce per abbracciare Caterina. Fu uno dei miracoli più stupefacenti che si raccontano della vita della Santa. A testimoniarlo furono le consorelle che assistettero al prodigio: il Crocefisso chiese alla Santa tre processioni di espiazione per i peccatori. Così, da quasi cinque secoli, le monache domenicane non sono mai venute meno a quella richiesta. Per tre giorni, il 22, il 23 e il 24 agosto, ogni anno, le claustrali all’interno dell’antico monastero portano in processione quello stesso Crocifisso che abbracciò Caterina de’ Ricci.

C’è chi – tra gli studiosi – la definisce «bambinaia celeste», un’espressione, a prima vista, bizzarra, strana, insolita. Nella raccolta delle sue visioni, i Ratti, possono essere individuate alcune scene in cui la Mistica domenicana vezzeggia Gesù Bambino, lo stringe fra le sue braccia, e lo bacia teneramente. L’apice di questo amorevole atteggiamento nei confronti di Gesù Bambino «è raggiunto – scrive Mattia Zangari nel suo studio Santità femminile e disturbi mentali fra Medioevo ed età moderna (Edizioni Laterza, 2022) – nel corso della visione del Natale del 1542. Caterina ebbe un rapimento in cui le si materializzarono davanti agli occhi la Vergine e Gesù Bambino: la Madonna indossava un vestito azzurro ricamato, un velo e un ammanto di seta bianca. A un certo punto Maria le consegnò Gesù e le mostrò il modo in cui avrebbe dovuto cullarlo, raccomandandogli di ninnarlo lentamente. […] La Mistica rimosse il velo adagiato sulla culla per vedere meglio il Piccolo; gli baciò le “manine”, i “piedini”, le “braccine”, la “golina” […], dopodiché Gesù Bambino si lavò il “visino” con le lacrime di Caterina, che intanto si era commossa» (p. 46).

II desiderio di maternità, negato alle donne mistiche del Medioevo e dell’età moderna, veniva sublimato, dando luogo alla devozione al Divino Infante, cullato e vezzeggiato, quasi fosse un bambino vero. Sembra che la messa in scena di questa devozione, anche con l’uso di bambole, sia stato per le religiose, che avevano fatto voto di castità, modo alternativo di vivere la maternità e la sessualità. È possibile rinvenire numerosi esempi di questa maternità sublimata: la mistica francescana Angela da Foligno († 1309), che afferma di aver visto la Madonna mentre era nella chiesa di frati minori di Foligno: la Vergine protese le braccia in avanti e le offrì Gesù Bambino in fasce, e la mistica domenica Benvenuta Bojanni († 1292), alla quale compaiono molteplici personaggi celesti: Gesù Bambino, Vergine, s. Domenico, gli angeli…

E questo è un po’ la missione delle donne, ricca di tenerezza, amorevolezza e devozione, oltre che di parole: «Il contributo delle donne è impareggiabile – affermò Papa Francesco, rivolgendosi il 7 febbraio 2015 alla Plenaria del Dicastero della Cultura, incentrata sul tema Le culture femminili: uguaglianza e differenza – per l’avvenire della Chiesa». Allargando lo sguardo alla società, denunciò la mercificazione del corpo femminile e «le tante forme di schiavitù», a cui sono sottomesse, e lanciò un appello affinché, per vincere la subordinazione, sia promossa la reciprocità. Sull’argomento tornò anche nell’udienza alla Pontificia Accademia della Vita, il 5 ottobre scorso, e chiese di ripartire «da una rinnovata cultura dell’identità e della differenza». Criticò «l’utopia del neutro» e «la manipolazione biologica e psichica della differenza sessuale». È necessaria, secondo lui, «un’alleanza dell’uomo e della donna», chiamata «a prendere nelle sue mani la regia dell’intera società».

«In piedi, allora, signori, davanti a una donna»: protagoniste sono le donne del Circolo! E arrivederci alla prossima meraviglia: la Serata speciale, perché musicale, lirica e conviviale, dal titolo «Reading in musica in onore della Madre del Signore».

Piotr Anzulewicz OFMConv


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Donna che sogna un mondo migliore

È stata accolta con fervore, come esistenziale, vitale ed attuale, la 5ª Serata cinematografica, la 225ª di seguito, che si è svolta venerdì 9 dicembre 2022, alla vigilia del triduo di preghiera a s. Lucia († 304), protettrice degli occhi, dei ciechi, degli oculisti, di tutti coloro che soffrono di disturbi visivi: i non vedenti, i miopi, gli astigmatici… e chi è affetto da cataratta, patrona di Siracusa e compatrona di Venezia.

È stata giustamente Lucia Scarpetta, ‘particella’ dello Staff del Circolo, a presentare la trama del «Tutta la vita davanti» di Paolo Virzì e condurre il cinedibattito «Donna che sogna un mondo migliore per sé e per la bambina cui fa da baby-sitter›», tenendo conto del motto della 10ª edizione del CineCircolo: «Donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›, per immagini», ma la Serata si è aperta esemplarmente con il videoclip contenente la canzone «Ho imparato a sognare» dei Negrita, riproposta dalla cantante romana Fiorella Mannaia, una delle protagoniste femminili della canzone popolare italiana, dalla voce leggera e soave. «I sogni sono la spinta propulsiva della nostra vita – ha confidato in una intervista. – Non è poi indispensabile che si realizzino, l’importante è averli perché spingono a fare meglio», a donare se stessi, ad aprirsi agli altri, «in un momento delicato come quello che stiamo vivendo, così pieno di paure» e chiusure.

Lucia ha quindi catalizzato l’attenzione dei presenti nel Salone «S. Elisabetta d’Ungheria» presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido sulla proiezione curata con diligenza dall’operatore audiovisivo Ghenadi Cimino. Il regista livornese, considerato da molti l’unico continuatore della commedia all’italiana dal sapore provinciale e un po’ agrodolce con una sana spruzzatina di ispirato neo-realismo, ha introdotto gli spettatori nella favola nera di Marta, ventiquattrenne siciliana trapiantata a Roma e neolaureata con il 110 e lode, abbraccio accademico e pubblicazione della tesi in filosofia teoretica. Umile, curiosa e un poco ingenua, Marta si vede chiudere in faccia le porte del mondo accademico ed editoriale, per ritrovarsi a essere “scelta” come «baby-sitter» dalla figlia della sbandata e fragile ragazza madre Sonia, interpretata con struggente intensità da Micaela Ramazzotti. È proprio questa “Marilyn di borgata” – scrive Chiara Renda nella sua recensione – a introdurla nel Call Center della Multiple, azienda specializzata nella vendita di un apparecchio di depurazione dell’acqua apparentemente miracoloso. Da qui inizia il viaggio di Marta in un mondo alieno, quello dei tanti giovani, carini e “precariamente occupati” italiani: in una periferia romana spaventosamente deserta e avveniristica, isolata dal resto del mondo come un reality, la Multiple si rivela pian piano al suo sguardo ingenuo come una sorta di mostro che fagocita i giovani lavoratori, illudendoli con premi e incoraggiamenti (sms motivazionali quotidiani della capo-reparto), «training» da villaggio vacanze (coreografie di gruppo per “iniziare bene la giornata”) per poi punirli con eliminazioni alla Grande fratello. Un mondo plasticamente sorridente e spaventato, in cui vittime e carnefici sono accomunati da una stessa ansia per il futuro che si tramuta in folle disperazione. Non c’è scampo per nessuno all’interno di queste logiche di sfruttamento, e a poco servirà il tentativo dell’onesto, ma evanescente sindacalista Giorgio Conforti di cambiare idealisticamente un mondo che difficilmente può essere cambiato.

Prendendo spunto dal libro della blogger sarda Michela Murgia, «Il mondo deve sapere», Virzì esplora con gli occhi di Marta l’inferno di questo precariato con tutta la vita davanti; e lo fa con lo spirito comico e amaro che da sempre lo contraddistingue. Accentuando stavolta i toni tragicomici e grotteschi da commedia nera, il regista toscano dà vita a un’opera corale, matura e agghiacciante, che rivisita (attualizzandola) la miglior tradizione della commedia amara alla Monicelli, costruendo – grazie anche all’apporto del fido sceneggiatore Francesco Bruni – personaggi complessi e sfaccettati, teneri e feroci, comici e tragici a un tempo, ma tutti disperatamente umani e autentici.

Con la stessa umiltà e onestà intellettuale di Marta, Virzì si muove tra le spaventose dinamiche del mondo moderno senza mai cadere nel facile giudizio, nel pietismo o – vista l’attualità del tema – nella trappola del film a tesi, mantenendo sempre in primo piano il suo amore per gli ultimi e una compassione per le sue creature disperate e perfide, figlie di una società malata, ma forse non ancora in fase terminale. E se Marta può ancora sognare un mondo migliore per sé e per la bambina cui fa da «baby-sitter», un mondo che balla spensierato ascoltando i Beach Boys e si affeziona a una voce telefonica, tutto attorno resta – conclude Renda – un ritratto allarmante dell’Italia di oggi, che Virzì svela sapientemente sotto una patina di sinistra comicità. Un’Italia dolce e amara quella di Tutta la vita davanti, che commuove e angoscia, lasciandoci con un groppo in gola, come quell’ovo sodo che non andava né su né giù.

La proiezione del film, con un ‘taglio’ della sua parte centrale che finisce per annoiare – ‘perpetrato’ abilmente da Ghenadi – ha innescato un vivace e a tratti infuocato dibattito, condotto nel modo fluido e ritmico da Lucia Scarpetta. Al microfono si alternavano Tonia Speranza, Maria Rainone, Ninetta Crea, Maria Rosa Cunia, Luigi Cimino… Ha fatto seguito la riflessione di Papa Francesco sul ruolo della donna nella Chiesa e sull’urgenza di trovare criteri e modalità nuove affinché «le donne non si sentano ospiti, ma pienamente partecipi nei vari ambiti della vita sociale ed ecclesiale». Il denso dibattito si è concluso con la lettura di un brano della «Lettera alle donne» di Giovanni Paolo II, fatta con un’intensa commozione da Marialuisa Mauro: «[…] Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l’indispensabile contributo che dai all’elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del “mistero”, alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità» (n. 2).

Il presidente Luigi ha annuncio quindi il prossimo evento che si terrà venerdì 16 dicembre (6ª Serata conviviale, focalizzata su «Caterina de’ Ricci († 1590), Veronica Giuliani († 1727) e le altre donne, bambinaie celesti» [226]), e ha invitato alla foto di gruppo e al «cocktail», reso particolarmente ricco e appetibile (castagnaccio di Gabriella, insalata russa e crostata di Tiziana, arancini di Loredana, Ferrero Rocher e Pocket Coffee di Antonella, mandarini di Maria Rainone). È stato impossibile a non pensare, anche questa volta, alle donne e ai bambini della martoriata Ucraina. Il videoclip «Рождественские попурри» con i canti natalizi in quattro lingue: russo, ucraino, inglese e spagnolo, ha rasserenato tutti, ha allargato il perimetro della fraternità e ha spronato a sognare un mondo migliore.

Piotr Anzulewicz OFMConv


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«Dottorar le donne», senza paura

Una Serata sonora, interattiva, conviviale, con le persone che si stimano e si ammirano, quella che si è svolta venerdì 2 dicembre 2022 nel Salone «S. Elisabetta d’Ungheria» presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido e si è focalizzata sul tema: «Elena Lucrezia Cornaro Piscopia († 1684), la prima donna a potersi fregiare del titolo di Doctor», la 5ª della 10ª edizione del WikiCircolo dal «file rouge»: «Donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›».

Sonora, con la strepitosa performance del soprano Maria Grazia Cucinotta che ha cantato tre famosi brani: 1. «Ave Maria» di Charles François Gounod († 1893), all’inizio; 2. «Agnus Dei» di Georges Bizet († 1875), a metà; 3. «Astro del ciel» di Franz Xavier Gruber († 1863), a conclusione, rendendo bello il nostro mondo, più melodico, armonioso e soave e meno monocorde, uniforme, soliloquiale e privo di ritmo.

Interattiva, con il sostanzioso panel, che grazie alle sue peculiarità ha infervorato i presenti. Le sue sequenze digitali, virtuali, da remoto, e reali, fisici, in presenza, si snodavano così:

3.1. Monologo di Lucia Schierano: «Elena Lucrezia Cornaro Piscopia» [I] (3:06′); 3.2. Dr. Maria Luisa Mauro: «Vicenda accademica di Elena Lucrezia» (15:00′); 3.3. Monologo di Lucia Schierano: «Elena Lucrezia Cornaro Piscopia» [II] (3:59′); 3.4. Intervista a Alessandra Schiavon e a Tatiana Corretto, funzionarie archiviste nell’Archivio di Stato di Venezia (5:04′); 3.5. Monologo di Lucia Schierano: «Elena Lucrezia Cornaro Piscopia» [III] (1:42′); 3.6. Dr. Piotr Anzulewicz OFMConv: «Dottorar le donne, senza stereotipi di genere e paura» (10:00′); 3.7. Condivisione (10:00′); 3.8. M° Maria Grazia Cucinotta: «Agnus Dei» di Georges Bizet († 1875), compositore e pianista francese; 3.9. Lettura del «Messaggio alle donne» di Paolo VI

Conviviale, con la commovente consegna di un ‘segno’ e di un attestato di ringraziamento alla M° Maria Grazia Cucinotta, da parte del M° Luigi Cimino, presidente del Circolo, e della sottosegretaria Lucia Scarpetta, e con il piacevole momento di fraternità, presso il buffet, amorevolmente preparato da Gabriela, Pina, Loredana, Lucia, Luigi e Iolanda.

Nell’insieme, una Serata eccellente per l’orecchio, l’occhio, il palato.., con un finale omaggio – come nelle Serate precedenti – alle donne ucraine: il video, proiettato da Ghenadi Cimino, operatore audiovisivo e sonoro, con la canzone patriottica Ой, у лузі червона калина (Oj u luzi červona kalyna; lett. “Oh, viburno rosso nel prato”), scritta dal compositore Stepan Čarnec’kyj nel 1914, virale attualmente in Ucraina, ma vietata severamente nei territori occupati dalla Russia, pena multe, prigione o esilio.

Emozionante Serata ha disegnato, in poco più di un’ora e mezzo, il ritratto della prima donna laureata al mondo, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, intellettuale veneziana e oblata benedettina, oltre al composito mondo culturale, sociale e politico della seconda metà del sec. XVII, tra Venezia e Padova. Elena Lucrezia, affamata di cultura vera, intraprese un cammino nuovo, solitario, quasi scandaloso eppure esaltante e bellissimo, quando alle donne era consentito soltanto il matrimonio o il velo. Si consacrò allo studio e alla passione intellettuale. Appoggiata dal padre Giovanni Battista, facoltoso patrizio e colto procuratore della Repubblica di Venezia, nascose dietro la vocazione alla severità un temperamento orgoglioso, ribelle ed appassionato. Sfidò i costumi dell’epoca e la mentalità contraria all’istruzione delle donne e, nonostante l’opposizione del card. Gregorio Barbarigo († 1697), vescovo di Padova, riuscì a sostenere e superare l’esame pubblico davanti a una moltitudine di persone. A lei i notabili del Sacro Collegio dell’Università di Padova, il 25 giugno 1678, attribuirono il titolo di «magistra et doctrix in philosophia» e le consegnarono le insegne del dottorato. Non però – come avrebbe voluto – in teologia: quando, per volere del padre di Elena, venne fatta richiesta di riconoscerle la laurea in teologia, la reazione del card Barbarigo fu senza appello: «È uno sproposito dottorar una donna, ci renderebbe ridicoli a tutto il mondo». A lui, come a tanti altri come lui, la storia non ha dato né darà ragione, con buona pace della misoginia, ecclesiastica e non solo, ancora imperante.

Elena Lucrezia, con la sua laurea, è diventata emblema della ricerca di uguaglianza e del riscatto femminile. Questo per teologhe cristiane ha significato recuperare gli infiniti reperti di protagonismo femminile presenti anche nella Bibbia e portarli alla luce nella loro autenticità, cioè liberarli dalle scorie secolari di un’interpretazione sessista o, per dirlo con la scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie, dal pericolo di un’unica storia, quella maschile. Un lavoro arduo, scandito da domande che continuano a martellare: «Perché il filo memoriale delle donne bibliche che abbiamo ricostruito – si chiede la teologa Marinella Perroni su «Re-blog. Il post della rivista Il Regno» – non ce la fa a diventare patrimonio comune delle nostre Chiese, nelle quali domina ancora un’interpretazione dei testi biblici del tutto funzionale al mantenimento di un sistema fondato sulla gerarchia dei sessi?». Perché, evocando il card. Barbarigo, ci sono ancora tanti “santi” uomini che considerano uno sproposito «dottorar le donne»? Come è possibile che, ancora oggi, nel recente documento della Conferenza episcopale italiana, consegnato il 12 luglio scorso alle Chiese locali per orientare il secondo anno del cammino sinodale, dal titolo «I cantieri di Betania», si ratificano e si veicolano dolorosi stereotipi che, oltre tutto, alterano la comprensione del racconto evangelico della visita di Gesù alle sorelle di Betania? Perché nel paragrafo «Il cantiere dell’ospitalità e della casa» (p. 9), quando si delineano i caratteri della Chiesa domestica, si afferma che in essa la comunità vive «una maternità accogliente e una paternità che orienta», senza rendersi conto che questa considerazione apre in realtà uno squarcio sugli stereotipi di genere che pesano come un macigno sulle nostre Chiese?

Ha ragione Anita Prati quando ricorda nel suo bellissimo articolo dal titolo Lo sproposito di dottorar le donne, pubblicato il 27 luglio scorso su SettimanaNews, il portale dei Dehoniani, che «l’arco di tempo, che ha visto le donne impegnate a sanare il divario secolare, anzi millenario, in termini di disparità di educazione, di libertà e di possibilità di scelta, rispetto agli uomini, è ancora molto breve», e cita le parole con cui, nel 1622, Marie de Gournay stigmatizza le conseguenze di una cultura fondata sulla gerarchia dei sessi: «Beato te, lettore, se non appartieni al sesso cui tutti i beni sono vietati, con la privazione della libertà, nell’intento di costituirgli come sola felicità, come virtù sovrane e uniche: l’essere ignorante, fare la sciocca e servire».

La strada da percorrere è quindi lunga e forse per ora c’è solo da sperare che un numero crescente di padri, e di madri, sollecitino e orientino le figlie allo studio, senza paura di «dottorar le donne». È una speranza che viene da lontano.

Piotr Anzulewicz OFMConv


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Sandra Sabattini, Chiara Luce Badano e le altre che ‹fanno bello il mondo›

Non c’è che dire: le Serate della 10ª edizione del Cine– e WikiCircolo, dal filo rosso: «Donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›», sono «travolgenti», come scrive in un post Patrizia. «Mi piace la loro fluidità, la scioltezza, la leggerezza. Pare che dal pulpito e dallo schermo, che mettono in moto i profili di donne stupende, parta una corda invisibile che attira emotivamente e spiritualmente gli sguardi dei presenti nel Salone “S. Elisabetta d’Ungheria” presso la chiesa “Sacro Cuore” di Catanzaro Lido e genera il desiderio di essere simili a loro», nel loro essere per gli altri. «Ieri, venerdì 18 novembre, sono dovuta scappare – confida –, ma ho assistito abbastanza per capire che anche questa Serata dal titolo: «Sandra Sabattini († 1984), l’artista della carità, e le altre donne come lei», è stata una Serata trainante. Grazie di cuore per queste Serate di elevato valore culturale, spirituale e morale. Dio vi benedica».

In realtà le Serate sono ancora lontane dal profilo tracciato da Patrizia, anche se vengono preparate con la massima genialità e cura dallo Staff. Grazie al sito web del Circolo e la pagina social, vengono intercettate e ‘frequentate’ dentro ai telefoni cellulari di altre città, europee ed extraeuropee, ma all’interno dei confini della propria parrocchia, guarda caso, restano paradossalmente ‘invisibili’, a causa dell’atteggiamento di quanti dovrebbero «avere a cuore – come scrive l’Arcivescovo sulla pergamena con la benedizione – le sorti della collettività parrocchiale e civile». Il Circolo comunque prosegue la sua avventura con vivo entusiasmo, veicolando e rivitalizzando i valori evangelici, francescani e umanistici con coloro che colgono in essi il proprio codice identitario. 

Ad aprire la 4ª Serata conviviale con «aperitivo», la 222ª di seguito, è stata la canzone «A modo tuo», dedicata a tutte le donne e interpretata da Elisa Toffoli, cantautrice, musicista, attrice teatrale e scrittrice triestina. Come dice il brano, scritto da Luciano Ligabue, cantautore e scrittore emiliano, per sua figlia Linda: «Sarà difficile diventar grande», ma ne vale la pena scoprire «quella che si sarà»»: sicura che alle spalle si avrà l’amore genitoriale.

Dopo il saluto iniziale e l’introduzione al tema della Serata, la regia di Ghenadi Cimino ha proiettato le immagini che accompagnano il trafiletto Donne che lottano per la loro libertà e dignità, pubblicato in mattinata sul sito web del Circolo. Il trafiletto racconta, in forma concisa, la Serata precedente: la 3ª Serata cinematografica, con la proiezione del film «Il Sabba».

Il panel si è avviato con il video «La santa fidanzata, la storia di Sandra Sabattini», la storia di una ragazza semplice, dolce, piena di entusiasmo per la vita donata ai poveri, ai disabili e ai tossicodipendenti, dichiarata beata il 24 ottobre 2021 a Rimini, un vero modello per i giovani d’oggi. Amava dipingere, suonava il pianoforte e correva come velocista in una squadra di atletica leggera.

A 12 anni incontrò don Oreste Benzi († 2007), educatore e fondatore della Comunità «Papa Giovanni XXIII». Partecipò ad una vacanza di condivisione con gli handicappati – come si diceva allora – presso la Casa Madonna delle Vette ad Alba di Canazei, sulle Dolomiti. La proposta di don Benzi era di fare «un incontro simpatico con Gesù». Un’esperienza intensa, immersa nella natura e faticosa per l’accudimento delle persone disabili. Sandra rimase folgorata. Tornata a casa disse alla mamma: «Ci siamo spezzati le ossa, ma quella è gente che non abbandonerò più». Questo incontro cambiò per sempre la sua vita: iniziò a seguire i poveri a domicilio, scendeva in piazza per i diritti delle persone disabili, dedicava il suo tempo libero ai ragazzi in recupero dalla tossicodipendenza. All’inizio degli anni ’80 il problema di droga emergeva ovunque nella sua drammaticità. L’associazione di don Benzi aveva da poco aperto comunità terapeutiche e Sandra, a soli vent’anni, riusciva a convincere tanti giovani ad abbandonare la via della droga per iniziare un percorso di rinascita. Studiosa di medicina coltivava il sogno di partire come missionaria in Africa. La sua vita non le apparteneva. Una volta incontrato Cristo, non aveva più potuto fare a meno di vivere per lui, di puntare su di lui, di amarlo, nella Chiesa. Il fidanzamento con Guido Rossi, conosciuto a 18 anni, anch’egli membro della Comunità «Papa Giovanni XXIII», viveva come un orizzonte più ampio per aprirsi allo spazio d’amore sconfinato di Dio. A soli 23 anni, il 2 maggio 1984, fu investita da un’auto. Per sua intercessione una persona ebbe la guarigione da un tumore. Da morta continua a fare il bene che aveva iniziato in vita, nel servizio per i più fragili. A confermarlo anche la canzone «Tutto è in Dio» di Manlio Santini e Daniele Serafini, che risuonò nel Salone, aprendo lo spazio a interventi del sottoscritto, di Lucia Scarpetta e di Maria Rainone.

Le beate, come Sandra e tante, tantissime altre «della porta acanto» (cfr. Esortazione apostolica «Gaudete et exsultate», nn. 6-9), sono sempre vive ed attuali. Mantengono con noi legami d’amore e di comunione, ci circondano, ci guidano, ci proteggono. Il loro fascino innesca nuovi dinamismi spirituali nella Chiesa e nella società. La forza della loro testimonianza sostiene e trasforma famiglie e comunità. «Questo dovrebbe entusiasmare e incoraggiare ciascuno a dare tutto sé stesso, per crescere verso quel progetto unico e irripetibile che Dio ha voluto per lui o per lei da tutta l’eternità: “Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato” (Ger 1,5)» (Ivi, 13).

La canzone «Luce» di Gen Rosso ‘introdusse’ nel Salone una di esse: Chiara Luce Badano († 1984), giovane e bella focolarina, soprannominata appunto «Luce» per il suo sorriso. Ogni sua giornata fu una gemma da innalzare a Dio, dando un senso eterno ad ogni gesto di amore per tutti, credenti e “laici”. Vivace, sportiva, simpatica e trainante, si sentiva amata da Dio e lo voleva portare a quanti incontrava sulla sua strada. Nacque a Sassello, in Provincia di Savona il 29 ottobre 1971. In terza elementare conobbe il Movimento dei Focolari, fondato da Chiara Lubich († 2008), ed entrò così fra le gen (generazione nuova). La gioia di vivere, la felicità di godere dell’amicizia, l’entusiasmo per le piccole cose, la contemplazione del creato erano il nutrimento delle sue giornate. A 17 anni iniziò il pellegrinaggio negli ospedali di Torino, affetta da un tumore osseo di quarto grado. Prima di entrare nella sala operatoria disse alla mamma: «Se dovessi morire, celebrate una bella Messa e di’ ai gen che cantino forte». Si sottopose alla chemioterapia e alle sedute di radioterapia, affrontando tutto come identificazione con i dolori di Cristo. Conosceva la gravità del male che l’aveva colpita, eppure, accanto a lei, parenti e amici respiravano aria di festa. Chiara chiacchierava, giocava, scherzava. La vita continuava a fuoriuscire da lei e gli altri si abbeveravano a questa straordinaria fonte. Si consumava e si offriva per amore di Gesù ai dolori della Chiesa, al Movimento dei Focolari e ai giovani. Predispose tutto per il suo funerale, che chiamava la sua Messa o le sue nozze con Gesù: dovrà essere lavata con l’acqua, segno di purificazione, e pettinata in modo giovanile; chiese alla mamma di non piangere perché «quando in cielo arriva una ragazza di 18 anni, si fa festa!». Il suo vestito da sposa lo voleva bianco, lungo, semplice, con una fascia rosa in vita. La sua amica del cuore, Chicca, lo provò di fronte a lei: le piacque molto, era semplice come lo desiderava. Morì il 7 ottobre 1990, festa della Beata Vergine Maria del Rosario, pronunciando le parole intrise di fede e di amore: «Mamma, sii felice, perché io lo sono. Ciao!», a coronamento di una sofferenza vissuta nella luce radiosa e consolante della fede che stupì gli stessi medici e le persone che le stavano intorno. La luce del suo incantevole sguardo non si spense perché i suoi occhi sono stati donati a due ragazzi. Il 25 settembre 2010, al Santuario del Divino Amore di Roma, fu proclamata beata.

«Corri, corri, corri, brilla accanto a me, nella stessa luce. […] Corri, corri, dimmi che non c’è nulla da temere. […] Corri, corri, brilla, brilla che la tua luce ora è in me». Riecheggiano ancora nel Salone queste parole della canzone di Gen Rosso, potenziate dalle affettuose confidenze di Maria Teresa e Ruggero, genitori di Chiara Luce, e visualizzate da Ghenadi sullo schermo, con il filmato «Vita della b. Chiara Luce Badano». Loredana Olivadoti e Tonia Speranza le resero ancora più espressive, condividendo le loro ricerche sulla Beata savonese. Il suo «Saluto», dalla stanza della sua casa, spalancò la Serata a ragazze e donne che non possono «fare bello il mondo», perché sono maltrattate, stuprate e discriminate. In molti Paesi, nonostante le garanzie costituzionali di parità di genere, esse godono solo del 75% dei diritti legali degli uomini. Di più, in molti casi non hanno neppure il potere di contestare questa disparità, a causa dei bassi livelli di partecipazione a processi decisionali. Nessun Paese al mondo può affermare oggi di aver raggiunto l’uguaglianza di genere nella sua totalità. Se così fosse, sottolinea il Rapporto «State of World Population 2021», pubblicato in aprile dall’Agenzia delle Nazioni Unite, non ci sarebbe violenza contro ragazze e donne, nessun divario retributivo, di leadership, di lavoro, nessuna mancanza di servizi. Spesso i modelli radicati nel modo in cui funzionano le società, come il patriarcato o i matrimoni forzati e infantili, influiscono sull’autonomia corporea femminile. In alcune parti del mondo, ad esempio, la pratica del “bride price” (prezzo della sposa), con cui un uomo offre denaro, proprietà o altri beni per “comprare” il matrimonio, è un meccanismo economico di fondamentale importanza per lo scambio di potere e di ricchezza. La pratica coniugale, nota con il nome di “eredità della vedova”, prevede invece che una donna intrattenga rapporti sessuali con l’uomo che la “eredita” indipendentemente dal numero di partner sessuali che potrebbe aver avuto in passato. C’è tanto da fare per aumentare la consapevolezza su come tutte e tutti – donne, uomini, ragazze e ragazzi – possano trarre vantaggio da società contraddistinte da parità di genere. Il programma MenCare in Georgia, sostenuto dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, è ritenuto un modello che altri Paesi potrebbero adattare a livello locale. Il programma promuove il coinvolgimento degli uomini come padri e tutori non violenti al fine di raggiungere un benessere familiare, incoraggiandoli a sostenere l’uguaglianza di genere. In Nepal, società altamente patriarcale e con forte disparità di genere, sono stati introdotti meccanismi proattivi per contrastare questi modelli e garantire l’uguaglianza, istituendo tra l’altro una Commissione Nazionale delle Donne, incaricata di indagare regolarmente su questioni relative alla violenza sulle donne e sulle leggi inerenti le discriminazioni di genere.

«Corri [allora], corri, brilla, brilla, Luce Chiara e bella. Corri, corri, dimmi che non c’è nulla da temere».

A conclusione del panel, una preghiera bellissima, pubblicata sul sito «San Francesco» e recitata con solennità nel tono da Tonia Speranza e Iolanda De Luca, la preghiera delle donne per le donne: «Grazie, buon Dio, per l’amore che hai per noi, perché ci hai creati a tua immagine e somiglianza nella condizione di uomo e donna, affinché, riconoscendo la nostra diversità, cerchiamo di completarci a vicenda: l’uomo a sostegno delle donne e le donne a sostegno dell’uomo…».

Seguirono quindi le comunicazioni del presidente Luigi Cimino [Accoglienza dell’invito di p. Rocco Predoti OFMConv, superiore del convento «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido e docente di teologia catechetica e di teoria e passi della comunicazione presso l’Istituto Teologico Calabro «S. Pio X», alla presentazione del suo libro «Identità dell’uomo digitale. Antropologia del linguaggio digitale e implicazioni catechetiche» (Cittadella Editrice, 2022), che si terrà il 16 novembre a Catanzaro, presso la Biblioteca comunale «Filippo De Nobili», situata all’interno di Villa Margherita; auguri a Elisabetta Guerrisi, affezionata fan e creativa sostenitrice del Circolo insieme alle sue sorelle Margherita e Carola, affinché la sua celeste protettrice, Elisabetta d’Ungheria, giovane, sposa, madre e regina, primizia dei chiamati a vivere di Dio nel mondo, continui ad essere al suo fianco, con il grembiule di magnifiche e fragranti rose…] e l’annuncio del prossimo evento [Venerdì 25 novembre: 4a Serata cinematografica (223), con la proiezione del film «Nabat» di Elchin Musaoglu e il cinedibattito sul tema: «Resilienza, capacità di cura, ostinazione a non cedere alla barbarie»].

Infine, per non dimenticare le donne in Ucraina che soffrono e lottano per la pace, per la libertà, per il rispetto della dignità di tutte le donne, un tenero e struggente canto della piccola Виктория Желудкова: «Отмените войну». La Serata, intensa e cordiale, si è sciolta attorno ad un tavolo ricco di arancini, patate e peperoni, preparati da Loredana, e i pasticcini portati dalle sorelle Guerrisi, serviti graziosamente anche da Asia Brogneri), con il saldo proposito di rivederci mercoledì, nella Biblioteca comunale «Filippo De Nobili», e venerdì, nel Salone «S. Elisabetta d’Ungheria».

Piotr Anzulewicz OFMConv


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‘Suffragette’: le donne che “marciano” per far valere i loro diritti

La ‘performance’ del duetto: Stefano Scozzafava, tenore, e Tusha Ilaria Silipo, pianista, ha mirabilmente segnato l’accesso alle «Suffragette» di Sarah Gavron, ovvero alla 2ª Serata cinematografica, la 219ª di seguito, che si è svolta venerdì 28 ottobre presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido. Il brano che i due giovani musicisti catanzaresi hanno eseguito con maestria – «Dolce sentire» del M° Riz Ortolani, tratto dal film Fratello sole e sorella luna del regista Franco Zeffirelli – ha fatto breccia sui presenti nel Salone di S. Elisabetta d’Ungheria: conquistò il loro cuore e creò un’atmosfera invitante, accogliente, calda, dolce. «Dolce è capire – cantò il tenore – che non son più solo, ma che son parte di una immensa vita che generosa risplende intorno a me, dono di Lui, del suo immenso amore».

I presenti si sono quindi tuffati a capofitto nel programma della Serata che aveva l’arte di spingerli a favorire la maggiore collaborazione, la corresponsabilità e la condecisionalità delle donne a tutti i livelli della vita ecclesiale e sociale. Ecco il «clou» del programma: […] 2. Occhio su «Chiara di Dio» e sinossi del «Suffragette». 3. Proiezione. 4. Cinedibattito «Donne che scoprono di possedere una formidabile forza d’animo e, nonostante l’ostracismo e le avversità, “marciano” per far valere i loro diritti e ideali» [4.1. Condivisione; 4.2. Piotr Anzulewicz OFMConv: «Centrale per la vita della Chiesa e della società la corresponsabilità e la condecisionalità delle donne»; 4.3. Lettura di alcuni passaggi della «Lettera alle donne» di Giovanni Paolo II (nn.10-12). 5. Comunicazioni relative al Circolo e annuncio del prossimo evento [venerdì 4 novembre: 3ª Serata conviviale, focalizzata sul tema: «Eustochio da Padova († 1469), Jeanne des Anges († 1665) e le altre donne, sante e indemoniate», a cura straordinaria del dr. Mattia Zangari] […].

Il programma «clou» si è concluso con l’aria «Ave, Maria» di Franz Schubert, eseguita dallo stesso brillante duetto. Un commovente plauso ancora e la consegna ai due artisti dal grande avvenire – da parte del presidente Luigi Cimino e della sottosegretaria Lucia Scarpetta – di un «Attestato di ringraziamento», per la loro incantevole ‘performance’, unitamente a un ‘segno’ glamour. Infine, la foto di gruppo, il music video «Il Signore ti benedica e ti protegga» in sottofondo e il momento conviviale con il ‘cocktail’: una brasilena dissetante e una pizza fumante.

Ai presenti non è rimasto altro che accogliere con entusiasmo l’invito alla prossima Serata, dedicata, come tutte le altre della 10ª edizione del Wiki– e CineCircolo, alle «donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›» e «forse ancora più dell’uomo – scrisse Giovanni Paolo II nella Lettera alle donne – vedono l’uomo, perché lo vedono con il cuore. Lo vedono indipendentemente dai vari sistemi ideologici o politici. Lo vedono nella sua grandezza e nei suoi limiti, e cercano di venirgli incontro e di essergli di aiuto. In questo modo si realizza nella storia dell’umanità il fondamentale disegno del Creatore e viene alla luce incessantemente, nella varietà delle vocazioni, la bellezza – non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale – che Dio ha elargito sin dall’inizio alla creatura umana e specialmente alla donna. […] Vegli Maria, Regina dell’amore, sulle donne e sulla loro missione al servizio dell’umanità e della pace».

Piotr Anzulewicz OFMConv


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«Chiara di Dio»: 1ª Serata del CineCircolo

«Si è fatta carne» venerdì 14 ottobre 2022 – con la 1ª Serata cinematografica focalizzata su Chiara d’Assisi, «Angelo biondo che canta nel sonno, che splende nel buio, che tutto fa chiaro» – la 10ª edizione del CineCircolo dal «file rouge»: «Donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›, per immagini». Un’edizione vivace, godibile ed imperdibile, inserita, come quella del WikiCircolo, nel solco della fase narrativa del cammino sinodale, con l’ingresso libero e gratuito, online e offline. Infatti, la «Chiara» segna il ritorno in presenza, in «carne ed ossa», al Salone di S. Elisabetta d’Ungheria, situato al lato destro della chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido, luogo di incontro, di dialogo, di condivisione, di relazione, valore aggiunto di ogni evento del Circolo, ma mantiene anche la via telematica, virtuale, digitale, grazie all’abilità dell’operatore Ghenadi e alla disponibilità del presidente Luigi. Ancora poche persone a rimettersi in relazione, a riconoscersi, a ritessere un ‘noi’, ma tante con una grande voglia di coinvolgersi e di condividere qualche istante di unicità, prima di rituffarsi nell’oceano del tutto-visibile, privo com’è di fascino, di stupore, di mistero.

A condurre la Serata è stato – oddio – il sottoscritto, che ha fatto i salti mortali per superare quasi 3 mila km e non mancare all’inaugurazione della 10ª edizione. «Siamo felici – ha evidenziato – di poterci incontrare al Circolo, perché le Serate conviviali e cinematografiche rappresentano un evento generativo che ha sempre messo al centro le relazioni reali, visibili, tangibili. Riconoscersi, vederci in faccia, comunicare «vis-à-vis» è la premessa di tutte quelle soluzioni che aspirano ad una trasformazione reale, effettiva, concreta.

Ad aprire l’evento è stata invece la canzone «L’Angelo biondo», dedicata a Chiara, tratta dal musical teatrale «Forza, venite gente», composto di 23 scene cantate, incentrato sulla vita del santo Assisiate e messo in scena da Mario Castellacci con Silvio Spaccesi e Michele Paulicelli nel 1991 sul sagrato della basilica superiore di S. Francesco in Assisi. Per l’impossibilità di acquistare il film intero di Susanna Nicchiarelli, proiettato il 9 settembre scorso alla 79ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica al Lido di Venezia, la Serata si è presentata con un programma ancora più ricco, più vivace, più animato del solito, mettendo la figura della «Pianticella» di Francesco nell’epicentro di attenzione. Ecco la sua parte centrale:

1. Trama Regista Trailer «Chiara» (2:19′) – Intervista al cast (3:46′)] – Music video «Chiara di Dio» di Carlo Tedeschi (17:35′-23:59′); 2. Cinedibattito («’Radicalità’ della vita di Chiara e Francesco che ci restituisce il sogno di una comunità senza gerarchie e meccanismi di potere, l’energia del rinnovamento e l’entusiasmo della gioventù») con l’Intervista a sr. Massimilina Panza (5:07′); 3. Proiezione del film «Chiara d’Assisi. Storia di una cristiana» di Serafino Rafaiani OFMCap (0:80′-10:00′; 1:00:00′-1:14:50′); 4. Lettura della «Benedizione» di s. Chiara per tutte le ‹sorelle e figlie sue› (FF 2854-2858) – Music video «Chiara di Dio» di Carlo Tedeschi (38:40′-41:30′) e «Il Signore ti benedica e ti protegga» (6:41′)

Nell’insieme, la Serata, traboccante di emozioni, spunti e richiami, ha offerto un ritratto della Santa d’Assisi nuovo, vibrante, lontano da quello tracciato dalla storiografia ufficiale e religiosa. Chiara era una giovane ribelle, coraggiosa, determinata a tener testa a un mondo patriarcale, particolarmente rigido nei confronti delle donne. Aveva un sogno rivoluzionario di libertà, uguaglianza e giustizia, assieme al sogno di un cammino in comunità povera di donne che portassero il messaggio del Vangelo tra la gente e con la gente. Il suo sogno sfidava pericolosamente il potere costituito: non era permesso alle donne nessun tipo di apostolato attivo né la possibilità di scegliere una vita di povertà e di elemosina. La donna, se voleva dedicarsi alla religione doveva scomparire dietro le mura di un convento, sotto la protezione della Chiesa e dei suoi beni portati in dote, se ricca, o, se povera, come serva delle monache più ricche. Chiara ha dovuto fronteggiare cardinali e Papi per mantenere in vita il suo gruppo di sorelle povere, tutte uguali e libere. Ha dovuto anche cedere, scendere a compromessi, entrare addirittura in contrasto con lo stesso Francesco per portare avanti il suo progetto.

La forza della sua storia stava nella sua radicalità. «È una radicalità – ha sottolineato la regista Nicchiarelli, precisando la prospettiva da cui osservava, con lo sguardo accorto e puntuale, la figura di Chiara nel suo film – che è sempre attuale e che ci interroga in qualsiasi epoca. Una Chiara resiliente e determinata, forse anche ben più del suo amico Francesco. Una donna che ha scritto la prima Regola nella storia per delle donne. Una donna anzitutto radicale: una «femminista» anzitempo.

In sintesi, la Serata, attraversata da intervalli musicali, inserita nel perimetro della storia, ma protesa verso l’oggi, resa anche deliziosa con le mandorle «Guglielmo» di Antonella e pasticcini di Lucia, ha voluto avvicinarci a «Chiara di Dio», donna di grande genialità, bellezza e spiritualità, «caritatevole nell’ammonire, moderata nel correggere, temperata nel comando, ammirevole per compassione, discreta nel tacere, assennata nel parlare e accorta in tutto quanto concerne il saggio governo, desiderosa più servire che di comandare, e di onorare le altre, più che di essere onorata» (BolsC: FF 3297), piena di premure per coinvolgere le sue sorelle nella corresponsabilità e condecisionalità. Nel contempo ci ha permesso di sentirci tutti centrali e uguali, sorelle e fratelli, e di avviare un cammino, ancora non del tutto compiuto, di valorizzazione delle donne nella Chiesa e nella società. Beati coloro che hanno intrapreso questo cammino nel Salone di S. Elisabetta con le donne della 10ª edizione del Cine– e WikiCircolo. Non meno beati coloro che lo sosterranno, promuoveranno e patrocineranno.

Piotr Anzulewicz OFMConv


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«Pace a voi!»

«Tu sei la nostra quiete […], la nostra speranza […], la nostra vita, grande ed ammirabile Signore» (Francesco d’Assisi, Lodi di Dio altissimo, vv. 4-5.7: FF 261)

Oggi più che mai abbiamo bisogno dell’annuncio pasquale: «Pace a voi!» (Gv 20,19). Abbiamo bisogno di Colui che è «la nostra pace» (Ef 2,14), per avere pace, essere in pace, vivere in pace. Abbiamo bisogno del Crocifisso risorto per chiedere a gran voce, dai balconi e per le strade, la pace», per «uscire mano nella mano, mettendo insieme le forze e le risorse, dal tunnel buio e oscuro», per sperare nella riconciliazione» e «vivere in fraternità», per «credere nella vittoria dell’amore».

Oggi più che mai abbiamo bisogno di Lui, perché venga in mezzo a noi e ci dica ancora: «Pace a voi!». «Solo lui può farlo. Solo lui ha il diritto di annunciarci oggi la pace», la pace che «segue la via della mitezza e della croce», la pace che è «farsi carico degli altri», la pace che «nasce dal dono di sé» (Papa Francesco). Solo lui, «il grande e ammirabile Signore, misericordioso Salvatore» (Francesco d’Assisi), che a Pasqua, con il suo amore smisurato e sconfinato e con il suo corpo luminoso e radioso, ha voluto un’umanità nuova, può darci la pace, ‘restituirci’ agli altri, cambiare il nostro dis-amore in amore, la nostra paura in fiducia, la nostra angoscia in speranza. Solo lui può trasformare il nostro lutto in danza.

Facciamo Pasqua con lui, il Risorto. Con lui anche nel buio più fitto della guerra e della crudeltà brillerà la stella del mattino. La luce sfolgorante sul suo volto ci condurrà alla bellezza della pace. In quel momento capiremo tutto e con stupore, gioia e gratitudine intoneremo il canto «Alleluia!».

Auguri, Amici, per un nuovo percorso pasquale, colmo di pace e pregno di speranza, con i riflessi del Risorto negli occhi.

Piotr Anzulewicz OFMConv

a nome di tutto lo Staff del Circolo Culturale San Francesco

Catanzaro, 17 aprile 2022