Laboratorio di arti fotografiche
Il «Circolo Culturale San Francesco», il cui ideale è la cultura e la cura dell’altro, privilegiando fratellanza e solidarietà, incontro e dialogo, creatività e innovazione, con particolare attenzione alle fasce più disagiate della nostra collettività, lancia una nuova iniziativa: il laboratorio di fotografia analogica e digitale di base, e alle iscrizioni chiama coloro che con l’occhio, il cuore e la mente vogliono cogliere, raccontare e rappresentare un progetto globale – riportare le memorie, le storie, i fatti e i sogni della nostra generazione per lasciare una traccia del nostro cammino.
Questo potrà essere anche un doveroso tributo per i sentimenti e le emozioni che le immagini ci permettono di esternare. Insieme vorremo “mettere in rete” le conoscenze interne ed esterne a noi, per incoraggiare, favorire e sviluppare le singole capacità con la fotografia, per sostenere e rinforzare il necessario dialogo con le diverse forme espressive, per conservare le origini storiche e culturali della fotografia, per mostrare e promuovere le proprie idee e la propria «cultura», fatta di esperienze, memorie, affetti e relazioni, come luogo di una rappresentazione in «immagine», anche attraverso i nuovi strumenti che verranno messi a disposizione dal Club Fotografico «Grandangolo» di Catanzaro Lido.
Il Club, nato nel 1980 per iniziativa di un gruppo di fotoamatori, si associa al Circolo con l’intento di far conoscere la fotografia nei suoi aspetti culturali e creativi, a ragazze e ragazzi, donne e uomini, senza limiti di età. In tutti questi anni i soci del Club hanno svolto molteplici attività: concorsi di fotografia a livello nazionale, corsi di fotografia, proiezioni di macrofotografia nelle scuole elementari e medie, e una raccolta di foto d’epoca del nostro quartiere marinaro pubblicato in due volumi. Il Club si sente onorato di collaborare con la nostra Associazione ed è lieto di sostenere tale laboratorio presso la nostra sede (Via Crotone, 55).
Responsabile del laboratorio
Giuseppe Fiorentino
Obiettivi
Avvicinarsi o riavvicinarsi alla fotografia dal punto di vista tecnico, incentivando anche le visioni e i modi personali di osservare il mondo, attraverso il confronto tra i partecipanti, esercitazioni ed esempi. Ad ogni partecipante verrà assegnato un piccolo progetto da sviluppare durante la durata del laboratorio, finalizzato ad un esposizione personale presso il Circolo.
Destinatari
Coloro che vogliono avvicinarsi alla fotografia attraverso l’osservazione della realtà con il supporto delle tecniche di base.
Articolazione
Il laboratorio si svolgerà un giorno a settimana e sarà suddiviso in 14 lezioni teorico-pratiche:
1. 9 lezioni di teoria da 2 ore, seguite da 1 ora di pratica/revisione; 2. 2 laboratori pratici da 2 ore; 3. 1 laboratorio di editing finale dei progetti da 4 ore; 4. 2 uscite di gruppo da 4 ore.
È richiesta propria macchina fotografica.
Programma
Introduzione alla fotografia. La composizione fotografica. I “generi” fotografici. Il conoscere della propria fotocamera e degli obiettivi. Esposizione, tempi, diaframmi e ISO. La gestione della profondità di campo. L’uso della luce e la temperatura del colore. La lettura fotografica. Effetti creativi in fotografia. Il flash. Cenni di fotoracconto e reportage. Cenni di diritto e fotografia. Photo Editing. Pratica in esterno
Numero dei partecipanti: minimo 6 per l’attivazione del corso
Costo
Il laboratorio è gratuito ai soci (senza spendere dai 200 ai 500 € – una sola lezione costa anche 40-60 € – e senza passare intere settimane o mesi per capire da solo da che parte iniziare). Il costo della tessera associativa annuale è di 60 €.
Info e prenotazioni
Si può inviare una mail con nome e cognome all’indirizzo del responsabile del laboratorio: giuseppefiorentino1@alice.it, o all’indirizzo del Circolo: contatti@circoloculturalesanfrancesco.org, o rivolgersi direttamente alla nostra sede.
Il Circolo, ovviamente, vorrà, a partire da questo corso, portare al largo gli appassionati delle arti fotografiche e figurative, proponendo in seguito corsi avanzati, mostre locali e nazionali, proiezioni, concorsi, convegni di studio ed anche Workshop a San Pietro in Amantea dove la comunità di laici operanti presso i Frati Minori Conventuali del convento «San Bernardino da Siena» ad Amantea, ispirata dal messaggio di s. Massimiliano Kolbe, fondatore della Milizia dell’Immacolata, coadiuvata da numerosi giovani, impegnati nella pastorale delle comunicazioni sociali, ha realizzato il Museo–Laboratorio della Comunicazione. È un’esposizione di oltre mille strumenti d’epoca (macchine da cinema e da ripresa, radio, televisori e altro ancora) per raccontare le tappe storiche della scoperta scientifica in tema di comunicazioni sociali che hanno segnato uno snodo fondamentale nella storia dell’umanità (http://www.museokolbe.it/).
Il Circolo, con i suoi soci, cercherà assicurare un continuo contatto con i foto-operatori affermati per consentire agli allievi una verifica dei loro percorsi e della qualità della loro esperienza fotografica. Agli allievi soci offrirà la possibilità di esteriorizzare la propria creatività e l’ispirazione con la pubblicazione sul Sito Web (organo ufficiale dell’Associazione).
Il fotografo “vero” è un artista che non può fare a meno di esprimere il sacro, se è vero che al cuore del suo gesto abita un’alterità, una «presenza» misteriosa e inafferrabile, un mistero insondabile dell’uomo. L’artista traduce attraverso forme e colori questo mistero che ci parla dell’assoluto, del trascendente, della bellezza di ciò che è in lui, ma che non viene da lui.
«La bellezza è come una ricca gemma, per la quale la montatura migliore è la più semplice». Quest’annotazione dei Saggi di Francesco Bacone († 1626), filosofo, politico, giurista e saggista inglese, è «una salutare sferzata sia ad un’arte che si raggomitola su se stessa seguendo canoni stilistici sempre più indecifrabili, sia a una critica che adotta un esoterismo oracolare tale da impedire, piuttosto che facilitare, l’accesso al senso profondo dell’opera d’arte» (card. Gianfranco Ravasi). Sta a cuore alla Chiesa cattolica di ritrovare un’alleanza con l’espressione artistica che per secoli si è fatta interprete del suo messaggio, e, in particolare, di sollecitare quelle arti visive che da decenni ormai hanno percorso vie autoreferenziali. Una riconciliazione fra arte e fede è auspicata da tempo, da quando Paolo VI nel 1964 rivolse un appello agli artisti, incontrandoli nella Cappella Sistina, riconoscendo una parentela naturale tra fede e arte. Seguì un Anno Santo, il 1975, dedicato proprio agli artisti e, nel 1999, la celebre Lettera che agli artisti rivolse Giovanni Paolo II nella consapevolezza che fosse necessario «riannodare un’alleanza feconda tra Vangelo e Arte». Nel 2009, a dieci anni da quella Lettera, e a 45 da quel primo incontro in Vaticano, su incarico di Papa Benedetto XVI mons. Ravasi, che è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha convocato nella Cappella Sistina circa 300 personalità appartenenti alle diverse arti per riprendere questo filo del dialogo. «Un percorso – scrive il Papa – che vuole riavvicinare gli artisti alla Chiesa attraverso una rinnovata riflessione sull’arte, sulla creatività degli artisti, e sul fecondo quanto problematico dialogo fra questi e la fede cristiana». Perché non inserirsi in questo dialogo e intraprendere la via della bellezza?
Nell’era digitale le immagini non sonopiù una questione di qualità della macchina. Quasi tutte le fotocamere digitali oggi sono dotate di schermi LCD che consentono di visualizzare le immagini ed eliminarle se non sono come le vogliamo. Se le foto escono con immagini di sfondo o distorsioni eccessive, è possibile utilizzare dei software sul computer e correggere tutto ciò che non va bene. Le possibilità sono infinite se conosciamo le giuste tecniche. Per creare delle immagini memorabili che dureranno nel tempo ci serve anzitutto la passione e la creatività. E non si tratta tanto di insegnare o di illustrare dei contenuti – l’immagine avrebbe solo una funzione strumentale – quanto piuttosto di favorire una dimensione di «incontro». L’immagine diventa come una porta che si affaccia sul mondo della verità dell’uomo e della sua coscienza, della fraternità con l’Altro e con gli altri. La “bella” immagine è quella che permette di dialogare con le dimensioni più profonde della vita e di aprirsi alle relazioni…
Per questo occorre un clima di rispetto e di stima reciproci, un vero rapporto d’amicizia, un profondo atteggiamento di umiltà, un desiderio di entrare in quell’orizzonte di senso. In quest’ottica non si tratta semplicemente di riprodurre iconograficamente un racconto, secondo una pedissequa coerenza narrativa. Bisogna entrare in quella storia, facendola diventare propria come se facesse parte di un’esperienza di vita personale, entrare in un’empatia, in una sintonia, perché diventi significante per me. Così quando vediamo un’immagine «sacra», riusciamo a sentire se si tratta di un artista che «recita un soggetto», come se non emergesse dalla sua esperienza di vita, elaborandolo anche molto bene, con grande minuzia e impegno, ma rimanendo a lui esteriore, oppure se è veramente «entrato nella parte», se ha vissuto quel processo di «conversione» che trasforma la vita dell’uomo, nel momento in cui si lascia toccare da una verità che lo trascende. Se quel soggetto è diventato esperienza vissuta, l’immagine assumerà pienezza di senso.
L’immagine, sia essa figurativa o astratta, non si lascia mai cogliere come un «oggetto», ma è relazione tra soggetto e oggetto, vedente e visto, come ricorda Maurice Merleau-Ponty († 1961), filosofo francese (cfr. L’oeil et l’esprit, Gallimard, Parigi 1964). L’immagine ci guarda. L’esperienza del vedere implica quella dell’essere visto. C’è sempre un «intreccio» del vedente e del visto, una prossimità. Il vedente e il visto si chiamano l’un l’altro, in un movimento di scambio e di reciprocità. Non si tratta «solo» di vedere l’immagine. C’è una co-presenza di osservatore e di osservato, un’unità profonda fra spettatore e immagine. Questa relazione esprime desiderio, reciprocità, incontro. In questo senso comprendere vuole dire «comprendersi», «vedersi», «sentire». L’alterità dell’altro, che ci guarda, ci cambia e ci trasforma.
In altre parole, l’arte si rivolge sempre a qualcuno, a una comunità civile o di fede. È sempre pensata per «qualcuno», perché sia vista da «qualcuno». C’è sempre un interlocutore, a cui si rivolge. Anzi, l’arte è chiamata a trasformare la vita dell’uomo, come diceva Rainer Maria Rilke († 1926), scrittore, poeta e drammaturgo austriaco di origine boema, in una sua poesia: «Ogni punto di questa pietra / ti vede. Devi cambiare la tua vita» (A un arcaico torso di Apollo, in Id., Sonetti a Orfeo, Feltrinelli, Milano 1991). Cambiare la vita: in questo consiste l’efficacia dell’immagine.
Tutto questo può accadere nel nostro laboratorio. Benvenuti!
Piotr Anzulewicz OFMConv
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