Connessi e altrove, ma orfani e solitari

«I giovani: connessi, ma solitari e orfani»: è il titolo della 3ª Serata conviviale con «aperitivo», che si è tenuta venerdì 16 febbraio 2018, presso il Salone «S. Elisabetta d’Ungheria» al lato destro della chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido. La Serata − 113ª di seguito − ha avuto inizio con il video musicale «Jesus Christ, You are my Life», le cui immagini fecero il giro del mondo in occasione del Grande Giubileo 2000, quando l’infinita moltitudine di ragazzi e ragazze, insieme a Giovanni Paolo II, danzò, gongolò ed esultò di gioia, cantando quella canzone scritta da mons. Marco Frisina, divenuta in seguito l’inno di tutti i raduni denominati «Giornate Mondiali della Gioventù», incluso quell’ultimo a Cracovia (26.07.2016).

Dopo le gentili parole di benvenuto e la vivace presentazione del programma della Serata, da parte di Teresa Cona, segretaria del Circolo, l’attenzione dei presenti è stata focalizzata sull’«aria» che respirano i “ragazzi 2.0”, quelli che nascono con i “dispositivi” elettronici “incorporati”, abilissimi utenti della comunicazione online, definiti all’inizio del Duemila nativi digitali (born digital). In seguito alla strepitosa diffusione dei nuovi media, si è passati dall‘homo sapiens, tutto carta e penna, all’homo videns e zapppiens, tutto telecomando e video “incorporati”, appunto, fino all’attuale “versione” dell’homo 2.0, tutto web e touch screen. L’homo zappiens è «una nuova generazione che […] è cresciuta usando molteplici dispositivi tecnologici, sin dalla prima infanzia: il telecomando per la tv, il mouse per computer, il minidisc, e, più recentemente, il cellulare, l’iPod e il lettore mp3. Questi dispositivi hanno permesso ai bambini di oggi [i preadolescenti] di mantenere il controllo di flussi di informazioni, discontinue e in eccesso, di entrare in comunicazione virtuale face to face o con comunità online, di comunicare e collaborare in rete in base alle loro esigenze» (W.Veen-B, Vrakking, Homo zappiens. Crescere nell’era digitale, Roma 2010, 11). Secondo Paola Mastrocola, scrittrice e insegnante, che si è resa nota al grande pubblico con il suo primo romanzo La gallina volante, ci troviamo probabilmente in presenza di una nuova evoluzione della specie umana che potrebbe determinare «un vero e proprio cambiamento antropologico: si stanno acquisendo nuove abilità mentali, dal pensiero nonsequenziale al multitasking» (P. Mastroccola, Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare, Parma 2011, 80).

In questi effervescenti anni della rivoluzione digitale spuntano come funghi anche nuovi Siti e blog religiosi o video-omelie che cercano di raccontare la fede nell’immensa cattedrale virtuale che è il web. Purtroppo, nel far West dell’etere, si incontrano spesso elaborazioni discutibili e l’evangelizzazione online non sempre viene declinata in modo intelligente e professionale. Impreparazione, nonchalance e pregiudizi impediscono di cogliere le opportunità che i diversi “applicativi” possono offrire nella comunicazione della fede ai ragazzi, appassionati ed attivi utenti delle moderne tecnologie. A far passare il messaggio, non sono ormai sufficienti la “buona volontà” e l’entusiasmo apostolico. Un catechista dell’ultima generazione non può limitarsi a comunicare la “buona Novella” soltanto a parole scritte, lette o pronunciate. I “ragazzi 2.0”, “video-pc-telefonino-dipendenti”, cresciuti a brioches e web, hanno bisogno di immagini e suoni per essere “risvegliati” e catturati. In caso contrario, non vengono intercettati perché i codici e la metodologia utilizzati risultano incomprensibili e inespressivi e le relative mediazioni non diventano interessanti. «Non sarà anche questo uno dei motivi − si domanda Valerio Bocci, autore di innovativi sussidi catechistici − per cui, al culmine dell’iniziazione cristiana con la celebrazione della Cresima, si consuma “il congedo illimitato e definitivo” dalla comunità stessa?» (V. Bocci, Comunicare la fede ai ragazzi 2.0. Una proposta di catechesi comunic-ativa, Torino 2012, 9). C’è spazio per tutti, ma il problema è occuparlo intelligentemente. “Ieri”, il passato, la tradizione rappresentano un tabù per i “ragazzi 2.0”, ancorati profondamente al “qui-ora”. E’ fondamentale presentare iI messaggio di “ieri” con la sensibilità educativa e comunicativa di “oggi”, in modo più interattivo e multimediale, in cui i ragazzi diventano protagonisti, in un contesto ricco di proposte dentro la parrocchia e in collegamento con le agenzie educative (genitori, famiglia, scuola, gruppo dei pari…).

Non è mai facile educare i ragazzi. Qui non funziona il “copia e incolla”. Non bastano neanche le diffidenze e i caveat [intimazioni] nei confronti dei tecnomondi. I contatti digitali e le realtà virtuali lentamente “formattano” non solo il cervello, ma anche il cuore. I giovanissimi vivono sul web (il 93%). In rete si fanno una cultura, coltivano rapporti, incontrano anche pericoli: adulti malintenzionati, gioco d’azzardo (il 13% lo ha già fatto; il 32% lo farebbe), sesso online ed anche offline, divulgazione improvvida di dati personali, foto incluse, imbastendo un nuovo italiano 2.0, l’e-italiano digitale, in cerca di efficacia e velocità comunicativa. «Il tutto subendo e involontariamente nutrendo un digital divide generazionale − separati in casa, è il caso di dirlo − con il mondo adulto, ansioso e impreparato» (P. Floretta, Le reti di Francesco. Per una tecnologia dello spirito e una cyberspiritualità e webpastorale francescane, Padova 2015, 12).

La sfida, in tale prospettiva, alza di parecchio l’asticella. Soprattutto i genitori devono recuperare il vuoto di autorevolezza, se vogliono incidere educativamente nelle abitudini dei figli “sempre connessi” e “sempre altrove”. In un mondo che esalta il potere dei social, «rilasciando l’illusione di una facile e vasta popolarità e visibilità a colpi di selfie, video, messaggi, i ragazzi − afferma Valerio Bocci − hanno bisogno di una intelligente contro-proposta fatta di relazioni vere, di tempo condiviso a parlarsi, a computer e telefonini spenti. Tempo, ascolto, dialogo, confronto: sono gli ingredienti della terapia che ancora può contrastare la “solitudine”, una delle “malattie” in galoppante ascesa nel quotidiano dei ragazzi, illusi e delusi dalle promesse non mantenute dall’overdose delle ore passate in connessione continua con gli amici di Facebook, Instagram, Snapchat…» (A. Ricci-Z. Formella, Educare insieme nell’era digitale, Torino 2018, 4).

L’argomento della Serata ha sollevato tanti temi e ha fornito tanti «input»: le identità mascherate in Internet, l’aggressività online, il conflitto e la collaborazione nei gruppi online, l’altruismo e la solidarietà nella rete, le differenze di genere in Internet, l’educazione alla vita su web, la rete come un mercato, gli amori, le amicizie e i follower… C’è ne per molte edizioni del WikiCircolo. Il tema: «I ‘ragazzi fantasma’, soli e isolati dalla società», previsto per venerdì 26 gennaio, ci è sfuggito e la 2ª Serata conviviale è stata sospesa: gli amici del Circolo sono stati invitati a dare l’ultimo abbraccio a Peppino Frontera, improvvisamente portato via da Sorella Morte.

Torniamo comunque alla tavola rotonda di questa Serata, con due giovani laureandi in sociologia: Clarissa Errigo e Alex Scicchitano. Ci hanno sorpreso, a dir poco, commentando l’articolo: «Hikikomori, è boom anche in Italia: migliaia di giovani si recludono in casa». Hanno tra i 14 e i 25 anni, non studiano né lavorano, non hanno amici, trascorrono gran parte della giornata nella loro camera, a stento parlano con genitori e parenti, dormono durante il giorno e vivono di notte, si rifugiano tra i meandri della rete e dei social network con profili fittizi, unico contatto con la società che hanno abbandonato. «Li chiamano hikikomori, termine giapponese che significa “stare in disparte” − scrive Matteo Zorzoli, autore dell’articolo.− Nel Paese del Sol Levante hanno da poco raggiunto la preoccupante cifra di un milione di casi, ma è sbagliato considerarlo un fenomeno limitato soltanto ai confini giapponesi». Infatti, è «un male che affligge tutte le economie sviluppate – spiega Marco Crepaldi, fondatore di Hikikomori Italia, la prima associazione nazionale di informazione e supporto sul tema. – Le aspettative di realizzazione sociale sono una spada di Damocle per tutte le nuove generazioni degli anni Duemila: c’è chi riesce a sopportare la pressione della competizione scolastica e lavorativa e chi, invece, molla tutto e decide di auto-escludersi». Le ultime stime parlano di migliaia di casi italiani, un esercito di reclusi che chiede aiuto.

Depressed boy under the bed

Si tratta di un fenomeno sociale dai contorni ancora poco chiari. Spesso viene confuso con l’inettitudine e la mancanza di iniziativa dei giovani. Un equivoco che ha trovato terreno fertile nel dibattito politico, legislatura dopo legislatura, fornendo stereotipi come “bamboccioni”, definizione coniata nel 2007, o “giovani italiani choosy” (schizzinosi), fino ad arrivare al mare magnum dell’acronimo NEET, i ragazzi “senza studio né lavoro”, che secondo un sondaggio dell’Università Cattolica del 2017 sarebbero 2 milioni in tutta la Penisola italica. Il disagio «molto spesso viene confuso con sindromi depressive e nei peggiori casi al ragazzo viene affibbiata l’etichetta della dipendenza da Internet – spiega Crepaldi. – Una diagnosi di questo genere normalmente porta all’allontanamento forzato da qualsiasi dispositivo elettronico, eliminando, di fatto, l’unica fonte di comunicazione con il mondo esterno per il malato: una condanna per un ragazzo hikikomori». Secondo Crepaldi, la frustrazione scolastica è la prima causa o cosiddetto fattore precipitante del fenomeno di isolamento. Un brutto voto a scuola per esempio, un avvenimento innocuo agli occhi delle altre persone, ma che, contestualizzato all’interno di un quadro psicologico fragile e vulnerabile, assume un’importanza estremamente rilevante. Il ragazzo inizia a saltare giorni di scuola utilizzando scuse di qualsiasi genere, abbandona le attività sportive, inverte i ritmi sonno-veglia e si dedica a monotoni appuntamenti solitari come il consumo sregolato di serie tv e videogames. È fondamentale intervenire proprio in questa prima fase del disturbo, cioè alla comparsa dei primi campanelli d’allarme. In questa fase i genitori, gli educatori e gli insegnanti rivestono un ruolo cruciale, per evitare il passaggio alla fase più critica. In aiuto ai ragazzi affetti da questa sindrome è stato creato il Sito di Hikikomori Italia con le chat regionali e il forum aperto sia a loro che ai genitori: una bacheca di richieste di aiuto e di sofferenza, ma anche di storie a lieto fine, come quella di Luca:

«Il giorno e la notte erano identici, dormivo quando avevo voglia, mangiavo quando avevo voglia. Ho perso tutti gli amici e lo schermo era uno “stargate” per un altro universo. Il tempo si dilatava quando cliccavo sulla tastiera e non volevo mai smettere. Quando dovevo lavarmi fremevo sotto la doccia per rimettermi a giocare. Ho passato così più di due anni giocando a Wow [World of Warcraft, un videogioco di strategia ndr] in totale isolamento. Non riuscivo neanche più a camminare. Tutto questo è successo senza che mia madre si accorgesse di nulla: lavorava dalle 8 alle 17 e io facevo finta di andare a scuola. Non avevo più voglia di tornarci. Troppa pressione. L’isolamento è una battaglia che alla fine diventa una cura. Cresceva dentro di me come un’onda, lentamente, fino al momento in cui tutto iniziava a darmi fastidio, non sopportavo cosa facevo, non sopportavo chi ero. Oggi ne sono fuori, vivo all’estero e ho una fidanzata bellissima. Sono o sono stato un hikikomori? Non lo so, ma quello che so è che la forza per combattere quel demone sta e risiede solo dentro di voi, nessuno vi può aiutare, nella taverna di qualche montagna virtuale dove voi stessi vi siete persi, con la sensazione di pace che vi avvolge la mente. L’unico consiglio che mi sento di darvi è: scappate da quel computer».

E noi quale consiglio possiamo proporre ai ragazzi sempre connessi, ma soli, solitari e isolati dalla società? Proviamo a verbalizzarlo. «Il dono più bello lo avete già ricevuto: è la vita. Adesso datevi da fare. Non perdete il tempo. Non lasciatevi travolgere dalle tecnodottrine di turno. Verificate sempre se queste tecnodottrine non siano tecnosirene. Non dimenticatevi di porre la domanda aurea: “Quanto siete cresciuti nella vostra consapevolezza esistenziale?”. Mettete impegno in tutte le cose che fate, a cominciare dallo studio. Dovete studiare e intercettare quello che sta avvenendo. Abbiate il senso della vita, vogliatevi bene e rimboccatevi le maniche perché il Signore vi ha fatti intelligenti. Frate Francesco d’Assisi, da grande maestro di “reti” e di relazioni, vi offre un simpatico episodio riguardo all’atteggiamento più utile da tenere verso i mezzi tecnologici. Lo riporta la Compilazione d’Assisi (CAss 103-104: FF 1626-1627), denominata anche Leggenda perugina (o più recentemente Fiori dei tre compagni, cioè di Leone, Rufino e Angelo), messa insieme, nel passaggio tra il sec. XIII e il XIV, con materiali di provenienza e di ispirazione diversa al fine di ricostruire una Leggenda sulla vita dell’Assisiate che fosse più “antica” di quella “nuova”. Ivi si dice che il Poverello ha aiutato il giovane novizio a discernere i vari motivi nascosti dentro il suo desiderio di possedere un breviario, all’epoca il top della tecnologia della scrittura, essendo fatto di preziosa pergamena. Francesco lo forma, aiutandolo a liberarsi dal narcisismo dell’avere e del sapere, per lasciarlo libero di seguire la sua vocazione alla semplicità, alla frugalità, alla preghiera. Il suo desiderio di autenticità, con o senza breviario.

La rete non è soltanto un mezzo o uno dei media. E’ un «ambiente di vita», di indiscusse potenzialità, in cui abitare in modo degno dell’uomo. Ed è una palestra di straordinarie possibilità per accompagnare i ragazzi, per tessere con loro i dialoghi, per presentare loro un sano dating spirituale, ma anche per segnalare loro le innumerevoli trappole disumanizzanti. Frate Francesco, se fosse tra noi oggi, non avrebbe certamente difficoltà ad elevare la rete a suo chiostro, un po’ strano, ma comunque chiostro abitato da persone, talvolta lebbrose e ferite, bisognose di un incontro e di un sentiero, anche infotecnologico, più fraterno e solidale, umano ed umanizzante. E forse potrebbe diventare patrono di questo hyperchiostro, del web, della rete….

Una Serata meravigliosa, rivelatrice, istruttiva.

Piotr Anzulewicz OFMConv

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Per una pedagogia del desiderio…

Una vivace Serata culturale, quella conviviale con «aperitivo», la 5ª della 6ª edizione del WikiCircolo che si è svolta il 16 marzo 2018 a Catanzaro Lido attorno a «I giovani: pedagogia del desiderio e del consumo». Tema vitale, dibattito fecondo, staff cordiale, pizza eccezionale…

La società ci vuole “formattati” in base alle sue proposte e aspettative, interessi e fini. Ci presenta una proposta di vita e di senso preconfezionata, lasciando poco spazio alla ‘novità’, creatività e discernimento. Questo riguarda certamente e in primo luogo il progetto di vita dei giovani che per definizione sono diversi, originali, ‘nuovi’. La società sembra dimenticarlo. Non riuscendo ad approfittare delle loro energie e risorse, li ‘taglia fuori’. E’ anche questa una forma di ‘cultura dello scarto’. Ciò può valere anche all’interno delle nostre comunità civili ed ecclesiali. La creatività pedagogica è l’architrave del cambiamento. Non si tratta di riempire il sacco di qualcuno, ma di far emergere ciò che è nel suo DNA: il desiderio primordiale dell’altro e del totalmente Altro. L’uomo porta in sé un misterioso desiderio di Dio. In modo molto significativo, il Catechismo della Chiesa cattolica si apre proprio con la seguente considerazione: «Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l’uomo e soltanto in Dio l’uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa» (n. 27).

A tal fine sarebbe di grande utilità − ha auspicato Benedetto XVI il 7 novembre 2012 nella sua catechesi del mercoledì durante l’Udienza generale − «promuovere una sorta di pedagogia del desiderio», una pedagogia che comprenda almeno due aspetti. In primo luogo, imparare o re-imparare il gusto delle gioie autentiche della vita. «Non tutte le soddisfazioni − ha detto − producono in noi lo stesso effetto: alcune lasciano una traccia positiva, sono capaci di pacificare l’animo, ci rendono più attivi e generosi. Altre invece, dopo la luce iniziale, sembrano deludere le attese che avevano suscitato e talora lasciano dietro di sé amarezza, insoddisfazione o un senso di vuoto. Educare sin dalla tenera età ad assaporare le gioie vere, in tutti gli ambiti dell’esistenzala famiglia, l’amicizia, la solidarietà con chi soffre, la rinuncia al proprio io per servire l’altro, l’amore per la conoscenza, per l’arte, per le bellezze della natura –, tutto ciò significa esercitare il gusto interiore e produrre anticorpi efficaci contro la banalizzazione e l’appiattimento oggi diffusi. Anche gli adulti hanno bisogno di riscoprire queste gioie, di desiderare realtà autentiche, purificandosi dalla mediocrità nella quale possono trovarsi invischiati. Diventerà allora più facile lasciar cadere o respingere tutto ciò che, pur apparentemente attrattivo, si rivela invece insipido, fonte di assuefazione e non di libertà. E ciò farà emergere quel desiderio di Dio di cui stiamo parlando».

E’ un’opera di plasmazione che punti a forgiare le potenzialità che siano all’interno di noi stessi. Perché possiamo crescere in questa prospettiva occorre che non cadiamo nella rigidità delle strutture, come abiti da indossare in ogni situazione, ma entriamo nella prospettiva della creatività e prendiamo in consegna noi stessi ed anche gli altri.

Secondo Clarissa Errigo, che è’intervenuta alla tavola rotonda, insieme ad Alex Scicchitano, gli elementi che compongono “quest’architrave” sono: plasmare e articolare… Una prospettiva che non vuole tanto valutare l’aspetto morale di ogni singolo punto dell’esistenza di un individuo, ma si ferma su un’educazione che guarda allo stile di vita nel complesso della sua articolazione. Nel momento in cui la persona è divisa e frazionata, la struttura di questa architrave si indebolisce. In quest’ottica si inserisce la pedagogia della compagnia, altro elemento dell’architrave, che vuol dire accettare tutta la realtà e saper dialogare nella notte o nella luce di un passaggio storico. E, infine, la pedagogia dell’accoglienza, intesa come apertura all’inconosciuto e all’estraneo.

Asse portante dell’architrave è però l’amore, esperienza che nella nostra epoca è più facilmente percepita come momento di estasi e di uscita da sé, come luogo in cui l’uomo avverte di essere attraversato da un desiderio che lo supera. Attraverso l’amore, l’uomo e la donna sperimentano in modo nuovo, l’uno grazie all’altro, la grandezza e la bellezza della vita e del reale. «Se ciò che sperimento non è una semplice illusione, se davvero voglio il bene dell’altro come via anche al mio bene, allora devo essere disposto a de-centrarmi e a mettermi al suo servizio, fino alla rinuncia a me stesso». La risposta alla questione sul senso dell’esperienza dell’amore passa quindi attraverso la purificazione e la guarigione dei desideri finiti, richiesta dal bene stesso che si vuole all’altro. Ci si deve esercitare, allenare ed anche correggere, affinché il desiderio primordiale che è nel nostro cuore sia “scongelato”, slegato e liberato, e raggiunga la sua vera altezza. Altrimenti rimaniamo in balia dei desideri finiti, mimetici, imitativi, che nella società dei consumi variano all’infinito, ci spiazzano e ci depistano. Si prendono gioco di noi e, alla fine, il consumismo ci consuma.

Frate Francesco d’Assisi ha molto da offrirci in questo senso: è l’opposto della società dei consumi. Si svuotò di sé, all’età di 25 anni, al momento della sua conversione: fu un capolavoro la sceneggiata della sua spogliazione, di fronte alla Chiesa e al Comune di Assisi. In questo gesto altamente drammatico e pubblico egli sciolse il suo desiderio primordiale e se ne impadronì. «E di poi egli stette un poco» e «uscì dal secolo» (Testamento, v. 3), e iniziò a pronunciare parole pericolose: «Credo, voglio, faccio!». Smise di adorare se stesso, di contemplarsi, di essere narcisista, «uomo di paglia», amante del divertimento, della danza e dei canti, per porsi sotto l’assoluta signoria di Dio, che non è un Dio-Padrone, ma Dio-Padre. E questo è il secondo gesto fatto da s. Francesco, in forte contraddizione con la mentalità del mondo, della Chiesa e della famiglia di allora, trasformandosi in un uomo nuovo, inedito, inaudito. Si rivestì di Cristo, cioè indossò la sua mentalità e il suo cuore, gettò via le opere delle tenebre e divenne il «nuovo Oriente» all’interno della Chiesa -istituzione del suo tempo e per la Chiesa cattolica, in totale, espressa, ferma e quasi ostinata comunione con essa, «sempre sottomesso e soggetto ai suoi piedi» (Rb 12,5: FF 109), senza accenti critici e senza riserve disponibile all’obbedienza all’autorità papale, episcopale e presbiteriale

Ecco che cosa è di capitale importanza: il nostro amore inteso nel senso del dono di sé per l’altro, per il prossimo e per il bene comune. E’ una questione di vita o di morte.

Piotr Anzulewicz OFMConv

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Se n’è andato Peppino Frontera

Per due giorni, dal 25 al 26 gennaio, la marcia del Circolo si è fermata, per la tristissima notizia giunta come un fulmine a ciel sereno dal Campus Universitario «Salvatore Venuta» di Germaneto (Catanzaro) e diffusa sulla Pagina social del Circolo:

Il Consiglio direttivo del Circolo Culturale San Francesco comunica con immensa tristezza che mercoledì 24 gennaio 2018, alle ore 23.20, Sorella Morte ha accolto PEPPINO FRONTERA, marito affettuoso di Maria Luisa Mauro, padre generoso di Katia e Vitali, avvocato premuroso, consigliere saggio del Circolo, curatore solerte delle Serate del WikiCircolo, dono prezioso dell’«altissimo, onnipotente, bon Signore» (Cantico delle creature, v. 1). Lascia un vuoto incolmabile nel ‘suo’ adorato Circolo. A noi tutti la gratitudine e la responsabilità di far tesoro della sua passione per l’ideale del Circolo: «La cultura e la cura dell’altro».

Una scomparsa inaspettata, una perdita enorme, un gravissimo lutto al Circolo. C’era grande attesa per la 2ª Serata conviviale con «aperitivo» di venerdì 26 gennaio dal titolo: «I ‘ragazzi fantasma’, soli e isolati dalla società», collocata nell’ambito della 6ª edizione del WikiCircolo dal motto: «I giovani con la ‘sorella’-‘madre’ Terra». La Serata è stata sospesa e gli amici del Circolo sono stati invitati a dargli l’ultimo abbraccio. Alle ore 15.30, in gran numero, sono accorsi nella chiesa «Sacro Cuore» e si sono stretti, con grande dolore e commozione, intorno alla sua famiglia. P. Ilario Scali, parroco, ha celebrato la Messa e ha presieduto il rito delle esequie, pregando «il Padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione che ci ama di amore eterno e trasforma l’ombra della morte in aurora di vita, affinché guardi coloro che gemono nella prova e li sollevi dal lutto e dal dolore alla luce e alla pace della sua presenza». Alla celebrazione, animata dal coro (Giorgio Martelli, Jolanda De Luca, Stefania Di Nardo….), hanno partecipato: p. Lawrence, fra Alessandro e il sottoscritto che ha pronunciato, piangendo nel suo cuore, l’omelia focalizzata sul congedo di Gesù (Gv 17,1-11). Ecco il testo, con qualche taglio e ritocco:

«…è venuta l’ora», anche per il caro Peppino, mio “fratello” minore, proprio per lui e non per me, come sarebbe naturale, suo “fratello maggiore”, come mi definiva… Glorifica, dunque, o Padre, il tuo Servo fedele che dal 1954 portava “impresso” nel suo cuore quel “germe”, quel “seme”, quella scintilla della vita divina che lo inseriva, attraverso il battesimo, nella comunità dei credenti in Cristo, il nostro Fratello per eccellenza, il Signore, il Senso e la Fonte di vita in pienezza. Gli è stata allora tolta quella macchia/fragilità/tendenza intima a non essere libero, a non amare o ad amare con fragilità, ed è stato reso, come noi nel nostro battessimo, capace di amare divinamente e di lasciarsi «spezzare» il corpo e «dissanguare» per la promozione degli altri. E’ entrato a far parte della Chiesa, quella del sogno di Dio: la Chiesa dei santi e dei martiri, dei peccatori perdonati e redenti, la Chiesa che cammina, piange, soffre, crede, spera, ama. Sette anni dopo è stato «abilitato» ad accostarsi alla mensa del Pane di vita: all’Eucaristia, ovunque, a Napoli, durante gli studi universitari, a Catanzaro, dove esercitava la sua professione di avvocato, e qui dove ha fondato la famiglia, in mezzo a tante tribolazioni della vita, e dove ci allietava con la sua entusiasmante conoscenza della «città tra due mari».

In questi luoghi della sua itineranza, teneva sempre accesa la fiamma di vita divina, amando e facendosi benvolere. Noi, amici del Circolo, ne siamo la prova lampante. Ne sono la prova indiscussa Maria Luisa, di cui era affettuoso marito, e Katia e Vitali di cui era padre generoso. Ne sono la prova icastica tanti amici che mi hanno inviato, su WhatsApp, Messenger e per posta elettronica, le commosse parole di stima, appena hanno appreso la notizia della sua scomparsa. Come comunità parrocchiale siamo fieri di aver avuto questo caro e prezioso Fratello e grati per il bene che egli ha profuso in mezzo a noi.

«Che dispiacere! Una persona speciale, cara e disponibile – ha scritto uno dei nostri amici. – Era impossibile non volergli bene». Infatti, nel suo fecondo e creativo servizio ha saputo coinvolgere e unire, in questi anni, mondi diversi, dai giovani agli anziani, dalla fede alla cultura.

Anch’io gli sono immensamente grato per il suo continuo sostegno umano e spirituale, specie nei momenti difficili, per la sua comprensione e la sua collaborazione nel portare avanti quest’opera parrocchiale che è il Circolo, con cui addirittura si immedesimava − lui lo ha adottato e lo ha amato. Le sue Serate − ne diranno qualcosa in più l’ass.re Franco Longo, la dott.ssa Teresa Cona e il M° Luigi Cimino al termine della celebrazione − erano coinvolgenti: mettevano in luce cose belle, positive e propositive. Ascoltarlo e stargli vicino era un piacere. I suoi occhi brillavano di quell’amore che aveva nel suo cuore, come domenica scorsa, il 21 gennaio, quando gli abbiamo fatto visita al Policlinico: Luigi, Pinuccio, Leo e io, portandogli la Comunione. I suoi occhi erano pieni di gioia e di luce, perché il suo cuore era nella luce.

Non si è mai stancato di ripetermi che per ogni uomo, per quanto stanco, incompreso, misero, indegno, c’è l’amore di Dio. Questo messaggio lo portava ai partecipanti delle Serate conviviali e cinematografiche con la schiettezza, l’autenticità e la semplicità del suo eloquio, con la robustezza, la serenità e la fiducia di un lottatore che rimanda tutto alla Parola e alla Carità divina.

«E stando in mezzo a noi – scrive un altro fan del Circolo – ci ha resi tutti migliori. Alimentava pensieri ottimistici nei riguardi degli altri. Dava slancio per non arrenderci. Tutelava la dignità di tutti, anche di chi ha fatto di tutto per ignorarla con il suo comportamento. Attirava la nostra attenzione sui deboli, sui poveri, sui dimenticati. Dava voce alle sofferenze nascoste. Cercava di rendere feconda la città con il suo amore fatto di rispetto e di dedizione, di tenerezza e di operosità. Arava e seminava con intensità.

Ora siamo qui, di fronte alla bara di questo solerte Fratello che ha terminato la sua parabola terrena nel divino disegno di salvezza. È l’ora del suo congedo dalla sua comunità: civile e parrocchiale, e dal “suo” Circolo, nel giorno in cui la sua città celebra il Giorno della Memoria, non solo per “ricordare” la crudeltà che si è abbattuta su 6 milioni di ebrei e migliaia di persone considerate diverse e quindi da discriminare, ma anche per “capire”: riconoscere quanto è accaduto al di là di quel cancello, dove le forze alleate liberarono Auschwitz dai nazisti, vuol dire avere gli strumenti per difendere la nostra civiltà dalla cattiveria e dalla crudeltà dell’uomo affinché simili tragedie non possano ripetersi e la cultura dell’ostilità verso il diverso, l’immigrato e il rifugiato non abbia la meglio.

E’ l’ora del congedo. Questo, certamente, ci può aiutare a riflettere sui nostri congedi. Ce ne sono tanti e in alcuni di essi c’è anche tanta sofferenza, e ci sono tante lacrime.

Pensiamo oggi, ad esempio, a quei poveri Rohingya della Birmania (Myanmar) in barca… Arrivano in una città, dove danno loro acqua, cibo… e poi dicono: ‘Andatevene via’. E’ un congedo. Pensiamo al congedo dei cristiani e degli yazidi, che sanno di non tornare più nella loro terra, perché cacciati via dalle loro case. […]

Ci sono piccoli e grandi congedi nella vita. E ci sarà anche l’ultimo congedo che tutti noi dovremo fare, quando Sorella Morte ci chiamerà all’altra riva. Questo non sarà uno dei congedi ‘a presto’, ‘a dopo’, ‘a più tardi’, ‘arrivederci’, ma l’«addio» finale, il commiato perenne, la separazione definitiva. […] Meditando il Vangelo sul congedo di Gesù (Gv 17,1-11), ci farà bene immaginarci in quel momento. Come abbiamo ‘sprecato’ la nostra vita? Cosa lasciamo ai posteri? Chi sarà a chiudere i nostri occhi? E non dimentichiamo mai che eravamo presenti nella preghiera di Gesù, proprio lì, nel momento più drammatico della sua vita, in quell’Orto dell’ultima scelta. Egli già ci ha affidati alla tenerezza del Padre. Non temiamo, dunque, perché egli ci conosce, ci ama e, nell’Eucaristia, prolungamento della sua incarnazione, continua a pregare per noi, a riconsacrare la nostra vita, ad attirare nella stessa intimità divina, nel Santo dei santi, nel cuore di Dio Padre. E’ la sua voce che schiude i nostri occhi sulle sue opere nella nostra vita, segni del suo amore divino. E’ la sua parola che ci permette di credere e ottenere la vita che non muore, vita in pienezza per noi e per chi ci è prossimo. E’ la sua mano, trapassata dai chiodi, che ci tiene stretti per l’eternità. E lui, con il suo sangue, ha scritto i nostri nomi in cielo, per l’eternità, ed è questa la verità che si fa unica fonte di vera gioia, perché ci dona il perdono eterno.

Addio, Peppino, fratello minore. Grazie per ciò che hai fatto e hai detto, con semplicità e amore. Sii con il Risorto. La sua risurrezione – lo sappiamo – non è stata un semplice ritorno alla vita terrena; è stata invece la più grande ‘mutazione’ mai accaduta, il ‘salto’ decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l’ingresso in un ordine completamente diverso, che riguarda anzitutto lui stesso, ma con lui anche noi, tutta l’umanità, la storia e il cosmo.

La «risurrezione» è una parola che ora il Signore rivolge a ciascuno di noi: «Sono risorto – dice – e ora sono sempre con te. La mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai nelle mie mani. Sono presente perfino alla porta della morte. Là, dove nessuno può accompagnarti e dove non puoi portare niente, ti aspetto io e trasformo per te le tenebre in luce».

Glorifica, o Padre, questo Fratello, che ci ha tolto nel 7° giorno dell’ottavario della 49ª settimana di preghiera per l’unità visibile dei cristiani, dal motto: «Costruire la famiglia nelle case e nelle chiese», e restituiscicelo, purificato da ogni macchia, glorificato e beato, come nostro celeste compagno, intercessore e protettore del “suo” Circolo, della famiglia, della comunità civile e parrocchiale di Catanzaro Lido.

Dopo il rito dell’ultima raccomandazione e del commiato, presso il feretro, ci sono stati tre commoventi interventi. L’avv. Giuseppe Iannello, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Catanzaro, con voce vibrante ha espresso profondo cordoglio al dolore della famiglia per la scomparsa di Peppino, «stimato ed apprezzato professionista». L’ass.re Franco Longo, a nome personale, del Sindaco, della Giunta e di tutta la comunità civile, ha sottolineato il sentimento di riconoscenza e di ammirazione per l’affetto, la cortesia e la stima che ha saputo dimostrare nei suoi confronti e per l’amore che ha saputo riservare alla città. Infine, la dott.ssa Teresa Cona, segretaria del Circolo, ha ricordato telegraficamente le sue costruttive e propositive «performances» al Circolo e il suo alto profilo umano. Riportiamo qui le sue parole.

Peppino − ha detto − è stato uno dei protagonisti di punta delle Serate conviviali a tema e uno tra i primi a prepararle, dimostrando la competenza e guadagnandosene la stima. […] 91 Serate, in collaborazione con me e il M° Luigi Cimino, membro del Consiglio direttivo. Le “sue” Serate per eccellenza sono quelle dedicate all’amata Catanzaro che si sono svolte dal 19 giugno 2015 al 18 giugno 2016, dal titolo: «Catanzaro mille volti». 20 Serate in totale. Serate che hanno riscosso un’ampia eco per qualità e numero di partecipanti.

Peppino non era uno storico, ma, come lui stesso si definiva, «un innamorato di Catanzaro», la città delle tre “V” (Vitaliano, Vento, Velluto). Con il supporto, la collaborazione e il coinvolgimento di altri relatori, nella prima edizione del WikiCircolo, ha cercato di farci conoscere la storia non ufficiale della città, cose e fatti che gli storici di professione hanno trascurato, come sovente succede. Con la sua forza coinvolgente ci ha portato idealmente in giro per i vicoli che i più non conoscevano.

Calabrese doc, nella seconda edizione del WikiCircolo, estesa dal 22 gennaio 2016 fino 10 giugno 2016, parlando della sua/nostra Calabria, l’ha definita «crocevia di cultura e civiltà», terra formata nella storica convivenza fra cultura e religioni di diversa provenienza. Grande eredità del passato calabrese che ha voluto far conoscere ai più e rilanciarla contro l’egoismo e l’intolleranza verso l’altro, il diverso.

Nella terza edizione del WikiCircolo dal titolo: «Volti della misericordia», che va dal 23 settembre 2016 fino al 2 dicembre 2016, ha voluto invece parlare di sei magnifiche figure calabresi. Questa volta ha spostato, insieme ai diversi relatori, il suo/nostro interesse su uomini e donne calabresi: Nuccia Tolomeo, Raffaele Gentile, Fortunata Evolo, Antonio Lombardi, Paolo De Ambrosis da Cropani. Un lavoro di ricerca fatto con amore e dedizione solo per far risplendere ai nostri occhi le “gemme” che la Calabria ha offerto al mondo intero.

Della quarta e quinta edizione ne è stato cocuratore e coordinatore, lasciando spazio a nuove tematiche che si sono rivolte a temi di attualità scottante, sulla scia della lettera enciclica Laudato si’ di Papa Francesco sulla cura della casa comune, dal il titolo: «L’uomo e sua sorella-madre Terra», la prima, e «L’uomo custode e protettore di sorella-madre Terra», la seconda.

Il suo lavoro in queste ultime tre edizioni che non lo hanno visto relatore unico, come le prime due, è stato più difficile poiché ha dovuto e saputo intercettare tra le sue conoscenze relatori capaci ed anche interessati alla serie di tematiche selezionate per le Serate di alto interesse culturale.

Peppino non si è mai tirato indietro di fronte ai più svariati problemi che via via si presentavano nella gestione del Circolo. Il suo carattere solare, il suo coraggio, il suo entusiasmo contagiava chiunque gli venisse in contatto. Noi del Circolo, come ci amava definire: «lo zoccolo duro», «le colonne», facevamo quadrato e superavamo insieme gli ostacoli. Certo, non sono mancati momenti di tensione, ma mai tra di noi, poiché alla base del Circolo c’è sempre stato il rispetto per l’altro, sempre.

Mi piace ricordarlo seduto in Segreteria, aspettando la Segretaria in perenne ritardo o nelle ore che precedevano ogni evento vederlo scherzare con il suo grande amico e fan, Ghenadi Cimino, il tecnico dell’audio service che lavora con noi nelle Serate, rendendole possibili… e mi mancheranno quei suoi messaggini durante le Serate per avvisarmi secondo lui quanta pizza andava comperata… Con quegli occhioni sempre sorridenti, in base alla stazza dei presenti, calcolava la “quantità” e mi faceva morire dal ridere…

Se n’è andata una colonna del Circolo… In questo momento non siamo in grado di calcolare il grave danno che arreca la sua mancanza…, ma lui amava il Circolo e lo chiamava la sua creatura, e mai si sarebbe allontanato. Continuare nel suo ricordo adesso è un obbligo in più. Un qualcosa che non lascia scampo che ci inchioda al dovere di continuare in sua memoria.

Il suo spirito, colmo di amore divino e di amicizia sociale, ci investirà e ci darà una marcia in più.

Piotr Anzulewicz OFMConv

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WikiCircolo 2018: I giovani con la ‘sorella’-‘madre’ Terra

E’ già online il depliant della 6ª edizione del WikiCircolo, dedicata ai giovani, in vista del Sinodo dei giovani che si terrà ad ottobre 2018! La nuova edizione, quindi, si colorerà della gioia dei giovani. Infatti, il suo leitmotiv è: «I giovani con la ‘sorella’-‘madre’ Terra». Si comincia venerdì 12 gennaio 2018, alle ore 19, nel Salone «S. Elisabetta d’Ungheria», presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido. Venerdì 19 gennaio invece riparte la 6ª edizione del CineCircolo, anch’essa all’insegna dei giovani, dal tema conduttore «I giovani con la ‘sorella’-‘madre’ Terra per immagini».

La 6ª edizione del Wiki– e CineCircolo «ci invita a ricuperare l’alleanza inter– e intragenerazionale, universale e cosmica, praticata da frate Francesco e promossa da papa Francesco, e, attraverso lo scambio di idee e il confronto delle voci dei giovani con le istituzioni, le comunità, gli educatori e i pastori, a progettare insieme un possibile avvenire, unendo creatività, energia, forza e saggezza per il bene dell’umanità, della società e della ‘sorella’-’madre’ Terra. Un cantiere di dialogo, di proposte, di iniziative… e un luogo in cui tessere relazioni improntate alla fiducia, alla condivisione, all’apertura fino ai confini del mondo».

Il Circolo conta su di voi. Per iscriversi ad esso, riceverne la tessera associativa o rinnovarla e saperne di più, non esitate a contattarci e frequentare questo portale e la pagina di Facebook. È una straordinaria opportunità di condivisione e di fraternità, indirizzata a tutti, vicini e lontani.

A presto, dunque, alla 1ª Serata conviviale con «aperitivo», pieni di passione e di creatività, uniti e ringiovaniti.

(pa)

 




Salve, «Regina di tutto il creato»

Al timone della 6ª Serata conviviale con «aperitivo» dal titolo: «Maria, Regina di tutto il creato», che si è svolta venerdì 1 dicembre 2017, due ospiti eccezionali: don Gesualdo De Luca − vicario episcopale, docente dell’Istituto Teologico Calabro «S. Pio X» di Catanzaro e assistente ecclesiastico regionale del Movimento Apostolico, e don Michele Cordiano − padre spirituale di Natuzza (Fortunata) Evolo e direttore nazionale dei Cenacoli di Preghiera «Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime» ispirati alla spiritualità della Mistica di Paravati. La loro presenza è stata un dono inestimabile per tutti noi. Ci hanno regalato delle stupende pennellate antropologico-teologico-mariane, spronandoci a invocare la «Regina del creato» per la protezione dalla distruzione, inquinamento, devastazione della «sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba» (Cant, v. 9: FF 263). All’appello non si è presentata Lina Martelli, responsabile del gruppo parrocchiale della Milizia dell’Immacolata di Catanzaro Lido, richiamata urgentemente a Milano per dare l’ultimo addio a suo fratello. Ci avrebbe certamente ricordato la celebre frase che s. Massimiliano Kolbe, fondatore della Milizia dell’Immacolata, ha lasciato all’umanità di tutti i tempi: «Soltanto l’amore crea», tanto più se è connesso con Maria, «vertice dell’amore della creazione», perché in lei «avvenne il miracolo dell’unione di Dio con la creazione» (Scritti, Roma 1992, 721).

Una Serata ricca di suggestioni, impressioni, domande ed emozioni. Ad aprirla un video musicale: «Regina Coeli − C-Dur KV 276», di Wolfgang Amadeus Mozart, e l’ascolto del brano dell’enciclica Laudato si’ (n. 241), letto da Nunzio Familiari. E a chiuderla un altro video: «Alleluia – Lode cosmica», la foto di gruppo ed «aperitivo». Fiume di gratitudine e di applausi a due magnifici protagonisti, allo Staff della 5ª edizione del WikiCircolo e a tutti i soci del Circolo, sostenitori ed amici, pronti a collaborare e fieri di tenerlo in vita, con ardore, passione e gioia. Alla prossima edizione, a beneficio di tutti, vicini e lontani!

Piotr Anzulewicz OFMConv

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Usciremo alla gloria… e l’amore sarà pieno

Le ‘acrobazie’ del Circolo sono alla fine sempre premiate. Venerdì 10 novembre 2017, la 103ª Serata di seguito − 4ª cinematografica della 5ª edizione del CineCircolo − ha visto, come la precedente, un inatteso “ritocco” nel programma. La pellicola «Il superstite» di Paul Wright è stata felicemente sostituita con un’altra: L’attesa di Piero Messina, lasciando invariato comunque l’impianto generale del programma e il tema della conversazione: Lutto. Ospite d’eccezione, presente all’intera Serata, don Vincenzo Lopasso, professore e direttore dell’Istituto Teologico Calabro «S. Pio X», biblista di chiara fama, salutato a metà della proiezione anche dal gruppo parrocchiale del Rinnovamento nello Spirito con la responsabile Giulia Ariosto.

La Serata ha avuto inizio con un video musicale «Amazing Grace» («Grazia incredibile») di John Newton, su cui lapide nel cimitero di Londra sono incise, per sua volontà, le parole pronunciate poco prima di morire (1807): «John Newton, ecclesiastico, un tempo un infedele e un libertino, servo degli schiavisti in Africa, fu, per grazia del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, conservato, redento, perdonato e inviato a predicare quella fede che aveva cercato di distruggere».

Ha seguito dunque la proiezione del lungometraggio di Piero Messina, regista siciliano, classe ’81, allievo di Paolo Sorrentino, un altro che ha più fan tra gli spettatori che critici a favore. Un film con un vuoto, un buco, un assente in mezzo: il figlio morto della matrona fatto diventare il fidanzato “lontano” della ragazza francese, da rimpianto a desiderio. Il cinema di Messina, così acerbo, eppure così vivo e orgogliosamente borghese, si struttura attorno a questo vuoto, lo guarda e ne ha paura, lo costeggia e lo nasconde, ne sta alla larga. E mette continuamente in scena questa dinamica, i drappi di velluto sugli specchi, le finestre chiuse, la processione mascherata e ovviamente le bugie della protagonista. Accattivante la colonna sonora: pezzi originali del regista e pezzi celebri, come Missing di XX e Waiting for the Miracle di Leonard Cohen. Gli uomini sono sempre muti o di passaggio. Il mondo è delle Madonne e per il loro patire. A parere di Gianluca Arnone, giornalista e critico cinematografico, è «un film di donne e di fantasmi, di crepe e vertigini di cuore, e di manipolazioni, per schermare il dolore, truccare la vita. Ispirato a una novella pirandelliana e ambientato in una villa decadente nell’aspra campagna siciliana (Chiaramonte Gulfi), L’attesa ricorda un po’ il Godot di Samuel Beckett e molto L’avventura antononiana, dove la sparizione di Lea Massari era il motore del racconto e la stessa ingegneria poetica del film».

E’ ‘oscenamente’ bello, senza la bara e il carro funebre, ma con due donne, Anna e Jeanne, unite da un lutto da esorcizzare. Brava Juliette Binoche dal volto sofferente e magnetico, ma che sorpresa Lou de Laâge dal volto ingenuo e candido! Anna vive in una grande villa nella campagna siciliana, ancora allestita a lutto, quando riceve la telefonata di una ragazza Jeanne, ragazza del figlio Giuseppe, che l’ha invitata a passare qualche giorno da lui. Anna la invita volentieri, anche se il figlio non c’è. È come sparito, ma entrambe sono disposte ad aspettare il suo arrivo che forse non ci sarà mai. Ciò che gli altri sostengono debba scorgersi in filigrana, Messina lo fa traboccare, con un tripudio di effetti estetizzanti e continue sovrapposizioni di luci e suoni, in superficie, esteriorizzando i sentimenti e raccontando l’assenza con la sovrabbondanza stilistica, il vuoto con il pieno. «Questo film nasce da ricordi d’infanzia – confida il regista −, da una serie di suggestioni e soprattutto da una cosa che mi ha raccontato un amico, ovvero la storia un padre che, dopo la morte del figlio, aveva deciso di non parlarne tanto che a un certo punto anche chi gli era intorno faceva finta che quel fatto non fosse mai davvero accaduto». «È terribile – aggiunge – nei funerali vedere tante persone, anche bambini, che piangono verso un pezzo di legno. Così è anche possibile decidere di credere a una cosa che è al di là della realtà».

La verità della morte, nascosta ai più, dura e incomprensibile, ha ricevuto una luce. Gesù risorto ha svelato il suo mistero. Siamo immortali, nati per la vita duratura, perenne, eterna. Questo del resto spiega l’inaudita sproporzione tra il nostro desiderio di felicità e ciò che riusciamo ad ottenere in questa vita. Siamo immortali nel momento del nostro concepimento, e questa vita ci è data per scoprire la nostra autentica dignità, la misura della grandezza della nostra chiamata, il nostro destino immortale. Il cimitero allora non contiene il loculo del destino ultimo del singolo uomo. Non è una buca nera del nulla e, conseguentemente, la storia non è la “fossa comune” dell’intera famiglia umana. Questa è la nostra granitica fede: la nostra tomba, per la potenza della risurrezione di Cristo, diventerà una culla, da cui usciremo alla gloria. Per la sua risurrezione, «una parola prima quasi impronunciabile e poi grido da irradiare dai tetti del mondo», come ha detto il 3 novembre 2014 Papa Francesco, durante la Messa presieduta nella basilica di S. Pietro, in suffragio dei cardinali e vescovi defunti nel corso dell’anno. La risurrezione: in Cristo questo mistero così grande, decisivo, sovrumano «non solo si rivela pienamente, ma si attua, avviene, diventa per la prima volta e definitivamente realtà». In quell’istante zero la fede cristiana conquista la sua unicità. Egli è risorto, anzi, egli è la risurrezione. Per il cristiano allora il problema è quello di guardare in faccia la morte, di non mutarle nome, di vigilare perché non si taccia su di essa, ma anche di impedire che si enfatizzi fino a ritenerla la forma unica e ultima della realtà. La morte, «sora nostra morte corporale» (Cantico delle creature, v. 12: FF 263), va vista come passaggio verso un’altra dimensione di questa stessa vita, verso la pienezza che Dio desidera darci: l’amore sarà pieno e totale.

Dopo le comunicazioni relative al Circolo e l’annuncio del prossimo evento, è risuonato quindi il gioioso «Hallelujah», cantato da Artem, Julia, Marsel e Xenia, fantastici bambini russi.

Una Serata triste, ma al contempo lieta, ricca di contenuti, vivace e stimolante per noi e per il pubblico. Alla prossima. L’appuntamento è a venerdì 17 novembre, con la Serata conviviale dal titolo: «Gratitudine per i doni della creazione».

 

pa/tc

 

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Sognare, aspirare, francescanizzare…

Frate Francesco d’Assisi, messaggero di pace, di concordia e di fratellanza, è fulcro del nostro Circolo, fin dall’inizio. Siamo fieri di averlo come archetipo, modello di umanità, grande fratello universale. Ognuno di noi porta nel proprio intimo qualcosa o molto dei suoi sogni. Per questo ci sembrano così familiari e così nostri, a volte lontani e a volte vicini, ma sempre suggestivi, provocatori, inquietanti. Sogni credibili e affidabili, per la ristrutturazione del mondo, sulla base di principi buoni, giusti, positivi ed inclusivi. Non ci resta altro che andare fino in fondo: francescanizzare il nostro tessuto vitale, il nostro ambiente, la nostra collettività.

A questo ci hanno spronato la pellicola «Il sogno di Francesco» di Renaud Fely e Arnaud Louvet e la conversazione sulla povertà/spogliazione/svuotamento/espropriazione di sé, con cui venerdì 29 settembre scorso abbiamo inaugurato la 5ª edizione del CineCircolo, tinta ancora di verde, dal motto: «‘Sorella’ e ‘madre’ Terra per immagini di speranza». E siamo felici di sapere che ci ha seguito anche il «Cineforum Seraphicum» della Pontificia Facoltà Teologica «S. Bonaventura», dando l’avvio il 14 ottobre, con la stessa pellicola, alla stagione cinematografica 2017-2018. Un film bello, stimolante, allettante. Una festa per gli occhi e per la mente.

«I due registi francesi − scrisse Massimo Giraldi − offrono nel loro svolgimento una nuova occasione di riflessione sulla figura religiosa di Francesco, ponendo l’attenzione sulla dialettica incontro/scontro con il confratello Elia. A prevalere è un approccio rivolto a mettere in luce il carisma spirituale dell’Assisiate e le resistenze di alcuni confratelli. In questa prospettiva va detto che, sotto il profilo narrativo, il film si prende qualche libertà, tra queste una soprattutto significativa: succede quando Elia, rimasto solo a decidere se e quali modifiche apportare alla Regola, in un momento di particolare sconforto tenta il suicidio, che non va a buon fine, ma l’episodio, del tutto inventato, ha il sapore della forzatura. Alla fine questa versione della vita di Francesco all’inizio del terzo millennio mantiene caratteristiche di ascetismo e sobrietà: un uomo che ama la povertà e i poveri come un una ricchezza e un dono del cielo. La gestualità e la parola del Santo si muovono in una dimensione umile del tutto lontana da facili stereotipi e da una prevedibile agiografia».

Film ’moderno’, dunque, con tutti i pregi e i limiti della definizione, al centro del quale si pone, comunque, il Poverello, che con gioia e autenticità manifesta un’attenzione particolare verso il creato e verso ciò che è debole, abbandonato e scartato. Intimamente unito a ciò che esiste, vive in una «meravigliosa armonia con Dio, con la natura, con se stesso e con gli altri» (Laudato si’, n. 11). Di più, è un compendio che trascina con sé l’eco di tutti gli ultimi: migranti, rom, palestinesi, precari, disoccupati, cassaintegrati, cervelli in fuga, senzatetto… Per lui povertà e austerità non sono «un ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di più radicale: una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio» (ivi).

A noi sognare come lui, volare in alto e con passione francescanizzare ciò che è attorno a noi. Il compito è immenso, ma possibile.

Piotr Anzulewicz OFMConv

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Così il Circolo iniziò la marcia…

Un’occasione fantastica per ripartire dopo le ferie estive: quella della 3ª Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, quella della 12ª Giornata Nazionale per la Custodia del Creato e quella del 1° giorno del «Tempo del Creato», in comunione con papa Francesco, il patriarca ecumenico Bartolomeo I, il Consiglio Mondiale delle Chiese, la Conferenza Episcopale Italiana e le donne e gli uomini di buona volontà.

Infatti, alcuni fans del Circolo, accogliendo l’invito del Papa espresso nel Messaggio congiunto con il Patriarca ecumenico a dedicare, nella Giornata, «un tempo di riflessione e di preghiera per l’ambiente», si sono ritrovati venerdì 1 settembre, alle ore 19, nel Salone «S. Elisabetta d’Ungheria».

Con attenzione hanno ascoltato la sintesi del Messaggio dei due leader religiosi e con prontezza hanno abbracciato il loro «urgente appello a prestare ascolto al grido della terra e ad attendere ai bisogni di chi è marginalizzato, ma soprattutto a rispondere alla supplica di tanti e a sostenere il consenso globale perché venga risanato il creato ferito», tanto più che proprio «per causa nostra migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro esistenza né potranno comunicarci il proprio messaggio» (Laudato sì’, 33). Noi anche, come singoli, assuefatti a stili di vita indotti, sia da una malintesa cultura del benessere sia da un «desiderio disordinato di consumare più di quello di cui realmente si ha bisogno» (ivi, 123), e come partecipi di un sistema «che ha imposto la logica del profitto ad ogni costo, senza pensare all’esclusione sociale o alla distruzione della natura» [Papa Francesco, Discorso al 2° Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari, Santa Cruz de la Sierra (Bolivia), 9.07.2015], siamo stati invitati a riconoscere i nostri peccati contro il creato che ci è stato affidato come dono sublime, condiviso, comune, e contro questi nostri fratelli e le nostre sorelle che sono più vulnerabili e poveri. Il pentimento poi ci dovrebbe condurre a un fermo proposito di cambiare «rotta»: fare un uso oculato della plastica e della carta, non sprecare acqua, cibo ed energia elettrica, differenziare i rifiuti, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico e condividere un medesimo veicolo tra più persone e così via (cfr. Laudato si’, 211). Non dobbiamo credere che questi sforzi siano troppo piccoli per migliorare il mondo. Tali azioni «provocano in seno a questa terra − afferma il Papa − un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente» (ivi, 212), e incoraggiano «uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo» (ivi, 222).

«Il proposito di cambiare ‘rotta’ − continua Papa Francesco nel Messaggio del 1 settembre 2016 dal titolo: Usiamo misericordia verso la nostra Casa comune − deve attraversare il modo in cui contribuiamo a costruire la cultura e la società di cui siamo parte: infatti, “la cura per la natura è parte di uno stile di vita che implica capacità di vivere insieme e di comunione” (Laudato si’, 228)». In altre parole, comporta l’amorevole consapevolezza di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale. «Per il credente, il mondo non si contempla dal di fuori, ma dal di dentro, riconoscendo i legami con i quali il Creatore ci ha unito a tutti gli esseri» (ivi, 220).

Stimolante è stata per noi questa Serata, nella «Giornata del Creato». In essa non è mancato un doveroso riferimento a frate Francesco d’Assisi. Il suo messaggio relativo al creato non è un genere, ma una forma che plasma e piega a sé l’intero universo della 5ª edizione del Wiki- e CineCircolo. E’ stata, dunque, letta e commentata una “sua” lettera: «Lettera ai difensori dell’ambiente»! Ascoltandola, abbiamo avuto la sensazione che l’abbia scritta davvero lui, l’Assisiate. Non la troviamo però nel «corpus» dei suoi scritti. Quando era in vita, desiderava essere in comunicazione con tutti. Servendosi di segretari che davano stile a ciò che lui dettava, scrisse ben 13 lettere (si veda Fonti francescane, 178-255). Nella nostra lettera si trovano dunque messaggi, pensieri ed espressioni che non appaiono esplicitamente in quelle lettere, ma vi sono impliciti. Il «ghostwriter» (in inglese: «scrittore fantasma» o scrittore ombra) li ha attinti dalle biografie e dai maestri della Scuola francescana che a loro volta intinsero le loro penne nell’inchiostro dell’esperienza di frate Francesco, nella sua spiritualità, nel suo modo di sentire e di pensare. Così, grazie a fr. José Antonio Merino, minore francescano, già professore di storia della filosofia moderna all’Università autonoma di Madrid e al Pontificio Ateneo Antoniano di Roma, abbiamo 15 “nuove” missive che il Poverello d’Assisi avrebbe potuto indirizzare oggi a donne e giovani, governanti e finanzieri, medici e artisti, sacerdoti e banditi, difensori dell’ambiente, appunto, e a Papa Francesco (J. A. Merino, Lettere di Francesco d’Assisi dal suo esilio, Padova 2017). Nel nostro mondo tecnicizzato, purtroppo, non si scrivono né si ricevono lettere come prima. Sono state sostituite dalle poste elettroniche, dagli SMS (sigla dell’inglese Short Message Service, servizio messaggi brevi), dalle Chats (in inglese letteralmente «chiacchierate») o da WhatsApp (un’applicazione di messaggistica istantanea per dispositivi mobili, smartphone). L’immediatezza, la rapidità e la subitaneità tecnica hanno depennato e soppresso la tranquillità cordiale e la comunicazione dei sentimenti amorosi o amicali. Il genere epistolare è passato agli archivi: non compare più nelle relazioni di amicizia, nell’amore, nella cultura, nell’informazione, nella diplomazia. Ed è un vero peccato, perché con le epistole sono scomparsi modi di dire nobili, eleganti, grandiosi, eruditi, nuovi e sorprendenti. E frate Francesco, anche nelle “nuove” lettere, è sempre sorprendente. In più, al lettore trasmette «una nuova inquietudine, una ragionevole speranza, un po’ di allegria e, come no, un sorriso» (ivi, 7). Il suo vigoroso, fresco e autentico messaggio è capace di rivolgersi oggi, come 800 anni fa, al mondo intero.

Su questo sfondo, i due curatori principali delle Serate: la dott.ssa Teresa Cona e l’avv. Peppino Frontera, hanno lanciato la 5ª edizione del WikiCircolo dal filo conduttore: «L’uomo-custode e protettore di ‘sorella’ e ‘madre’ Terra», e del CineCircolo dal motto: «’Sorella’-‘madre’ Terra per immagini di speranza», cioè delle Serate conviviali con «aperitivo» e delle Serate cinematografiche con «cocktail». Un’edizione avvincente e stimolante, intrisa di speranza e di fiducia, aperta a tutti e, come sempre, offerta gratis. I depliant sono già pubblicati e disponibili, sia in forma elettronica che in quella cartacea.

Ovviamente, il programma delle singole Serate potrà subire variazioni che saranno comunicate sul poster, Facebook e Sito Web del Circolo. Tutte, comunque, saranno semplicissime, fraterne, conviviali, appunto. Inizieranno alle ore 19 e si concluderanno alle ore 21, con un «aperitivo» o un «cocktail», a seconda del budget che ora è “in rosso”. Il Circolo non è una Onlus, per cui sopravvive con le piccole donazioni spontanee dei suoi membri ed amici. Tutti i nostri “relatori” straordinari, invitati alla “tavola rotonda”, sono dei volontari, donando gratuitamente la loro energia, tempo, passione, intelligenza. In compenso hanno la nostra profonda riconoscenza e sincera gratitudine. In più, i frequentatori del Circolo instaurano con loro un rapporto amichevole e fraterno che si rende palese sul volantino, pubblicato una settimana prima dell’evento, e, in seguito, anche su questo portale, nelle foto, in un articolo.

Arrivederci, quindi, alla 1ª Serata conviviale (96 di seguito) che avrà per tema: «Ecumenicamente per il creato», e si terrà il 22 settembre, alle ore 19, nel Salone «S. Elisabetta d’Ungheria», presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido. Alla “tavola rotonda” vorremmo avere qualche fratello valdese, protestante, greco-cattolico, ortodosso, perché possano volontaristicamente, dopo una breve autopresentazione (anche per immagini o video-filmato), condividere con noi l’impegno della loro comunità alla custodia del creato e alla cura dell’altro, magari in collaborazione con le altre confessioni cristiane, tra cui quella romano-cattolica, e dirci qualcosa sulla ricezione dell’enciclica di Papa Francesco nel loro ambiente. Saremmo felici di avere p. Vasyl Kulynyak, cappellano ucraino presso l’arcidiocesi di Crotone-S. Severina, che ci ha confermato la sua presenza. Aspettiamo ancora la conferma di p. Salvatore Sulla dell’eparchia di Lungro degli italo-albanesi e di pr. Ivan Dobrotchi della diocesi ortodossa romena d’Italia. Abbiamo contattato anche un fratello valdese ed evangelico di Catanzaro… Il programma dettagliato della Serata sarà presto pubblicato su questo portale, nella sezione «Prossimi Eventi».

Intanto, dopo la recita della Preghiera cristiana con il creato, tratta dall’enciclica Laudato si’ (n. 246), e un momento di convivialità attorno al tavolo con i pasticcini, ci rimbocchiamo le maniche, perché la marcia, da compiere insieme, con costanza, sia trainante e porti al largo i soci, amici e sostenitori del Circolo, offra nuovi impulsi, spunti di riflessione e momenti di coesione, semini la speranza di un avvenire nel quale ri-passionare tutti ai grandi temi e dare ascolto al «grido della terra e al grido dei poveri» (Laudato si’, 49). Siamo ancora agli albori, ma già dentro il cantiere per domani…

A presto, pieni di passione, energie e idee, gratuità e reciprocità.

Piotr Anzulewicz OFMConv

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Auguri di buona estate

È arrivato il momento di staccare la spina. I mesi di lavoro alle spalle, seppur gratificanti e appassionanti, si fanno sentire e impongono una pausa per la mente e il corpo. «Non c’è che una stagione: l’estate, tanto bella che le altre le girano attorno − scrisse Ennio Flaiano († 1972), sceneggiatore, scrittore, giornalista, critico cinematografico e drammaturgo italiano. − L’autunno la ricorda, l’inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla».

Augurando a tutti una buona estate, «tanto bella», splendida e colorata, il Consiglio direttivo del Circolo esprime la gratitudine per il tempo trascorso insieme e invita alla 5ª edizione del Wiki- e del CineCircolo, cioè alle Serate conviviali con «aperitivo» e alle Serate cinematografiche con «cocktail» (venerdì 22 settembre è in programma la 1ª Serata conviviale e venerdì 29 settembre − la 1ª Serata cinematografica).

Entrambe le edizioni continueranno ad ispirarsi all’enciclica Laudato sì di Papa Francesco e alla poesia-preghiera Cantico delle creature di frate Francesco, ma anche al Messaggio per la 51ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali «“Non temere, perché io sono con te” (Is 43,5). Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo». Sarà questo un surplus che le darà un tocco speciale: speranza e fiducia, all’insegna dell’incontro, del dialogo, dell’accoglienza, secondo la logica della ‘buona notizia’, raccontando o proiettando storie positive e propositive. Il Consiglio direttivo del Circolo chiede di promuovere e sostenere queste edizioni e tutti i programmi non ancora attivati, in attesa di tempi migliori.

Il programma delle Serate? È la domanda che in tanti ci stanno ponendo. La risposta è vicina! L’occasione per lanciarlo sarà la 12ª Giornata Mondiale per la Custodia del Creato che si terrà nella sede del Circolo venerdì 1 settembre, con la presentazione dei loro principali protagonisti. Da quel momento si comincerà a fare il conto alla rovescia per il 22 settembre!

Già domani si potranno trovare su questo portale i dépliant digitali delle Serate. I dépliant cartacei saranno ritirati dalla Tipografia nei prossimi giorni e messi a disposizione di tutti. Navigare sul nostro portale è molto facile, ma anche fogliare una cara brochure cartacea ha i suoi meriti. Richiedetela nella sede del Circolo.

Pertanto, godetevi le vostre meritate vacanze. Siano esse rilassanti, ritempranti e rigeneranti… Con voi vorremmo anche noi alzare lo sguardo dalle creature verso il Creatore e con frate Francesco elevare il canto di lode: “Laudato si’, Signore, per il mare, le spiagge e il sole. Laudato si’, Signore, per i monti, i boschi e le sorgenti. Laudato si’, Signore, per le città, le chiese, le piazze e i monumenti d’arte”. «Laudato si’, mi’ Signore, ‘per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba» (Cant 9: FF 263).

Un affettuoso abbraccio a ciascuno di voi: soci, sostenitori, promotori, amici.

Piotr Anzulewicz OFMConv

a nome del Consiglio direttivo




Per esaltare l’armonia del creato e delle creature…

Tutto era sonoro ed armonioso, altisonante ed esaltante. La «Messa della Terra» (Earth Messa), che si è tenuta venerdì 30 giugno presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido, a coronamento della 4ª edizione del Wiki- e CineCircolo, richiedeva dai presenti un’assoluta resa. E, infatti, al suono del sassofono tenore tanti si sono arresi subito. E’ stato il M° Luigi Cimino, sassofonista, arrangiatore-compositore, direttore del complesso bandistico «Giuseppe Cimino» di Cropani, docente di musica nelle scuole statali e membro del Consiglio direttivo del «Circolo Culturale San Francesco», a toccare le corde dei loro cuori e trascinarli verso «i territori che si trovano in noi stessi e in territori in cui è sospesa la nostra minuta e stupefacente Terra, con i suoi spazi trapassati dalle radiazioni delle stelle».

A dare l’avvio a questo evento di pathos estatico e conviviale è stata la lettura della preghiera «Absorbeat», conosciuta e recitata da frate Francesco d’Assisi e pubblicata sulla prima pagina di questo sito Internet del Circolo: «Rapisca, ti prego, o Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore, la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo, perché io muoia per amore dell’amor tuo, come tu ti sei degnato di morire per amore dell’amor mio» (Fonti francescane 277).

La dott.ssa Teresa Cona, segretaria del Circolo, ha presentato quindi il programma della Serata e con lo sguardo retrospettivo ha rievocato il percorso della 4ª edizione del Wiki– e Cine-Circolo, focalizzando l’attenzione sulle ultime due Serate: quelle del 16 e del 23 giugno, già commentate nell’articolo «Gratitudine – Mondo fragile – Happening». Prima di lasciarci rapire dai brani musicali, ha spalancato le nostre menti e i nostri cuori al repertorio «Un tocco di armonia», pubblicato in anticipo su questo portale e riportato anche sulla brochure a disposizione dei presenti, e insieme all’avv. Peppino Frontera ha rammentato il «curriculum» professionale del Maestro, colonna portante del Circolo e anima trainante di questa Serata (al riguardo si legga ad esempio l’articolo: «Concerto natalizio: una star con il sassofono»). Tutti i brani, eseguiti da lui in chiave jazzistica ed accompagnati dai toccanti filmati musicali proiettati da Ghenadi Cimino sul grande schermo, hanno destato un’estasiata ammirazione e un cordiale applauso.

La pausa tra le due parti è stata attraversata sia dai versi degli animali (l’ululato del lupo di Gubbio e il canto della cicala), che dal mormorio delle foglie e dell’acqua e dalle parole del Maestro che ci ha offerto un “terzo orecchio”, per scoprire i segreti del jazz con affascinanti finezze in alcuni capolavori, e uno sguardo sulle profondità espressive e sui meccanismi di come ‘farlo’, dall’improvvisazione alle poliritmie e dal «sound» alle forme.

Al termine della sua «performance», tra emozione e commozione, i due presentatori, a nome di tutti i partecipanti, gli hanno donato un mazzo di fiori come segno di gratitudine e di apprezzamento per la sua maestria e per il suo certosino lavoro che soggiaceva ad ogni interpretazione. Il Circolo lo ringrazia vivamente e nel contempo è fiero di averlo come consigliere, conoscendone a fondo il suo «genio» e la sua bontà, qualità esaltate dall’umiltà che accomuna i “grandi”.

La segretaria ha quindi abbozzato la nuova edizione, la 5ª, del Wiki-e CineCircolo e ha invitato i convenuti all’«aperitivo» nel Salone «S. Elisabetta d’Ungheria»: un raffinato e delizioso rinfresco, tra pizze e dolciumi, e un augurio − con la base musicale in sottofondo («Fratello Francesco») − per una rigenerante pausa estiva. La conclusione della Serata è stata suggellata dalla foto comune che ha ‘immortalato’ lo Staff ed alcuni dei partecipanti all’evento.

Di meglio non si è potuto né concepire né sognare. «Chapeau», dunque, a tutti: all’équipe delle due sezioni del Circolo che ha lavorato con passione, gomito a gomito, incontrandosi, insieme ad altri, ogni mercoledì per dare un tocco magico ad ogni evento del venerdì (la dott.ssa Teresa Cona − direttrice del CineCircolo, e l’avv. Peppino Frontera − direttore del WikiCircolo, in collaborazione con il M° Luigi Cimino), a Ghenadi Cimino per il «service» audiovisivo portato sempre la sera precedente, montato e impostato nel giorno dell’evento e gestito d’incanto nel corso dell’evento, a coloro che con le piccole donazioni o le domestiche “creazioni” hanno pensato al palato («aperitivo» e «cocktail»), e ai fans del Circolo, in particolare a quelli presenti fino all’ultimo punto del programma delle Serate del venerdì e immortalati spesso nelle foto di gruppo. A tutti un immenso grazie per il loro costante ed ammirevole impegno, la fatica, la dedizione e la passione. Tutto ciò per esaltare l’armonia del creato e delle creature…

Piotr Anzulewicz OFMConv

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