Ruth Bader Ginsburg: Donne, pari diritti
Non sono donne femministe, anticlericali, agnostiche o atee, che partecipano alla 10ª edizione del Wiki- e CineCircolo, inserita nel solco della fase narrativa del cammino sinodale, ispirata ai grandi testi dell’autorità educativa della Chiesa, promossa dal Circolo Culturale San Francesco ed aperta gratuitamente a tutti: credenti e «laici», vicini e lontani. Sono invece «donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›», donne assettate di giustizia e di verità, donne in ricerca di orizzonti di fede sempre più dilatati e più profondi, donne orientate verso una spiritualità semplice e allo stesso tempo aperta al soffio dello Spirito, donne che con gratitudine e gioia accolgono l’invito, accorrono al Salone di S. Elisabetta d’Ungheria presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido o si connettono da casa alla diretta streaming trasmessa sulla pagina social, donne, insomma, che praticano – nell’umiltà, ma anche nel coraggio della testimonianza – la sororità e la fraternità di cui Gesù è stato testimone lungimirante.
È alla 10ª Serata conviviale con «aperitivo», la 235ª di seguito, focalizzata sul tema: «Ruth Bader Ginsburg († 2020), la giudice pioniera della parità di genere», svoltasi venerdì 24 febbraio scorso, che qui voglio riferirmi. Essa si è impressa saldamente nella memoria, con un’impronta che non è stata soltanto tematica. Tuttora si percepisce nitidamente il suono di uno degli strumenti musicali più gravi in assoluto, più elaborati e massicci, molto belli e particolari, insostituibili in molte formazioni orchestrali: il basso tuba, appartenente alla classe degli ottoni. Impressionò il suo aspetto e incuriosì il suo gestore: il m° Tommaso Cristofaro, strumentista di Borgia (CZ). È stato lui – presentato al pubblico dal presidente del Circolo, m° Luigi Cimino – ad aprire questa singolare Serata, eseguendo splendidamente il brano «Fantasy for Tuba» di Malcolm Arnold († 2006), compositore, direttore d’orchestra e trombettista inglese. Tutti i presenti, fonoassorbenti, acustici, elastici, estasiati dalla sua performance strumentale, espressero la loro ammirazione sonoramente, in una calorosa «standing ovation».
Il suono si è propagato poi in tutte le direzioni del Salone, si è steso su ogni punto del programma ed è fortemente risuonato ancora, per ben altre due volte, durante il panel, lasciando tutti al ‘settimo cielo’. Ecco allora il seguito del programma:
3. Occhio sulla Serata precedente con «aperitivo» (233), dedicata a Etty Hillesum, e sulla galleria delle foto
4. Panel [4.1. Papa Francesco: «Un anno di guerra in Ucraina» (1:24′); 4.2. «Tango» di Tananai (3:45′); 4.3. Marialuisa Mauro: «Ruth Bader Ginsburg e la sua battaglia per la parità di genere» (10:00′); 4.4. M° TOMMASO CRISTOFARO: «Concertpiece, op. 88, per trombone e organo» di FÉLIX-ALEXANDRE GUILMANT (6:00′); 4.5. Valeria Filì: «Il tempo delle donne» (13:22′); 4.6. M° Tommaso Cristofaro: «Oblivion» di Astor Pantaléon Piazzolla (3:38′); 4.7. Consegna al Maestro di un Attestato di gratitudine (Luigi Cimino) e di un ‘segno’ (Lucia Scarpetta); 4.8. «L’autunno del patriarca» (28:30′); 4.9. «Via Crucis 2022: una donna ucraina e una russa insieme per la pace» (1:27′)]
5. Comunicazioni del presidente Luigi Cimino relative al Circolo,annuncio del prossimo evento da parte della sottosegretaria Lucia Scarpetta [mercoledì 1 marzo: 2° incontro del Laboratorio musicale avviato il 22 febbraio; venerdì 3 marzo: 10ª Serata cinematografica (236) con la proiezione del film «E ora dove andiamo?» di Nadine Labaki e con il cinedibattito «Donne che fanno da collante e mettono pace»], foto di gruppo e momento conviviale [In sottofondo,il music video. «Улетают дни» di Группа Мелодия & Ольга Андрощук (8:01′)]
Il panel si è aperto, come si può notare, con l’abbraccio e l’omaggio all’eroico popolo ucraino che dal 24 febbraio 2022 difende la propria libertà: un anno di resistenza contro l’invasione russa del Paese che lo sta insanguinando e mietendo morte e distruzione e i cui effetti di natura economica stanno colpendo tutta l’Europa, un triste anniversario di una guerra atroce, assurda e crudele, come testimonia il bilancio dei morti, feriti, profughi, distruzioni, danni economici e sociali, dodici intensi mesi di sofferenze di cui seguiamo gli sviluppi in una spirale sempre più minacciosa. I presenti alla Serata, guardando il video «Un anno di guerra in Ucraina», hanno quindi ripercorso questi mesi attraverso le parole del Papa che ha sempre chiesto di non dimenticare il martoriato popolo ucraino e di non abituarsi alla barbarie delle armi. È stato un anno pieno di dolore, di perdite e di sfide, ma al tempo stesso di solidarietà, di assistenza e di amore. I nostri fratelli ucraini stanno mostrando ai tiranni di tutto il mondo quando possa essere difficile mettere le catene a un popolo libero.
Commovente è stato quindi il videoclip con la canzone «Tango» che il Circolo ha voluto dedicare, insieme al cantautore milanese Tananai (nome d’arte di Alberto Cotta Raamusino), non soltanto ad una giovane coppia (Olga e Maxim) e alla loro figlia (Liza), ma a migliaia di famiglie separate dalla guerra che è sempre mostruosa. La clip si è conclusa con le parole di Maxim, intrise di amore e di speranza, mandate a Olga dal fronte dove la colonnina di mercurio rilevava 12 gradi sotto zero: «Mi sta scaldando il tuo amore… e il tè. Va tutto bene».
Altrettanto commovente, e struggente, è stato rivedere il video «Via Crucis 2022: una donna ucraina e una russa insieme per la pace», a conclusione del panel. Papa Francesco ha voluto per il 13° approdo (Gesù è deposto dalla croce) della tradizionale «Via Crucis» al Colosseo, che si è svolta venerdì 15 aprile 2022, due donne, a portare insieme la croce: un’infermiera ucraina, Irina, del Centro di Cure Palliative “Insieme nella Cura” del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, e una studentessa russa, Albina, del corso di laurea in infermieristica dello stesso Campus. In tal modo il Circolo è tornato a ripetere il suo deciso ‘no’ a tutte le forme di violenza e di sopraffazione e il suo saldo ‘sì’ alla pace e alla riconciliazione.
È stato molto gradito e apprezzato l’intervento dell’avv. Marialuisa Mauro che con abilità e competenza ha tracciato la storia di Ruth Bader Ginsburg, nata a New York nel 1933 da genitori ebrei immigrati ucraini e «divenuta straordinaria per aver cercato di essere semplicemente ordinaria», «vera e propria icona femminista che, pur occupandosi di una materia poco glamour come il diritto, ha dato un contributo fondamentale allo sviluppo della parità di genere, della libertà e della democrazia». La ‘galassia’ del Circolo ha potuto conoscere per immagini le sue battaglie, durante la 9ª Serata della 10ª edizione del CineCircolo, svoltasi il 17 febbraio scorso, con la proiezione della pellicola «Una giusta causa» (tit. orig. «On the Basis of Sex») di Mimi Leder, regista e produttrice televisiva statunitense, notabene la prima donna a essere ammessa all’American Film Institute, e con il cinedibattito «La parità di genere e la giustizia dei diritti per tutti».
«Ginsburg si conquistò la fama di accanita sostenitrice dell’uguaglianza di genere da comune cittadina – scrisse la giornalista e scrittrice americana Erin Blakemore su History.com, ricordando i diversi fronti su cui Ruth si era impegnata per sancire l’uguaglianza uomo-donna e garantire una effettiva uguale protezione per donne e uomini. – Ha continuato a costruire su quella base prima durante i 13 anni da giudice della Corte d’Appello e poi durante i 27 anni da giudice della Corte Suprema. […] Facendo leva su precedenti sentenze riguardanti i diritti civili in relazione alla razza – in cause intentate da uomini – Ginsburg ha dimostrato le ragioni per cui la Corte Suprema doveva porre fine alla discriminazione di genere. Molti dei suoi casi erano imperniati sulla clausola di uguale protezione prevista dal 14° emendamento, che prevede che le persone ricevano uguale protezione dalle leggi statunitensi. Ha attaccato, attraverso una serie di cause minori, leggi discriminatorie».
L’appartenenza alla comunità ebraica ha influito notevolmente sulle sue convinzioni etiche, come aveva dichiarato lei stessa nel 2017, partecipando a una funzione religiosa per la ricorrenza di Rosh Hashanah, il capodanno ebraico. In quell’occasione aveva spiegato come la sua identità ebraica e i testi letti durante la sua formazione avevano inspirato in lei un senso di empatia per altri gruppi minoritari. «Se sei un membro di un gruppo di minoranza, in particolare un gruppo che è stato preso di mira, provi empatia – diceva – per quelli che si trovano in una situazione simile. La religione ebraica è una religione etica. Ci viene, cioè, insegnato a fare il bene, ad amare la misericordia, a rendere giustizia non perché ci sarà una ricompensa in paradiso o una punizione all’inferno. Viviamo rettamente perché è così che le persone dovrebbero vivere e non anticipare alcun premio nell’al di là».
«Tutto questo – concluse l’avv. Marialuisa – l’ha resa un simbolo, talvolta anche strumentalizzato fino al paradosso di trasformarla in icona stampata sulle magliette, non solo per le sue decisioni, ma soprattutto per le volte non rare in cui ha fatto sentire la sua opinione dissenziente». La si vede, con la scritta «I dissent», sulla copertina di un libro per bambini dai 4 agli 8 anni. Il suo ritratto viene riprodotto anche su sacche da spiaggia, tazzine e bicchieri. La sua immagine è uno dei tatuaggi più richiesti dagli studenti di diritto di Washington.
In un passato, neanche tanto lontano, la donna non aveva accesso a molte professioni, come l’avvocatura o la magistratura e poteva persino essere picchiata dal marito allo scopo di correggerla o esercitare su di lei la “potestà maritale”, come se fosse una bambina. Oggi tutto questo non accade, ma i casi di cronaca sono pieni di episodi terribili nei quali le donne sono vittime, soprattutto a causa di maschi violenti. È il segno che nella mente di molti uomini è ancora radicata l’idea di superiorità e di donna oggetto di cui sono in possesso. Nei Paesi civili le violenze e le umiliazioni si muovono più sotto traccia rispetto a Paesi in cui le donne vengono trattate quasi alla stregua di animali domestici e da compagnia.
La questione della presenza delle donne nella società e, in particolare, nella civiltà giudaico-cristiana, euroatlantica, non è una richiesta di spartizione di potere o di cooptazione all’interno del sistema sociale attuale, ma è, invece, la questione dell’assunzione nei fatti della centralità delle relazioni cui rinvia l’enunciato fondativo: «Maschio e femmina Dio li creò» (Gen 1,27). Queste relazioni tra donne e uomini sono ancora permeate di stereotipi ingessanti e di visioni svilenti, che ne deformano l’immagine negandole integrità. Da tali premesse il disvalore del femminile è logica conseguenza. «E non ci si risponda – scrivono le donne delle Comunità Cristiane di Base nella Lettera aperta dal titolo Chiesa, chiedici scusa – che il cristianesimo venera Maria, Madre del Signore, la quale sarebbe superiore a tutti gli apostoli, e quindi con essa venera tutte le donne; perché è la persona incarnata che va rispettata, le donne in carne e ossa, non la loro trasfigurazione immaginaria». Di quanto «l’esaltazione ideale della donna sia servita a coprire la sua insignificanza storica» abbiamo fatto, purtroppo, una millenaria esperienza. Il Vangelo parla un’altra lingua: quella del «discepolato di uguali», per dirla con la famosa espressione di Elisabeth Schüssler Fiorenza, una delle maggiori esponenti viventi della teologia femminista. E il Circolo Culturale San Francesco, con la sua attuale edizione, paladina delle donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo, non si stanca di usare questa lingua e veicolare questo «discepolato».
Piotr Anzulewicz OFMConv
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