11° CineCircolo: cos’è?

L’11° CineCircolo è la rassegna cinematografica, con il cinedibattito, che si terrà dal 13 ottobre 2023 al 21 giugno 2024 e si snoderà tra le Serate conviviali del WikiCircolo, in successione alterna. Il Circolo, tingendole, anch’esse, per la seconda volta, dei colori tradizionalmente associati alle donne: rosa, blu e giallo, e assegnandole il motto: «Donne pioniere, generative, altruiste e coraggiose, in un mondo dispari, per immagini», intende ridare graziosità, tenerezza, bellezza, coraggio e speranza a un mondo acromatico, travolto dalle violenze e persecuzioni, oscurato dai nazionalismi ed estremismi, marcato dalle migrazioni e sfigurato dalle calamità. Lo intende fare con le 15 pellicole, ponderatamente selezionate dallo Staff e focalizzate sulle donne straordinarie, generative, altruiste, coraggiose. Per gustare maggiormente tutta la rassegna cinematografica, propone anche le 3 Serate speciali: 1. Mer 21 dic 2023 – ‹Reading› in musica, per l’8° centenario del Natale di Greccio [262]; 2. Ve 7 giu 2024 – «Giubilo del cuore, in onore del Sacro Cuore» [283]; 3. Ve 21 giu 2024 – «‹Reading› in musica, in elogio delle donne» [285].

È da ricordare che il CineCircolo, fin dall’inizio, ha la sua peculiarità: ogni Serata cinematografica, dopo la proiezione del film, catalizza l’attenzione dei suoi cinefili su un argomento di attualità, sollevato e illustrato dal regista. L’argomento viene approfondito, dibattuto e illuminato dalla Serata conviviale precedente o successiva. Tutto si svolge in un contesto che ci ha fatto capire che «tutti siamo fratelli e ‹sorelle›» (Fratelli tutti, n. 278), tutti connessi, tutti in relazione, tutti «sulla stessa barca» (ivi, 30), e il nostro esistere è un «pro-esistere», impensabile senza guardare «il volto del fratello, toccare la sua carne, sentire la sua prossimità» (ivi, 115), senza «costituirci in un “noi”» (ivi, 17), senza aver cura della «sora nostra matre Terra» (Cant, v. 9: FF 263), che, «oppressa e devastata (…), “geme e soffre le doglie del parto” (Rm 8,22)» (Laudato si’, n. 2).

Il motto o, meglio, il filo conduttore dell’11ª edizione del CineCircolo, si ispira agli stessi documenti del 11° WikiCircolo (vedi il dépliant). Ambedue le edizioni, inserendosi appieno nell’8° centenario sanfrancescano, celebrato nel triennio 2023-2026, e nella fase universale del cammino sinodale, articolata nelle due sessioni della 16ª assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi in Vaticano (ottobre 2023 e ottobre 2024), si illumineranno a vicenda: veicoleranno, integreranno e approfondiranno lo stesso argomento, e saranno in ideale sintonia con lo spirito del Circolo: «diffondere la cultura e prendersi cura dell’altro, all’insegna del dialogo, dell’accoglienza, della fraternità e sororità». Ogni venerdì racconteranno e proietteranno figure femminili positive e propositive. In tal modo potranno generare speranza, coraggio e bellezza, tenendo vivo l’orizzonte sognato da frate Francesco, nel suo Cantico di frate Sole, e da papa Francesco, nella sua enciclica Fratelli tutti.

Le emergenze planetarie, che stiamo vivendo, ci offrono opportunità straordinarie. Le donne dell’attuale edizione, capaci di stare in prima linea in contesti di guerra, fame, povertà, tratta, in ogni periferia esistenziale, sfidando schemi e preconcetti, ci aiuteranno, indubbiamente, con il loro «genio» e l’ingegno femminile, a ridisegnare i nostri confini, allargare i nostri orizzonti, scoprire e scegliere anche inedite rotte di senso e nuovi approcci alla vita. Il loro contributo è stato sempre impareggiabile per l’avvenire della società. È tempo che tutte «si sentano non ospiti, ma pienamente partecipi» di vari settori della vita sociale ed ecclesiale, svegliando anche in noi uomini il «cervello materno» (cfr. Evangelii gaudium, 46). Il «cervello materno» reagisce creativamente davanti alle emergenze, moltiplica la propria forza, sa rischiare e decentrarsi: passare dall’essere per sé all’essere per l’altro.

Piotr Anzulewicz OFMConv




Al via l’11° Wiki- e CineCircolo

È ora di rimettersi in moto. Il Circolo è pronto per voi, Amici, e non vede l’ora di poter accogliervi ogni venerdì, dalle ore 19.30 alle 21.00, per farvi gustare l’11ª edizione del Wiki– e CineCircolo con il focus, come l’edizione precedente, sulle donne, ‘sorelle tutte’, fari e luci nella società, soprattutto nei momenti difficili. «Donne pioniere, generative, altruiste e coraggiose, in un mondo dispari/per immagini»: questo è, infatti, il filo rosso sul quale si misureranno le 16 Serate conviviali con «aperitivo» del WkiCircolo e le 15 Serate cinematografiche con «cocktail» del CineCircolo, in programma dal 6 ottobre 2023 al 21 giugno 2024, ma anche su cui si svilupperanno approfondimenti, interventi, testimonianze. Ad impreziosirle, ci saranno le 3 Serate speciali: 1. Mer 21 dic 2023 – ‹Reading› in musica, per l’8° centenario del Natale di Greccio [262]; 2. Ve 7 giu 2024 – «Giubilo del cuore, in onore del Sacro Cuore» [283]; 3. Ve 21 giu 2024 – «‹Reading› in musica, in elogio delle donne» [285].

Tutte le 34 Serate si inseriranno appieno nell’8° centenario sanfrancescano celebrato nel triennio 2023-2026 per riportarci alla memoria i passaggi salienti della vita di frate Francesco d’Assisi (1223: l’approvazione della Regola bollata e il Natale di Greccio; 1224: l’impressione delle stimmate a La Verna; 1225: la stesura del Cantico delle creature ; 1226: il ‘transito’), ma anche nella fase universale del cammino sinodale dal titolo: «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione», articolata nelle due sessioni della 16ª assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi in Vaticano (ottobre 2023 e ottobre 2024). Sarà questo un surplus che darà tocco speciale a questa nuova edizione: coraggio e speranza. Il Circolo continuerà così a dar spazio alle voci delle donne coraggiose, pioniere e generative, al fine di ispirare la speranza del futuro, quella che «riempie il cuore ed eleva lo spirito verso la verità, la bontà e la bellezza, la giustizia e l’amore» (Fratelli tutti, n. 55), rende visibili donne invisibili e apre alla parità tra femmine e maschi rispetto ai loro diritti, trattamento, responsabilità ed opportunità in tutti i settori della società civile e religiosa. Il tema della parità di genere è quanto mai attuale e di trattazione non più rimandabile. I dati sul mondo femminile sono sconfortanti: ci parlano di una condizione lavorativa, salariale, istruttiva, culturale, caratterizzata da una segregazione non soltanto verticale, il famoso ‘soffitto di cristallo’, ma anche di tipo orizzontale. Tradotto: le donne sono concentrate per lo più in alcuni settori della produzione, servizi e ciò che attiene alla cura che sono poi quei settori in cui circola meno denaro. L’idea di questa edizione è anche stimolare un dialogo e agire in contrasto agli stereotipi e pregiudizi, comprendendo che ciascuno deve fare la propria parte, uomini compresi. Le donne tuttavia hanno nelle loro mani l’arma più grande: sono donne. Già provano un ‘sussulto di gioia’, sentendo che possono votare al Sinodo della Chiesa che cambia e che le dà visibilità anche nei ruoli apicali.

Nei due dépliant dell’attuale edizione, che si illuminano a vicenda: veicolano, catalizzano, integrano e approfondiscono per lo più l’argomento della Serata precedente o successiva, compaiono donne che hanno fatto la storia del mondo o la stanno facendo con il coraggio del quotidiano e la speranza del nuovo, donne straordinarie, ideatrici eccezionali, protagoniste meravigliose, muse stupende. C’è ne sono comunque tante, tantissime, anche anticonvenzionali, irregolari, ‘trasgressive’, dissidenti, ‘invisibili’, per tutti i gusti e le categorie, da riscoprire e celebrare nel buio dei tempi. L’équipe dell’edizione aveva l’imbarazzo di scelta su queste «artefici della tenerezza che libera il mondo dalle orrende guerre», dai dolorosi ‹calvari› e dalle diffuse paure, e lo fa egualitario, inclusivo e fraterno.

Ad animare le Serate ci saranno Marialuisa, Lucia, Tonia, Maria Rita, Luigi e Piotr, ma anche gli altri «habitué», amici e fan del Circolo, vicini o lontani. Il loro reale e fattivo coinvolgimento potrà rendere le Serate ancora più belle, dinamiche, interattive, stimolanti ed emozionanti. Il format delle Serate continuerà ad essere innovativo e ospiterà interventi, dialoghi, interviste e intermezzi musicali virtuali, digitali, da remoto, e reali, fisici, in presenza. Tutti sono quindi invitati a inviare entusiasticamente alla Segreteria un disegno, una poesia, una canzone o un video sulla specifica figura femminile, da condividere nel corso della rispettiva Serata, a partire da quella del WikiCircolo dedicata a sr Marcella Catozza (6.10.2023), «donna francescana, in missione, con il cuore, per gli orfani», e quella del CineCircolo focalizzata su sr Francesca Saverio Cabrini (13.10.2023), missionaria ed educatrice, «patrona degli emigrati». A coronare tutte le Serate, ci sarà un momento di convivialità, con cocktail o aperitivo, tra pizze e gâteaux…

Inserendosi nelle celebrazioni degli 800 anni della Pasqua di frate Francesco e nel solco del Sinodo sulla comunione, partecipazione e missione, il Wiki- e CineCircolo, nella preparazione dei programmi delle Serate, avrà come fonti di ispirazioni, di suggerimenti e di orientamenti, oltre gli «Scritti di s. Francesco d’Assisi», i seguenti documenti dell’autorità didattica della Chiesa: 1. Lettera apostolica «Mulieris dignitatem» sulla dignità e vocazione della donna (15.08.1988) e «Lettera alle donne» di Giovanni Paolo II (29.06.1995); 2. Esortazione apostolica «Evangelii gaudium» sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale (24.11.2013) ed Enciclica «Fratelli tutti» sulla fraternità universale e l’amicizia sociale di Francesco (3.10.2020); 3. «Sintesi nazionale della fase diocesana» del Sinodo 2021-2023 «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione» della CEI (15.08.2022) e «Instrumentum laboris» per la prima sessione della 16ª assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi in Vaticano (4-24.10.2023).

L’impegno di tutti sarà però determinante. Se riusciremo a sentirci attivi, a costituirci in un noi’ generativo, a coinvolgere sempre di più gli attori delle nostre comunità religiose e civili, ad essere compagni e discepoli, donne e uomini di coraggio e di speranza, riusciremo ad offrire a tutti una fraternità educante rigenerata e nuovamente generativa, in cui ciascuno avrà l’opportunità di essere riconosciuto per la propria dignità e peculiarità. La crisi epocale, che stiamo vivendo, ci offre straordinarie opportunità per ridisegnare, grazie al «genio» e all’ingegno femminile, i nostri confini ed allargare i nostri orizzonti. Le donne dell’attuale edizione ci aiuteranno a scoprire e scegliere anche inedite rotte di senso e nuovi approcci alla vita, in una società amebica, liquida, orfana di certezze assolute, dimentica di aspetti solidi e sodi.

Davanti a noi, Amici, un susseguirsi di atmosfere – speriamo – suggestive e trainanti, per la qualità di tematiche, e sostenute e apprezzate – ci auguriamo – con entusiasmo da molti, tanto più che al nostro fianco ci sarà un corifeo e tutore speciale: p. Rocco Predoti, parroco del «Sacro Cuore».

Lo Staff del Cine– e Wiki-Circolo si riunirà intanto ogni mercoledì, alle ore 19, per riuscire a preparare e pubblicare – in anticipo, sul sito web e sulla pagina social – i programmi dettagliati, unitamente ai poster, e regalare a tutti le Serate cinematografiche e conviviali vivaci, godibili ed imperdibili.  «La donna è l’armonia, la poesia, la bellezza» (Papa Francesco). A lei «è affidata la vita» e a lei «spetta salvare la pace del mondo» (Paolo VI). Immischiamoci allora con lei e mettiamoci in mezzo e in rete.

Piotr Anzulewicz OFMConv




L’immensità della donna che ci ha generato

È stata ricca di reminiscenze, di incantesimi e, a tratti, di lacrime l’ultima Serata cinematografica [248ª] con la proiezione del trailer «L’immensità», in omaggio alla donna che ci ha generato, la 16ª Serata della 10ª edizione del CineCircolo dal «file rouge»: «Donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›, per immagini», svoltasi venerdì 9 giugno 2023 al lato destro della chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido. Nostalgica, magica, struggente.

È iniziata con un ritardo di 40 minuti, causa la prolissa ‘predica’ e la florida Tredicina celebrata nel tempio. Rassegnata, ha preso corpo, come «input», con la canzone «Mama», estratta da Spice, album d’esordio delle affascinanti Spice Girls, che appena pubblicato, nel 1997, conquistò le classifiche e raggiunse il primo posto in Inghilterra, ma anche in Asia, dove, complice il periodo di uscita, furono in molti a sceglierlo come colonna sonora per la festa della mamma. La clip aveva come protagoniste proprio le cinque ragazze britanniche, poco più che adolescenti, che durante la canzone tengono in mano le foto delle loro madri e si rivolgono a un pubblico composto da madri e figli: «Mama, I love you». Melodia avvolgente, testo semplice fino all’ingenuità, vocalità serafica della «girl band», formatasi nel 1994 a Londra, ha segnato l’immaginario collettivo e ha formato dei presenti nel Salone di S. Elisabetta d’Ungheria un tutto organico.

È stato questo il «kairos», il momento giusto, al termine dell’11ª edizione del CineCircolo dedicata alle figure femminili straordinarie, per tuffarsi insieme, allacciati, connessi, uniti, nella relazione più importante della nostra vita, sentirne l’assoluto di un legame fondativo, riviverlo senza filtri, dai liti ai baci, dai pianti alle gioie, dai disastri ai successi, dalle disfatte alle vittorie. Un legame che evoca il viaggio, il percorso, l’itinerario della crescita, per raggiungere le ‘medaglie d’oro’, da bambini e bambine a uomini e donne. Crescendo con l’immensità della donna che faceva bella la nostra vita, abbiamo potuto smussare gli angoli duri del nostro carattere e apprezzare la relazione con le altre persone e con il mondo. Lei ci ha sempre accompagnato, amorevolmente, faticosamente e a volte dolorosamente, ma ne è valsa la pena.

La Serata, trasmessa dal fonico Ghenadi Cimino in diretta «streaming» sulla pagina social del Circolo, come del resto tutte le altre, ha seguito quindi la scaletta strutturata dallo Staff secondo una sequenza lineare. Dopo il saluto iniziale e l’introduzione del presidente Luigi Cimino, vi è stato un veloce sguardo sulla galleria delle foto della Serata precedente con la pellicola «Anna dei miracoli» di Arthur Penn [246], seguito dalla lettura della sinossi de «L’immensità» da parte della sottosegretaria Lucia Scarpetta e l’illustrazione del profilo del regista Emanuele Crialese da parte dell’arch. Giorgio Martelli.

La relazione con la madre è la tensione costante che fa vibrare la pellicola intera, presentata il 4 settembre 2022 in concorso alla 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (Festival di Venezia). È un viaggio autobiografico di formazione del regista e sceneggiatore romano-siciliano. Un omaggio alla sua infanzia, ma soprattutto alla donna che lo ha creato. «La donna per me – disse in una intervista – è la parte migliore dell’uomo che sono. Non è rinnegata, è viva dentro di me, l’oggetto dei miei desideri che ascolto più volentieri. È un campo di battaglia, il corpo della donna. Dà la vita, allatta, sa rinunciare e sacrificarsi. È altro, è di più. […] Io sono figlio del mio tempo, immaginate una donna senza libertà, che deve affrontare una questione come un figlio che non si sente rappresentato dal suo genere. Io mi nascondevo, e lei insieme a me. Mi è stata vicino, ha vissuto con me l’immensità. Un amore come quello materno è una benedizione, una grazia. Non è paragonabile a nient’altro». «L’immensità» racconta quindi cosa succede quando non abbiamo un limite e cosa ci facciamo della libertà quando non abbiamo dei legami. «Senza argini, un obiettivo da raggiungere di volta in volta, il corpo si disperde. Non siamo nati per vivere nell’immensità, siamo mortali».

Dopo la proiezione del trailer, dacché la pellicola intera non era ancora reperibile, lo Staff ha offerto un cinedibattito traboccante di curiosità, empatia e commozione, con il focus, appunto, sulla donna più cara, preziosa e splendida nella nostra vita. Riporto qui la scaletta di questo cinedibattito:

6.1. Lirica napoletana «Mamma» (2:14′. Music video «Per te, mamma, Dio ti ha tra sue braccia» di Lara Fabian (4:16′); 6.4. «Cos’è la famiglia» di StudentiTv (4.08′); 6.5. Papa Francesco: «Per le famiglie» (1:49′); 6.5. Lettera vera di una madre ad un figlio: «Chissà se ti ricorderai…» (2:34′); 6.6. Una storia struggente: «L’occhio di una madre…» (9:58′); 6.7. Condivisione: Tonia Speranza / Tina Quattromani / Marialuisa Mauro… (12:00′); 6.8. Music video «‘A mamma è sempe ‘a mamma» di Gianni Fiorellino (4:15′); 6.9. «Lettera di una madre a un figlio…» (3:55′); 6.10. Music video «Viva la mamma» di Edoardo Bennato (3:29′); 6.11. «Quando perderai tua madre...» (3:57′); 6.12. «Dedicato a mia madre» (2:38′); 6.13. Music video «Madre, io vorrei» del Coro Sommariva Perno (3:52′)

Ad aprirlo, la struggente poesia di un autore anonimo dal titolo evocativo: «Mamma», la poesia resa ancora più folgorante dalle immagini che illustravano quel legame viscerale, unico e totalizzante che lega una madre al suo figlio, come un invisibile cordone ombelicale che non si spezza mai e non conosce morte. Le parole: «Chi l’ha fatto era grande», risuonavano come il più tenero degli abbracci, come il gesto d’amore più assoluto. Esse esprimono, infatti, la forza inossidabile di un legame capace di andare oltre la vita e ben oltre la morte.

A concluderlo, il video music «Madre, io vorrei», dedicato a Maria, Madre di tutte le madri e di tutti i padri. Inteneriscono ancora il cuore di molti le parole, che accompagnavano le immagini di questo filmato, anch’esse pregne di gioia e dolore: «Io vorrei tanto parlare con te di quel Figlio che amavi / Io vorrei tanto ascoltare da te quello che pensavi / Quando hai udito che tu non saresti più stata tua / E questo Figlio che non aspettavi non era per te / Ave Maria […] Io vorrei tanto sapere da te se quand’era bambino / Tu gli hai spiegato che cosa sarebbe successo di Lui / E quante volte anche tu di nascosto piangevi, Madre / Quando sentivi che presto l’avrebbero ucciso per noi / Ave Maria […] Io ti ringrazio per questo silenzio che resta tra noi / Io benedico il coraggio di vivere sola con Lui / Ora capisco che fin da quei giorni pensavi a noi / Per ogni figlio dell’uomo che muore ti prego così».

È stato spontaneo – guardando la clip e ascoltando il testo di mons. Pierangelo Sequeri, teologo, musicologo e compositore milanese, già preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II – immaginare la propria morte e affidarsi a questa Madre con lo stesso abbandono della prima infanzia, di quando si vedeva nella propria madre il ‘riflesso di Dio’. Saranno i suoi occhi ad accoglierci in morte come in vita, quegli stessi occhi che per primi avevano salutato il suo Figlio, nel suo venire al mondo? Sarà lei a darci la mano e condurci davanti a Dio come quando Lui era bambino? Sarà lei in ginocchio, ferma e decisa, davanti a Lui, come Lui la vedeva quando pregava in vita? Avrà lei il desiderio di guardarci di nuovo in viso e riconoscerci quando il suo Figlio ci avrà perdonato dalle nostre colpe? Il suo riconoscimento ci dirà la fine e l’inizio di vita nuova, sempiterna, perenne, in pienezza, in Lui? La parola fine non ci lascia disorientati, perché Lo rivedremo vivo, risorto nella luce del sole; meglio, Egli è già qui, nei volti di quanti, usciti da questa Serata ne restano affascinati. Inutile cercarlo dentro alla fiction di una pellicola che è sempre e solo strumento: Egli è vivo nel loro stesso volto.

Altri flashback e interventi hanno tessuto il trama della Serata. Segnalo, in particolare, all’attenzione dei lettori il video «L’occhio di una madre…». È un filmato che racconta una storia bellissima, tra madre e figlio, vibrante e struggente, fino alle lacrime.

Di commovente bellezza sono stati gli interventi del trio femminile: Tonia Speranza, Marialuisa Mauro (il suo testo ha letto, con gioia, Franca Colacino) e Tina Quattromani. La prima, Tonia, ha fatto un salto all’indietro e ha rievocato la sua infanzia e l’adolescenza accanto alla sua tenerissima madre, condividendo alcuni intensi episodi che le tornano alla mente in un lampo. La seconda, Marialuisa, ha colto nella pellicola di Crialese tutta la pregnanza e significatività della propria storia di madre adottiva. «La madre del film – notò – la trovo moderna nel senso che lei capisce le necessità della figlia, la rispetta, la nutre, le dà coraggio. […] Il suo amore è grande come l’immensità. E questa immensità è piena di musica e di silenzio, di detto e di non detto, di promesse mantenute e infrante, di comprensione e rifiuto, di fantasia e realtà, di gioia e infelicità». La terza, Tina, ha fornito una preziosa e incisiva riflessione su come essere madri. «Essere madri – asserì – è un’esperienza così totalizzane da far perdere i limiti della propria individualità, un’esperienza che di colpo proietta in un mondo di amore sconfinato e incondizionato. […] Il senso di maternità è insito in ogni donna che per natura riesce ad essere empatica, contentiva, scrupolosa, amorevole, anche quando non è madre di una propria prole. La nascita di un figlio amplifica tali doti, rendendola ancora più raffinata sul piano della dedizione, della cura, dell’amore totale, incommensurabile, incondizionato, denso di gioie, ma anche di preoccupazioni, sacrifici e talvolta di sofferenze. Un amore però da saper dosare…».

L’ultima Serata cinematografica si è conclusa, implacabilmente, con il brano «Mother love» dei Queen, inciso da Freddie Mercury, in omaggio alle madri in Ucraina. Stanco e stremato dalla malattia, l’ex frontman dei Queen invoca la madre, l’unica a cui sente il bisogno di aggrapparsi e da cui desidera disperatamente ottenere amore e pace: «Mamma ti prego fammi tornare dentro / io non voglio fare onde /Ma tu mi puoi dare tutto l’amore che bramo / Io non posso sopportare che tu mi veda piangere / Desidero la pace prima di morire / Tutto quello che voglio è sapere che sei lì / Tu mi darai tutto il tuo dolce amore materno, ah-ah (amore materno) / Il mio corpo è stanco, ma non posso dormire / I miei sogni sono la sola compagnia che ho / Ho un tale sentimento mentre il sole cala / Sto tornando a casa dal mio dolce amore materno».

Oplà, la Serata è terminata, come al solito, con la foto di gruppo e il «cocktail».

Piotr Anzulewicz OFMConv

Foto: Antonella Vitale e Ghenadi Cimino


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Spinti ad un volo, oltre i confini…

La chiave della 12ª Serata cinematografica, con la proiezione del film «Tre colori – Film blu» (tit. orig. «Trois couleurs: Bleu») di Krzysztof Kieślowski e con il cinedibattito «Donna che ritorna alla vita, consapevole che la vera libertà è la libertà di amare», ideata nell’ambito della 10ª edizione del CineCircolo dal «file rouge»: «Donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›, per immagini», svoltasi il 31 marzo 2023, è tutta nello stupore. A stupire, già prima della sua apertura, notevolmente ritardata, a causa di una funzione in corso nella chiesa antistante, la presenza di p. Rocco Predoti, superiore del convento «Sacro Cuore», nel Salone di S. Elisabetta d’Ungheria e il suo stupefacente discorso, rivolto al Circolo nel suo insieme, nel momento in cui un suo coordinatore era intenzionato a dichiarare conclusa la sua parabola, con tutti gli ‘onori’, o sospesa, in attesa dei tempi migliori. Ed ecco che il Circolo, grazie alle splendide parole di p. Rocco, spicca, letteralmente, un altro volo, oltre i confini della Parrocchia catanzarese, rappresentando e divulgando con gioia gli ideali umanistici, cristici, evangelici, sanfrancescani. È ideato per il sogno ed amato da grandi sognatori, liberi dalle logiche di questo mondo, abbagliati dalla luce del Vangelo, ‘armati’ di coraggio e determinati a irradiare la pace, la fratellanza universale, l’amicizia sociale….

Adesso sa che non è orfano al «Sacro Cuore», ma è addirittura «nel cuore del convento “Sacro Cuore”», come affermò p. Rocco, ed è «il dono dei francescani alla Parrocchia, consegnato in occasione della chiusura del suo giubileo d’oro, e alla collettività civile», come scrisse il Vescovo sulla pergamena di benedizione.  

Con rinato coraggio quindi continuerà a bandire le sue consolidate Serate, in evoluzione e perfezionamento continuo, ‘contaminate’ da intermezzi musicali, interventi degli ospiti speciali, video in streaming, e il suo Laboratorio musicale, rivolto anch’esso a tutti, ma in particolare ai coristi, e diretto altruisticamente, splendidamente e gratuitamente, senza compenso, dal m° Luigi Cimino. Sarà lui, in veste di presidente, e Ghenadi Cimino, in quanto operatore audiovisivo, a curarne l’armonia programmatica e la qualità tecnica. Il sottoscritto veglierà sulla tematica e la fedeltà al progetto originario. La segretaria e la sottosegretaria, Lucia Scarpetta e Iolanda De Luca, provvederanno al resto. Lo Staff del Circolo crescerà e si sentirà sempre di più un ‘noi’ generativo, coinvolgendo donne e uomini di bellezza e di speranza e sfidando le leggi di gravità. Il Circolo un po’ cervellotico, elaborato, raffinato, ma creativo, ricco di ingredienti, a portata di tutti. La sua forza è e rimarrà la semplicità, avvertibile in un Oh!

Finalmente, dopo quasi un’ora di attesa, il Salone si è popolato e la Serata poteva ridestare lo stupore, la gioia, la gratitudine. Ecco allora il «clou» del cinedibattito, una vertiginosa sequenza a ritmo travolgente, con musiche, interventi, letture e video.

6.1. Marialuisa Mauro: «Film blu e donne che ritornano alla vita, consapevoli che la vera libertà è la libertà di amare» (5:00′); 6.2. Lettura di alcuni brani sulla libertà e l’amore: Sofocle, Rabindranath Tagore, Martin Luther King, don Tonino Bello, Leo Buscaglia, Fabio Volo, Papa Francesco…, a cura di Marialuisa Mauro [Leggono: Gabriela Sestito e Maria Rita Talarico di Cropani] (5:00′); 6.3. Videoclip «After the storm» dei Mumford and Sons (5:19′); 6.4. Valentina Carraro /TEDxPiacenza: «ll lutto come fonte di vita» (00:00′-12:39′); 6.5. «Il treno della vita» (2:25′); 6.6. «Requiem aeternam – Gegorian chant for the poor souls» del coro di musica sacra Harpa Dei (5:10′)]

Le foto qui sotto, scattate da Antonella Vitale e Ghenadi Cimino, dicono tutto. Ad maiora, per aspera ad astra!

Auguri quindi a tutti costruttori della Pasqua del mondo, habitués e fan del Circolo!

La Pasqua di Cristo non s’inerpica sui tornanti del Golgota, ma indica lo svincolo che porta ai piedi dei condannati, inermi, emarginati, afflitti, rifugiati e scartati…, e sospinge a schiodare tutti coloro che sono appesi sulla croce, a «sciogliere le catene inique, a togliere i legami del giogo, a rimandare liberi gli oppressi» (Is 58,6).

Piotr Anzulewicz OFMConv


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Buon 8 marzo a tutte!

Il Circolo Culturale San Francesco, con le sue due attuali edizioni dal filo rosso: «Donne, sorelle tutte, che ‘fanno bello il mondo’», dedica il primo pensiero dell’8 marzo alle donne che, scappando da una realtà di oppressione e di violenza, si sono imbarcate con i loro bambini su un peschereccio e hanno trovato la morte davanti alle coste calabresi di Steccato di Cutro; alle donne afghane celate sotto il burka e senza più diritti; alle donne iraniane che continuano tenacemente la rivolta e il cui slogan «#Donne #vita #libertà» rimbalza nelle manifestazioni di solidarietà delle principali capitali europee; alle donne ‘dimenticate’, ‘invisibili’ ed emarginate, costrette a matrimoni precoci e a mutilazioni genitali o condannate ad una vita di soprusi, senza la possibilità di studiare o di compiere le azioni quotidiane ‘normali’; alle donne vittime dei reati di tratta e di riduzione in schiavitù; alle volontarie ed operatrici delle organizzazioni umanitarie, impegnate in prima linea nel dare aiuto nelle zone del mondo devastate dalle guerre e dai disastri naturali; alle religiose e consacrate laiche, coraggiose e forti, attive nella pastorale, nell’accompagnamento spirituale, nel sociale e nei settori dell’educazione e della sanità, con istituzioni mediche ed ospedaliere, coinvolte nel lavoro con i carcerati e i rifugiati, nella lotta per i diritti umani e la responsabilità per il creato.

Il Circolo rivolge un omaggio speciale alle donne ucraine che, sopraffatte dagli orrori della guerra di aggressione che macchia di sangue la loro terra e costrette a fermarsi alla ‘Passione’, anticipano l’alba del ‘terzo giorno’, privandosi di ogni cosa per difendere e proteggere la vita dei bambini. A guidare le loro vite, anche nella sofferenza, è sempre l’amore!

Una gratitudine particolare indirizza alle giornaliste che mettono a repentaglio la loro vita per garantire l’informazione, permettendo a tutti di essere vicini al dramma del popolo che soffre…

Un augurio vivissimo porge infine al «genio» femminile delle Serate conviviali e cinematografiche e del Laboratorio musicale.

L’8 marzo non si esaurisce nella giornata del calendario, ma si snoda lungo l’intera 10ª edizione del Wiki- e CineCircolo, che si è avviata rispettivamente il 7 e il 14 ottobre 2022 e si concluderà il 23 giugno 2023 con la Serata straordinaria dal titolo: «Giubilo del cuore in omaggio a tutte le donne» [250].

L’8 marzo sia comunque un potente faro di luce affinché l’attenzione sul «genio femminile» non venga mai meno, perché il loro destino è anche il nostro.

(pa)




Un grido di pace e un tributo di riconoscenza

Una Serata deliziosa e preziosa, a ventiquattro carati, quella cinematografica, con la proiezione del film «Gli alberi della pace» («Trees of Peace»), la 228ª di seguito. Avvolti ancora dall’aura sacro-profana dell’Epifania, il 6 gennaio 2023, in tanti, stupendamente, si sono presentati all’evento, per dar risalto al grido di pace delle donne in Ucraina e nel mondo e unirsi al coro di infiniti grazie a Benedetto XVI, sepolto il 5 gennaio nelle Grotte vaticane, nello stesso luogo del suo predecessore, Giovanni Paolo II.

La canzone «Beautiful that way» («La vita è bella») di Achinoam Nini (Noa per tutti), la stella della «world music» e l’«artista per la pace» (Assisi), dal fortissimo impegno sociale e umanitario, aprendo la Serata, ha messo in moto l’immaginazione e i suoi poteri creativi che chiunque ti passi accanto sul marciapiede possa essere un messaggero di pace. La sua voce, che mescola jazz, rock americano e suggestioni mediorientali ed emana il calore di un abbraccio pieno di simpatia, ha toccato i cuori dei presenti nel Salone di S. Elisabetta d’Ungheria presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido, aiutando ad annullare le loro inquietudini e cogliere la più bella ricchezza del mondo: l’amore. Ascoltando questo stupendo brano della colonna sonora del film di Roberto Benigni «La vita è bella», si aveva la prova che canzoni come questa, interpretate da una voce così limpida, sono realmente un dono. E un dono è anche lo «shalôm» (pace) che Noa rivolge a tutti. Un saluto e un augurio che esclude l’odio e il pregiudizio e comunica un’idea della vita.

Sorridi senza una ragione / Ama come se fossi un bambino / Sorridi, non importa cosa dicono / Non ascoltare una parola di quello che dicono / perché la vita è bella così.

Lacrime, un’ondata di lacrime / Luce che lentamente scompare / Aspetta prima di chiudere le tende / C’è ancora un altro gioco da giocare /e la vita è bella così.

Di…didididi…

Qui nei suoi occhi eterni / sarò sempre vicina quanto te / Ricorda com’era prima / ora che sei là fuori con te stesso / Ricorda cos’è vero / e quel che sogniamo è solo amore.

Conserva la risata nei tuoi occhi / Presto ti verrà dato il premio che hai tanto atteso / Dimenticheremo i nostri dolori / e penseremo ad un giorno più allegro / perché la vita è bella così.

Di…didididi….

Dimenticheremo i nostri dolori / e penseremo ad un giorno più allegro / perché la vita è bella così / C’è ancora un altro gioco da giocare / e la vita è bella così.

Noa, donna piccola ed esile, con una grazia innocente e felina e un sorriso che è pieno di vita, diede quindi corso alla Serata che avvinse il pubblico. Dopo un veloce sguardo retrospettivo, sulla Serata precedente, la 5ª cinematografica, che si è svolta venerdì 9 dicembre 2022, con la proiezione della pellicola «Tutta la vita davanti» di Paolo Virzì e il cinedibattito «Donna che sogna un mondo migliore per sé e per la bambina cui fa da ‹baby-sitter›» – la Serata accolta con fervore, come vitale ed attuale – la sottosegretaria Lucia Scarpetta ha presentato affabilmente la sinossi del film «Gli alberi della pace» di Alanna Brown e ha annunciato il tema del cinedibattito: «Guerra attraverso gli occhi delle donne che si fanno forza a vicenda, diventando vere sorelle».

Il solerte Ghenadi Cimino, a cui è affidata la direzione cinematografica, da tempo suonava l’allarme che la pellicola è freschissima, uscita appena il 10 giugno scorso e quindi è disponibile soltanto su Netflix, uno dei servizi di streaming. Il Circolo non è, purtroppo, iscritto a questo servizio, a causa del suo budget in rosso. Lo Staff, selezionando questo film, ne era consapevole, ma ugualmente lo inserì nella rassegna, con l’intento di proiettarlo, seppure il suo «trailer», nel primo venerdì dopo la 56ª Giornata Mondiale per la Pace sul tema: «Nessuno può salvarsi da solo. Ripartire dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace», e in tal modo rafforzare il grido di pace delle donne che combattono e resistono, al buio e al gelo, tra minacce e sofferenze, distruzione e morte. E così fu…

«E’ ora – ci ha sollecitato Papa Francesco nel suo Messaggio, pubblicato l’8 dicembre 2022, per la celebrazione di questa Giornata – di prendere un tempo per interrogarci, imparare, crescere e lasciarci trasformare, come singoli e come comunità; un tempo privilegiato per […] rimettere al centro la parola “insieme”. Infatti, è insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi. […] Solo la pace che nasce dall’amore fraterno e disinteressato può aiutarci a superare le crisi personali, sociali e mondiali», tra cui quella terribile sciagura che si è abbattuta sull’umanità: la guerra in Ucraina, guidata da scelte umane colpevoli, che «miete vittime innocenti e diffonde incertezza, non solo per chi ne viene direttamente colpito, ma in modo diffuso e indiscriminato per tutti, anche per quanti, a migliaia di chilometri di distanza, ne soffrono gli effetti collaterali – basti solo pensare ai problemi del grano e ai prezzi del carburante».

Cosa, dunque, ci è chiesto di fare? Anzitutto, di lasciarci cambiare il cuore e pensarci alla luce del bene comune, come un “noi”, aperto alla fraternità universale. Non possiamo perseguire solo la protezione di noi stessi, perché tutte le crisi sono interconnesse. Siamo quindi chiamati a promuovere insieme azioni di pace, per mettere fine ai conflitti e alle guerre che continuano a generare vittime e povertà, a «combattere il virus delle disuguaglianze e a garantire il cibo e un lavoro dignitoso per tutti, sostenendo quanti non hanno neppure un salario minimo e sono in grande difficoltà». Ci ferisce lo scandalo dei popoli affamati. Abbiamo bisogno di sviluppare l’accoglienza e l’integrazione, in particolare nei confronti dei rifugiati, migranti e scartati nelle nostre società. Solo spendendoci in queste situazioni, con un desiderio altruista, ispirato all’amore infinito e sconfinato, potremo contribuire a edificare il mondo di amore, libertà, giustizia e pace.

«Gli alberi della pace» è un film di guerra, ma la guerra non viene mostrata quasi mai direttamente. Lo spettatore la vede attraverso gli occhi e le paure delle quattro protagoniste, travolte dal conflitto, ognuna con la propria storia e la propria sofferenza. Annicke, Jeanette, Akimana e Peyton non si conoscono affatto, ma, nonostante le difficoltà e alcuni momenti di astio, si fanno forza a vicenda diventando vere sorelle. A unirle, la condivisione del dolore. Lo scantinato, in cui sono costrette ad agire, è il luogo che consente loro di salvarsi da una morte certa, ma diventa anche il campo in cui proiettare incubi e sogni, come le lettere che Akimana scrive a suo figlio, unico motivo per lottare e continuare a vivere: «Tu sarai la mia gioia più grande. Ti scrivo perché così conoscerai la verità che non sempre può essere svelata». Lo scantinato, da luogo freddo e squallido, diventa colorato e accogliente.

È la solidarietà femminile uno dei temi portanti del film. Le quattro donne sono portatrici di caratteri globali e al contempo intimi del Paese. Il conflitto militare acquisisce così una concretezza palpabile, tattile e reale, che travolge ogni aspetto della società. Sono, appunto, le donne a pagare il prezzo più alto di una guerra tra due etnie vissute in pace per secoli, fino a quel momento: molte di loro furono anche stuprate, prima di essere trucidate senza pietà. Come indicano le didascalie, che scorrono sulle ultime immagini del film, le donne sopravvissute guidano un movimento politico «Guarigione e Perdono». Grazie al loro impegno i responsabili dei crimini di guerra vengono consegnati alla giustizia e il Paese ritrova la riconciliazione. Il film si pone dunque come un inno alla resistenza delle donne contro l’assurdità della guerra. La loro lotta è uno strumento fondamentale per conquistare la luce, la libertà e la pace, attraverso il nuovo seme della vita.

È stato gratificante per tutti partecipare al cinedibattito. Il suo filo rosso, unitamente all’omaggio a Benedetto XVI, era suggestivamente visibile e leggibile. Ecco le sue sequenze:

4.1. Condivisione sul tema («Guerra attraverso gli occhi delle donne che si fanno forza a vicenda diventando sorelle»), a partire dalla trama del film (10:00′); 4.2. «La guerra vista dalle donne»: testimonianza di tre note giornaliste (1:48′); 4.3. «Bellezze in divisa» (1:30′); 4.4. «La ragazza con il cannone e le donne soldato di Kiev» (1:02′); 4.5. «Due soldatesse al fronte cantano ‘Bella Ciao’, versione Ucraina» (1:32′); 4.6Kordon» di Alice Tomassini (1:39′); 4.7. «Prayer of the Mothers» di Yael Deckelbaum (5:20′); 4.8. «Benedetto XVI: le parole che hanno scandito un pontificato» (5:18′); 4.9. «La vera vite» di Marco Frisina, in omaggio a Benedetto XVI (3:02′)

Un cinedibattito dinamico, interattivo, virtuale e reale, in linea con il format della 10ª edizione del Cine– e WikiCircolo, un format che è sempre creativo, illuminante e trainante, che non conosce momenti di opacità, che non perde in vivacità ed acutezza, che offre quel gusto della varietà che innesca la contemplazione di quanto le donne, ‘sorelle tutte’, sono tanto singolari quanto meravigliose, attraenti e coraggiose. Le donne che per scelta combattono una guerra a rovescio, sobbarcandosi il peso di portare vita, libertà e pace laddove la follia produce morte, schiavitù e violenza.

A concludere la Serata, il M° Luigi Cimino, presidente del Circolo, che ha ringraziato fervorosamente coloro che dedicano il loro tempo a preparare ogni incontro e ha invitato coloro che sono rimasti nel Salone, incantati e affascinati, alla foto di gruppo, all’«aperitivo» e al prossimo appuntamento con il focus su «Emilce Cuda, la teologa “atipica”» (13.01.2023). Con lei, «che sa leggere Papa Francesco», il Circolo continuerà a veicolare un’autentica cultura di pace, fondata sull’amore, e «fare bello il mondo», fraterno, compassionevole, estraneo alla violenza, perché «la vita è bella».

Piotr Anzulewicz OFMConv


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Donna che sogna un mondo migliore

È stata accolta con fervore, come esistenziale, vitale ed attuale, la 5ª Serata cinematografica, la 225ª di seguito, che si è svolta venerdì 9 dicembre 2022, alla vigilia del triduo di preghiera a s. Lucia († 304), protettrice degli occhi, dei ciechi, degli oculisti, di tutti coloro che soffrono di disturbi visivi: i non vedenti, i miopi, gli astigmatici… e chi è affetto da cataratta, patrona di Siracusa e compatrona di Venezia.

È stata giustamente Lucia Scarpetta, ‘particella’ dello Staff del Circolo, a presentare la trama del «Tutta la vita davanti» di Paolo Virzì e condurre il cinedibattito «Donna che sogna un mondo migliore per sé e per la bambina cui fa da baby-sitter›», tenendo conto del motto della 10ª edizione del CineCircolo: «Donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›, per immagini», ma la Serata si è aperta esemplarmente con il videoclip contenente la canzone «Ho imparato a sognare» dei Negrita, riproposta dalla cantante romana Fiorella Mannaia, una delle protagoniste femminili della canzone popolare italiana, dalla voce leggera e soave. «I sogni sono la spinta propulsiva della nostra vita – ha confidato in una intervista. – Non è poi indispensabile che si realizzino, l’importante è averli perché spingono a fare meglio», a donare se stessi, ad aprirsi agli altri, «in un momento delicato come quello che stiamo vivendo, così pieno di paure» e chiusure.

Lucia ha quindi catalizzato l’attenzione dei presenti nel Salone «S. Elisabetta d’Ungheria» presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido sulla proiezione curata con diligenza dall’operatore audiovisivo Ghenadi Cimino. Il regista livornese, considerato da molti l’unico continuatore della commedia all’italiana dal sapore provinciale e un po’ agrodolce con una sana spruzzatina di ispirato neo-realismo, ha introdotto gli spettatori nella favola nera di Marta, ventiquattrenne siciliana trapiantata a Roma e neolaureata con il 110 e lode, abbraccio accademico e pubblicazione della tesi in filosofia teoretica. Umile, curiosa e un poco ingenua, Marta si vede chiudere in faccia le porte del mondo accademico ed editoriale, per ritrovarsi a essere “scelta” come «baby-sitter» dalla figlia della sbandata e fragile ragazza madre Sonia, interpretata con struggente intensità da Micaela Ramazzotti. È proprio questa “Marilyn di borgata” – scrive Chiara Renda nella sua recensione – a introdurla nel Call Center della Multiple, azienda specializzata nella vendita di un apparecchio di depurazione dell’acqua apparentemente miracoloso. Da qui inizia il viaggio di Marta in un mondo alieno, quello dei tanti giovani, carini e “precariamente occupati” italiani: in una periferia romana spaventosamente deserta e avveniristica, isolata dal resto del mondo come un reality, la Multiple si rivela pian piano al suo sguardo ingenuo come una sorta di mostro che fagocita i giovani lavoratori, illudendoli con premi e incoraggiamenti (sms motivazionali quotidiani della capo-reparto), «training» da villaggio vacanze (coreografie di gruppo per “iniziare bene la giornata”) per poi punirli con eliminazioni alla Grande fratello. Un mondo plasticamente sorridente e spaventato, in cui vittime e carnefici sono accomunati da una stessa ansia per il futuro che si tramuta in folle disperazione. Non c’è scampo per nessuno all’interno di queste logiche di sfruttamento, e a poco servirà il tentativo dell’onesto, ma evanescente sindacalista Giorgio Conforti di cambiare idealisticamente un mondo che difficilmente può essere cambiato.

Prendendo spunto dal libro della blogger sarda Michela Murgia, «Il mondo deve sapere», Virzì esplora con gli occhi di Marta l’inferno di questo precariato con tutta la vita davanti; e lo fa con lo spirito comico e amaro che da sempre lo contraddistingue. Accentuando stavolta i toni tragicomici e grotteschi da commedia nera, il regista toscano dà vita a un’opera corale, matura e agghiacciante, che rivisita (attualizzandola) la miglior tradizione della commedia amara alla Monicelli, costruendo – grazie anche all’apporto del fido sceneggiatore Francesco Bruni – personaggi complessi e sfaccettati, teneri e feroci, comici e tragici a un tempo, ma tutti disperatamente umani e autentici.

Con la stessa umiltà e onestà intellettuale di Marta, Virzì si muove tra le spaventose dinamiche del mondo moderno senza mai cadere nel facile giudizio, nel pietismo o – vista l’attualità del tema – nella trappola del film a tesi, mantenendo sempre in primo piano il suo amore per gli ultimi e una compassione per le sue creature disperate e perfide, figlie di una società malata, ma forse non ancora in fase terminale. E se Marta può ancora sognare un mondo migliore per sé e per la bambina cui fa da «baby-sitter», un mondo che balla spensierato ascoltando i Beach Boys e si affeziona a una voce telefonica, tutto attorno resta – conclude Renda – un ritratto allarmante dell’Italia di oggi, che Virzì svela sapientemente sotto una patina di sinistra comicità. Un’Italia dolce e amara quella di Tutta la vita davanti, che commuove e angoscia, lasciandoci con un groppo in gola, come quell’ovo sodo che non andava né su né giù.

La proiezione del film, con un ‘taglio’ della sua parte centrale che finisce per annoiare – ‘perpetrato’ abilmente da Ghenadi – ha innescato un vivace e a tratti infuocato dibattito, condotto nel modo fluido e ritmico da Lucia Scarpetta. Al microfono si alternavano Tonia Speranza, Maria Rainone, Ninetta Crea, Maria Rosa Cunia, Luigi Cimino… Ha fatto seguito la riflessione di Papa Francesco sul ruolo della donna nella Chiesa e sull’urgenza di trovare criteri e modalità nuove affinché «le donne non si sentano ospiti, ma pienamente partecipi nei vari ambiti della vita sociale ed ecclesiale». Il denso dibattito si è concluso con la lettura di un brano della «Lettera alle donne» di Giovanni Paolo II, fatta con un’intensa commozione da Marialuisa Mauro: «[…] Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l’indispensabile contributo che dai all’elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del “mistero”, alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità» (n. 2).

Il presidente Luigi ha annuncio quindi il prossimo evento che si terrà venerdì 16 dicembre (6ª Serata conviviale, focalizzata su «Caterina de’ Ricci († 1590), Veronica Giuliani († 1727) e le altre donne, bambinaie celesti» [226]), e ha invitato alla foto di gruppo e al «cocktail», reso particolarmente ricco e appetibile (castagnaccio di Gabriella, insalata russa e crostata di Tiziana, arancini di Loredana, Ferrero Rocher e Pocket Coffee di Antonella, mandarini di Maria Rainone). È stato impossibile a non pensare, anche questa volta, alle donne e ai bambini della martoriata Ucraina. Il videoclip «Рождественские попурри» con i canti natalizi in quattro lingue: russo, ucraino, inglese e spagnolo, ha rasserenato tutti, ha allargato il perimetro della fraternità e ha spronato a sognare un mondo migliore.

Piotr Anzulewicz OFMConv


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«Nabat»: la forza d’animo di una donna sola

Un’altra Serata cinematografica gradita, innovativa, avanguardistica, da infilare nel Pantheon delle avanguardie, arricchendolo con le storie di donne intrepide, decise, coraggiose, storie che possono aiutare altre donne ad aprire gli occhi anche sulle insidie, sulle trappole, sui pericoli nascosti dietro i falsi modelli di successo, di autoaffermazione, di liberazione.

È stato decisamente il giorno giusto, venerdì 25 novembre 2022, per chinarsi sull’«ostinazione delle donne a non cedere alla barbarie, sulla loro resilienza, sulla loro capacità di cura» e proiettare il film «Nabat» di Elchin Musaoglu, selezionato dallo Staff del Circolo Culturale San Francesco per la 10ª edizione del CineCircolo dal leitmotiv: «Donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›, per immagini», ideata dentro la fase narrativa del cammino sinodale della Chiesa. In quel giorno ricorreva la 23ª Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne, indetta dall’ONU e messa in risalto in Italia dal lancio della campagna della Polizia di Stato «Questo non è amore», l’appello a «mettere in salvo» le donne, cioè a garantire loro sicurezza da soprusi, maltrattamenti e abusi, minacce e recidive, frequenti anche dopo un’eventuale pena, e ad accompagnarle in ogni fase. Papa Francesco, parlando ai componenti della Direzione Centrale Anticrimine, ricevuti all’indomani della Giornata in Vaticano, nella Sala Clementina, ha indicato quelli che sono i punti cardine per estirpare la violenza contro le donne, fenomeno permanente, diffuso, trasversale, aggravato dalla pandemia e alimentato dai media: prevenzione e protezione, educazione e accompagnamento. «Per vincere questa battaglia – ha rimarcato – non basta un corpo specializzato (…) e non bastano l’opera di contrasto e le necessarie azioni repressive (…). Bisogna unirsi, collaborare, fare rete: e non solo una rete difensiva, ma soprattutto una rete preventiva!». È prezioso avere anche «una mirata preparazione psicologica e spirituale – ha detto il Papa – perché solo a livello profondo si può trovare e custodire una serenità e una calma che permettono di trasmettere fiducia a chi è preda di violenze brutali». Tante donne cristiane, venerate come martiri, ne sono esempio. Il Papa ne ha citato alcune, da s. Lucia di Siracusa († 304) e s. Maria Goretti († 1902) alla b. Maria Laura Mainetti († 2000), la religiosa assassinata a Chiavenna (SO) da tre ragazze durante un rito satanico. Ci sono tante «sante della porta accanto» che con la loro vita «testimoniano che non bisogna rassegnarsi, che l’amore, la vicinanza, la solidarietà delle sorelle e dei fratelli può salvare dalla schiavitù». La loro testimonianza va proposta a ragazze e ragazzi di oggi: «Nelle scuole, nei gruppi sportivi, negli Oratori, nelle associazioni – ha esortato il Papa – presentiamo storie vere di liberazione e di guarigione, storie di donne che sono uscite dal tunnel della violenza e possono aiutare altre donne.

È una benedizione donne gioiosamente presenti nello Staff del Circolo e nel Salone di S. Elisabetta in cui si tengono le Serate: Iolanda De Luca, Maria Rainone, Rina Gullà, Gabriela Sestito, Tonia Speranza, Marialuisa Mauro, Elisabetta Guerrisi, Patrizia Corapi, Loredana Olivadoti, Lucia Scarpetta, Antonella Vitale, Federica Astarita, Asia Brogeri…, le donne che possono meglio capire altre donne, ascoltarle e sostenerle, e ‹fare bello il mondo›. Sono centrali nel Circolo e indispensabili in un mondo che invece troppo spesso le mette agli angoli. «Devono essere rispettate – sottolineò con forza Papa Francesco il 15 settembre scorso, nel discorso di chiusura del 7° Congresso delle Religioni Mondiali e Tradizionali, riprendendo uno dei punti contenuti nella Dichiarazione finale dell’assise a Nur Sultan, in Kazakhstan – riconosciute e coinvolte. (…) A loro vanno affidati ruoli di responsabilità maggiore». Ci sono luoghi dove questo è ancora sogno. Le costanti notizie di cronaca, che si susseguono sui giornali e nelle trasmissioni televisive, radiofoniche e pubblicitarie, ci portano a pensare che siamo ancora lontani dal considerare la donna per ciò che è e racchiude in sé: una bellezza profonda, da scoprire; una capacità infinita di accoglienza, di intuizione e di donazione, da valorizzare; una genialità stupefacente nel trasmettere l’armonia, la pace e l’amore, da valorizzare. La donna non è un oggetto da “usare e gettare” o una merce da comperare e consumare. Sia quindi “benedetta”.

La 4ª Serata cinematografica iniziò allora con il videoclip Che sia benedetta, mandato in onda dall’operatore Ghenadi Cimino, in omaggio a colei “che dona l’amore che ha dentro” e ci invita a tenerci stretta la vita, per quanto ci sembri assurda e complessa, incoerente e testarda. A cantare il suo bellissimo brano, Erika Mineo, in arte Amara, dalla voce graffiante, artista di strada toscana e autrice di splendide canzoni portate al successo da altre voci.

Dopo i saluti istituzionali e l’introduzione al programma della Serata, Lucia Scarpetta relazionò la trauma del film «Nabat», dalla splendida fotografia e dall’eccellente interpretazione della convincente protagonista, di straordinaria attualità proprio oggi, in pieno periodo della guerra russo-ucraina. Una accorata riflessione sul destino dei Paesi devastati dalla guerra. Infatti, il film, presentato nella sezione Orizzonti della 71ª edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2014, viene dall’ex-Repubblica sovietica, dall’Azerbaidžan, il Paese più grande del Caucaso. Nabat è il titolo, ma anche il nome della protagonista, una donna non più giovane che vive nei pressi di un villaggio di montagna cui il conflitto armato ha strappato l’amato figlio. Le truppe nemiche stanno per arrivare nella sua remota regione e pochi abitanti del villaggio fuggono a causa dei bombardamenti, ma lei rifiuta caparbiamente di lasciare la casa e il marito Iskender, un ex lavoratore forestale vecchio e moribondo, preferendo andare incontro a un destino segnato: solitudine, isolamento, privazioni. Nabat lotta e resiste con coraggio e dignità alla fatica e alla disperazione, ma le sue forze si spengono a poco a poco come i lumi a petrolio che lei si ostina a tenere accesi nelle case ormai disabitate affinché le notti sui monti siano meno buie e un barlume di vita possa continuare a illuminare il vuoto. Madre coraggio certamente, Nabat incarna ben altre immagini. È la madre per antonomasia. È la patria che si prende cura dei propri figli. «Last but non least», la conservatrice di una memoria che altrimenti andrebbe perduta. Figura esemplare, dunque, cui presta il proprio volto l’intensa attrice iraniana Fatemeh Motamed-Arya chiamata sul set dopo che il regista Elchin Musaoglu aveva fallito ogni ricerca in patria. Il ruolo, quasi totalmente muto, poggia sulla sua straordinaria intensità mimica e fisica: corpo-madre piegato dal dolore, dalla fatica del vivere e dal peso dei ricordi. Pochi i dialoghi e i suoni rarefatti: il respiro affannoso della protagonista e l’eco dei suoi passi lungo i sentieri, l’ululato lamentoso di un lupo solitario che si aggira nei dintorni della casa, il rimbombo lontano delle cannonate. La guerra – suggerisce il regista – non conosce confini. Ogni vittima è vittima del mondo. Una tesi non nuova, ma le immagini, di cui si serve per enunciarla, raccomandano coerenza stilistica, respiro narrativo, rigore formale. Finale quietamente malinconico e dolcemente visionario.

Film rigoroso e al tempo stesso doloroso, in cui la figura femminile assurge a simbolo della forza d’animo che non si arrende di fronte alle avversità del destino e dell’abbandono, alla crudeltà della guerra e alle morse della solitudine. Sentirsi soli o sentirsi amati sulla terra? La visione della pellicola rese cristallina la risposta: «Da soli siamo dei ‘freaks’. Insieme siamo qualcosa di meraviglioso, cercando di essere degni di essere amati l’uno dall’altro, complementari, solidali». Il desiderio di essere insieme si rendeva ancora più palese durante il cinedibattito che si snodava affabilmente in queste sequenze:

3.1. Interventi: «Nabat» – una potente parabola sulla resilienza femminile, sulla capacità di cura delle donne, e sull’ostinazione a non cedere alla barbarie (10:00′); 3.2. Notturno dall’Italia – Donne della Resistenza di Giuni Russo (3:36′); 3.3. P. Anzulewicz OFMConv: «Perché la non accettazione di vecchiaia e malattia porta la società a non accettare défaillance in una donna?» (5:00′); 3.4. Lettura di alcuni passaggi della «Lettera alle donne» di Giovanni Paolo II (nn.10-12).

Seguirono quindi le comunicazioni del presidente Luigi Cimino, relative al Circolo, l’annuncio del prossimo evento [venerdì 2 dicembre: 5ª Serata conviviale, focalizzata sul tema: «Elena Lucrezia Cornaro Piscopia († 1684), la prima donna a potersi fregiare del titolo di Doctor»], la foto di gruppo, l’ascolto della canzone «Le poche cose che contano» di Amara e Simone Cristicchi, trasmessa da Ghenadi nel videoclip, e il «cocktail», preparato premurosamente da Iolanda e Loredana e servito graziosamente da altre donne, «lasciando larga e benefica impronta di sé» nel Salone di S. Elisabetta d’Ungheria presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido. Le prossime Serate non mancheranno, certo, di registrare nuove e mirabili manifestazioni del «genio femminile».

Piotr Anzulewicz OFMConv


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Donne che lottano per la loro libertà e dignità

Una Serata magnetica, con un tema di forte attualità e rilevanza: «Donne che non sono disposte a rinunciare alla loro libertà e dignità, capaci di smascherare l’ignoranza, la superstizione e l’ottusità…».

Queste donne si incrociano di continuo, a casa, sul lavoro, per le strade… e venerdì 11 novembre scorso nel Salone di S. Elisabetta d’Ungheria, presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido, e nel film «Il Sabba» di Pablo Agüero, alla 3ª Serata cinematografica della 10ª edizione del CineCircolo dal filo conduttore: «Donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›, per immagini», inserita nel solco della fase narrativa del cammino sinodale, ispirata ai grandi testi dell’autorità educativa della Chiesa, promossa dal Circolo ed aperta gratuitamente a tutti: credenti e «laici», vicini e lontani – la 221ª di seguito.

La aprì il brano «Stefania» della Kalush Orchestra, in omaggio alle donne ucraine: dalle politiche, parlamentari e diplomatiche alle reginette di bellezza, artiste e casalinghe, icone ed eroine del sanguinoso conflitto russo-ucraino, che impugnano armi e combattono nelle forze di difesa territoriali, che afferrano microfoni e ad alta voce difendono la loro e la nostra dignità e libertà, e le donne ‘comuni’, che, sentendo la loro casa tremare, con la forza dell’amore scappano nei rifugi insieme ai loro bambini, che, assumendosi la responsabilità dei loro figli, diventano profughe e rifugiate in altri Paesi.

Seguirono un veloce sguardo sulla Serata precedente, resa immortale nelle immagini associate all’articolo «Le sante e le indemoniate», la sinossi de «Il Sabba» con il cast e il regista, presentata agilmente da Lucia Scarpetta, senza svelare il finale, e la proiezione della pellicola ‘scovata’ abilmente da Ghenadi Cimino.

Il film trasportò i presenti nel Salone, con incredibile maestria, nei primi anni del 1600, nella regione basca, e seguì la storia – altamente drammatica, ma al tempo stesso assolutamente emozionante – di un gruppo di giovani donne accusate ingiustamente di stregoneria. La ventenne Ana viene arrestata per la sola colpa di aver preso parte ad un Sabba (in basco Akelarre). Insieme a lei, altre donne, sorelle ed amiche, subiscono la stessa sorte: vengono costrette a confessare, con torture atroci e disumane, quello che sanno sull’Akelarre, il rito magico durante il quale si materializzerebbe il diavolo, pronto ad accoppiarsi con loro. Accusata, insieme alle sventurate compagne, di stregoneria dal giudice Pierre de Rosteguy di Lancre, Ana verrà quindi coinvolta in un estenuante processo, nel quale verrà messa alla gogna finché l’odio evocato da una società ipocrita e oscurantista verrà inevitabilmente e tragicamente soddisfatto.

Nel film ci vengono mostrati due mondi diversi: quello degli uomini, fatto di assurde credenze e superstizioni e di un’intrinseca paura per tutto ciò che sfugge al loro controllo, e quello delle donne, che in questa regione della Spagna mantengono un livello di libertà, espressa principalmente in un fortissimo legame con la natura e con i suoi segreti, che in altri luoghi, a quel tempo, era probabilmente impossibile. Donne che non sono disposte a rinunciare, oltre che alla loro libertà, alla dignità, e che sono capaci di smascherare l’ottusità dei loro aguzzini, manipolandola in certi casi a loro vantaggio. Il profondo contrasto tra queste due dimensioni viene espresso anche dall’uso della camera, movimenti bruschi e veloci quando viene raccontato il mondo femminile di Ana e le altre, decisamente più statici nelle poche scene completamente al maschile. La libertà di queste donne è opposta alle costrizioni che questi uomini si autoimpongono ed impongono agli altri. A colpire de «Il Sabba» sono anche le interpretazioni delle giovani protagoniste, per la maggior parte alla prima esperienza. Tra di loro spicca senza dubbio Amaia Aberasturi, magnetica negli sguardi e nel mondo di parlare, capace di incarnare il potere mistico e sensuale di cui viene accusata (e da cui i suoi aguzzini sono attratti). Le altre, comunque, spiccano per la loro spontaneità e freschezza, risultando altrettanto affascinanti.

«Il Sabba» è uno splendido grido di libertà e dignità. Agüero, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Katell Guillou, con il suo film scelse di raccontare la donna di allora come quella di oggi, vittima di pregiudizi e dell’ignoranza, che tuttavia da vittima innocente può diventare l’artefice del suo destino, non perdendo la sua dignità nemmeno nei momenti peggiori.

Infatti, il cinedibattito, innescato da «Il Sabba», mise in luce la dignità della donna. Al microfono si alternavano allora donne diverse, con piglio mistico o con la concretezza di una lingua forte, ragionando sull’eredità degli avi, superando le loro madri e non nascondendosi dietro agli stereotipi: Tonia Speranza, Gabriela Sestito, Maria Rainone…, anche con alcune frasi incendiarie nei confronti dei “maschi” presenti nel Salone, ma subito “ritoccate” gentilmente da Leonardo Vigna.

C’è una donna speciale verso la quale il sottoscritto indirizzò l’attenzione di tutti: Maria di Nazareth, donna libera da se stessa e rivolta pienamente agli altri e al totalmente Altro, modello di donna emancipata, dialogica, coraggiosa. È in lei che prese corpo la misteriosa relazione fra il Verbo e l’umano. Questa relazione si nota bene nell’«Annunciazione» del pittore veneziano Lorenzo Lotto († 1556/1557), dove l’angelo che irrompe è tanto reale che perfino il gatto fugge, impaurito. La paura ha però due forme: quella che ti fa fuggire e quella che ti sgomenta, e di conseguenza ti fa interrogare, meditare, chiedere. Quella, cioè, che avvolge Maria. Lei avverte il pericolo e presagisce che la sua strada sarà piena di spine. Ecco allora che un’ombra copre il suo volto. La relazione tra il Verbo e l’umano, tra il Logos e la storia, avviene nel timbro della paura. La paura risolta con un obbediente “sì”, intriso di libertà: Maria è obbediente, ma nel senso etimologico della parola. Obbedire è ob audire, cioè ascoltare. E Maria ascolta l’annuncio dell’angelo, con timore e tremore, proprio come Lotto mostra nel suo dipinto. Dice “sì” all’angelo, dopo averlo ascoltato. La sua grandezza sta nell’accogliere l’annuncio superando la dimensione del destino. Se non si supera tale dimensione non si è nell’evo della cristianità. Tutto è segnato dal tremendo e scomodo dono della libertà che obbliga ad ascoltare e ad essere responsabili. A volte è molto più comodo essere servi che liberi, responsabili e coraggiosi.

A concludere il dibattito, la lettura del testo «Maria, donna coraggiosa», da parte di Lucia Scarpetta e Asia Brogneri, radiosa e felice, tratto dal volume «Maria, donna dei nostri giorni» di don Tonino Bello. Il testo tenero e appassionato, ma anche coraggioso e anticonformista, che unisce il “parlato alto”, proprio dei poeti, al “dire quotidiano”, proprio dell’uomo della strada. La litania per i nostri tempi, ricca di squarci di catechesi e di lampi di luce.

A concludere invece il programma della Serata, le comunicazioni del presidente Luigi Cimino, relative al Circolo, l’annuncio del prossimo evento [venerdì 18 novembre, dalle ore 18.45, la 4ª Serata conviviale focalizzata su «Sandra Sabattini († 1984), l’artista della carità, e le altre donne come lei] e le istantanee del gruppo accompagnate dal music video «Forza e coraggio» di Alessandra Amoroso «per chi la notte attraverserà il mare per sbarcare in un giorno migliore». Per tutti, nel Salone, un invito «ad hoc», al convivio e al buffet, preparato con passione e gioia da Lucia e Iolanda, Ninetta e Loredana, «donne che ‹fanno bello il mondo›».

Piotr Anzulewicz OFMConv


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‘Suffragette’: le donne che “marciano” per far valere i loro diritti

La ‘performance’ del duetto: Stefano Scozzafava, tenore, e Tusha Ilaria Silipo, pianista, ha mirabilmente segnato l’accesso alle «Suffragette» di Sarah Gavron, ovvero alla 2ª Serata cinematografica, la 219ª di seguito, che si è svolta venerdì 28 ottobre presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido. Il brano che i due giovani musicisti catanzaresi hanno eseguito con maestria – «Dolce sentire» del M° Riz Ortolani, tratto dal film Fratello sole e sorella luna del regista Franco Zeffirelli – ha fatto breccia sui presenti nel Salone di S. Elisabetta d’Ungheria: conquistò il loro cuore e creò un’atmosfera invitante, accogliente, calda, dolce. «Dolce è capire – cantò il tenore – che non son più solo, ma che son parte di una immensa vita che generosa risplende intorno a me, dono di Lui, del suo immenso amore».

I presenti si sono quindi tuffati a capofitto nel programma della Serata che aveva l’arte di spingerli a favorire la maggiore collaborazione, la corresponsabilità e la condecisionalità delle donne a tutti i livelli della vita ecclesiale e sociale. Ecco il «clou» del programma: […] 2. Occhio su «Chiara di Dio» e sinossi del «Suffragette». 3. Proiezione. 4. Cinedibattito «Donne che scoprono di possedere una formidabile forza d’animo e, nonostante l’ostracismo e le avversità, “marciano” per far valere i loro diritti e ideali» [4.1. Condivisione; 4.2. Piotr Anzulewicz OFMConv: «Centrale per la vita della Chiesa e della società la corresponsabilità e la condecisionalità delle donne»; 4.3. Lettura di alcuni passaggi della «Lettera alle donne» di Giovanni Paolo II (nn.10-12). 5. Comunicazioni relative al Circolo e annuncio del prossimo evento [venerdì 4 novembre: 3ª Serata conviviale, focalizzata sul tema: «Eustochio da Padova († 1469), Jeanne des Anges († 1665) e le altre donne, sante e indemoniate», a cura straordinaria del dr. Mattia Zangari] […].

Il programma «clou» si è concluso con l’aria «Ave, Maria» di Franz Schubert, eseguita dallo stesso brillante duetto. Un commovente plauso ancora e la consegna ai due artisti dal grande avvenire – da parte del presidente Luigi Cimino e della sottosegretaria Lucia Scarpetta – di un «Attestato di ringraziamento», per la loro incantevole ‘performance’, unitamente a un ‘segno’ glamour. Infine, la foto di gruppo, il music video «Il Signore ti benedica e ti protegga» in sottofondo e il momento conviviale con il ‘cocktail’: una brasilena dissetante e una pizza fumante.

Ai presenti non è rimasto altro che accogliere con entusiasmo l’invito alla prossima Serata, dedicata, come tutte le altre della 10ª edizione del Wiki– e CineCircolo, alle «donne, ‹sorelle tutte›, che ‹fanno bello il mondo›» e «forse ancora più dell’uomo – scrisse Giovanni Paolo II nella Lettera alle donne – vedono l’uomo, perché lo vedono con il cuore. Lo vedono indipendentemente dai vari sistemi ideologici o politici. Lo vedono nella sua grandezza e nei suoi limiti, e cercano di venirgli incontro e di essergli di aiuto. In questo modo si realizza nella storia dell’umanità il fondamentale disegno del Creatore e viene alla luce incessantemente, nella varietà delle vocazioni, la bellezza – non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale – che Dio ha elargito sin dall’inizio alla creatura umana e specialmente alla donna. […] Vegli Maria, Regina dell’amore, sulle donne e sulla loro missione al servizio dell’umanità e della pace».

Piotr Anzulewicz OFMConv


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