«Laudato si’ per sor’Acqua!»

E’ stato importante esserci, venerdì 28 aprile, all’8ª Serata cinematografica, con la proiezione del film Per amore dell’acqua – FLOW di Irena Salina e il cinedibattito intorno al tema: «Davvero qualcuno può detenere il possesso dell’acqua?», promossa dal Circolo Culturale San Francesco all’interno della 4ª edizione del CineCircolo, il cui leitmotiv è: «’Sorella’ Terra per immagini», l’edizione ispirata all’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco e alla preghiera-inno Cantico delle creature di frate Francesco.

Far parte del Circolo significa anche imparare a condividere… e la condivisione è qualcosa di veramente grande e bello, perché essa ci fa sentire famiglia, comunità, casa. Ci si forma e ci si documenta insieme, si dialoga e si apprende insieme, insieme si conoscono le grandi sfide e tormenti, idee e progetti, e alla fine si esce con gioia e passione, per trasmetterli agli altri, nei gesti e atti. C’è tanto da fare per migliorare il nostro micro- e macrocosmo. «Ci troviamo in un momento critico della storia della Terra, un periodo in cui l’umanità deve scegliere il suo futuro. […] La scelta è nostra: dar vita ad una condivisione/collaborazione globale per prendersi cura della Terra e gli uni degli altri, oppure rischiare la distruzione di noi stessi e della diversità della vita» (Unesco, Carta della Terra, 2000). Oltre che il grido della Terra occorre ascoltare il grido dei poveri, cioè di coloro che in modo diretto e drammatico pagano i nostri egoismi e la mancanza di cura per «madre e sorella Terra». Papa Francesco ci ha regalato una Lettera-enciclica di straordinaria importanza sulla cura della nostra casa comune, che prende il titolo dal ritornello del Cantico di frate Francesco: Laudato si’».

Non sembra che molti di noi siano coscienti della sfida che abbiamo di fronte. Tuttavia alla Serata non sono mancati i cinofili, quelli appassionati, fervidi, fedeli, attratti dal programma pubblicato in anticipo su questo portale e su facebook del Circolo, esposto sulla bacheca della chiesa «Sacro Cuore» e presentato all’inizio dell’evento dalla dott.ssa Teresa Cona, curatrice delle edizioni del CineCircolo. I più «tosti» a lungo, dopo la proiezione della pellicola, sono rimasti “incollati” all’argomento della Serata, con un obiettivo tostissimo: difendere la «sor’Acqua» come un bene pubblico. Meritatissimi. Eccoli sulle foto… Uno di loro ha comunque un volto dolente, perché avrebbe voluto vedere tra i presenti coloro che ogni domenica, giovedì e venerdì mattina sentono i suoi appelli e «promemoria».

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«Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Acqua!» (Cantico di frate sole, v. 7: FF 263). E’ una lode che è nata dall’esperienza di frate Francesco, un uomo credente nel Dio della Bibbia. E’ importante ricordarlo per non falsare il significato di questa «laus» e non strumentalizzarla a sostegno di ideologie o sensibilità che erano estranee al tempo in cui egli visse. C’è una teologia che per la maggior parte va al suo tempo e alla quale anche lui è debitore. Ogni creatura è portatrice di frammenti di valore, di unità, di bellezza, e come tale è simile a Dio Creatore da cui proviene. Simile non è sinonimo di uguale. «Simile − ci spiega Chiara Francesca Lacchini − è l’incrocio tra uguale e diverso! Il mondo scaturisce da Dio come una cascata di luce che, allargandosi e degradando, penetra e configura tutto. Qui inizia il movimento di Dio di uscire, di discendere, per preparare il ritorno, l’ascesa, la riconquista di quel cielo perduto a causa del peccato, la salita dell’uomo a Dio attraverso le cose» (Aa. Vv., Sorella Terra. Il Cantico di s. Francesco, Padova 2016, pp. 77-78).

Attenzione, però. Vi è anche una novità che frate Francesco immette dentro questo dinamismo: il cammino dell’uomo attraverso il reale, illuminato dalla Bibbia. Egli ha intuito che non è il creato il termine-fine della lode, non sono le creature l’oggetto della lode, non è il creato lo scopo della realizzazione dell’uomo. Il senso del cammino umano-cristiano è ritrovare l’alleanza con Dio e tornare a lui capaci di riconoscere la concretezza dei suoi doni. Il suo amore è l’orizzonte o il luogo entro cui si compie il cammino e in cui anche la creazione, specchio del suo amore divino, acquista l’identità. Il Cantico non loda, dunque, le creature, ma il Creatore. Il suo autore non è cantore del creato, ma di Dio. Tutte portano la sua «significazione», narrano la sua gloria, sono lo specchio della sua bontà e il segno del suo amore. Non è il sole che ci illumina, ma è lui, il Signore, che «allumina noi per lui». Non sono l’acqua, le piogge, il vento a garantirci ciò di cui abbiamo bisogno per vivere, ma tutti questi elementi sono lo strumento attraverso cui lui, il Signore, «a le Sue creature dà sustentamento» (v. 6). L’«altissimu, onnipotente, bon Signore» (v. 1), che Francesco invoca, è il Dio-Padre che crea non per sé, a proprio uso e consumo, per il proprio comodo, ma con gioia di una vita donata. Nel momento in cui crea l’uomo relativizza e de-assolutizza la sua presenza, si ritrae e lascia che l’uomo possa liberamente esercitare la propria responsabilità. L’Assisiate, con la sua intuizione di fraternità, ci insegna che tutto ciò, che vediamo e tocchiamo, è un dono e un «tu» per noi e noi siamo un «tu» per esso. Ecco perché bisogna porgere l’orecchio non solo al nostro fratello umano, ma anche alla nostra sorella Acqua e al fratello Sole… al creato, perché Dio è nel dettaglio:

«Fratelli − dice starets Zosima ne’ I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij − non temete il peccato degli uomini. Amate l’uomo anche nel suo peccato, perché questa immagine dell’amore di Dio è anche il culmine dell’amore sopra la terra. Amate tutta la creazione divina, nel suo insieme e in ogni granello di sabbia. Amate ogni piccola foglia, ogni raggio di sole! Amate gli animali, amate le piante, amate ogni cosa. Se amerai tutte le cose, coglierai in esse il mistero di Dio» (p. II, lib. VI, III).

Veniamo a noi e alla «sor’Acqua». Siamo noi che alla fine decideremo quello che avverrà a questa sorella e madre della nostra vita. E’ interessante come Papa Francesco nella Laudato si’ torni sul tema e, parlando dell’acqua, parli del diritto alla vita. Quando noi parliamo di questo diritto, di solito facciamo riferimento a eutanasia e aborto, ma lui ne parla in riferimento all’acqua: «L’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani» (n. 30). Un testo più forte non si poteva scrivere! L’acqua è vita. Senza petrolio si può vivere, ma senza acqua non si può vivere, al massimo tre o quattro giorni. Se oggi abbiamo 50 milioni di morti di fame, e non perché non ci sia cibo, ma perché i poveri non hanno i soldi per comprarselo (a livello mondiale buttiamo via tanto di quel cibo che basterebbe per sfamare tutti, ma se però i poveri non hanno i soldi, muoiono di fame), domani avremo 100 milioni di morti di sete: è questo il futuro che attende i poveri?

Sul nostro Pianeta c’è acqua a non finire. Il problema grave è che di acqua buona e potabile ne abbiamo poca: solo il 2,5%. Il 70% di questo 2,5% è usato per l’agricoltura. L’agribusiness delle grandi multinazionali non solo consuma, ma inquina e sporca, con tutte le sostanze erbicide e pesticide che penetrano ed entrano nell’acqua. L’acqua scorre ancora, fluisce e si dona a chiunque incontri, come fosse consapevole di essere indispensabile alla vita, ma in alcuni luoghi ha smesso di farlo ed ora ristagna soltanto, segnalandoci la possibilità di un futuro drammatico.

Attraverso il film Per amore dell’acqua. FLOW (titolo orig.: For Love Of Water) abbiamo scoperto che l’acqua e il suo uso sicuro ha tanti nemici, alcuni dai nomi strani o esotici. Il primo si chiama “atrazina”, un terribile erbicida ad alta tossicità il cui uso è vietato in Europa, ma non in America. Il secondo nemico si chiama il complesso delle grandi multinazionali (come Vivendi o Nestlè), che ispirate ed orientate solamente dalla logica del profitto a tutti costi, aspirano a mettere sempre più in commercio – e sempre più in regime di monopolio – le forniture di acqua, rendendola un bene assai più costoso e raro di quanto effettivamente già non sia diventato. Il terzo nemico è la mancanza di purezza dell’acqua stessa – anche per effetto di mancanza di veri controlli – che rendono pericolosa l’acqua del rubinetto, ma ancora di più le cosiddette acque in bottiglia. Tutto questo spiega come e perché le morti collegate all’uso di acque non sicure e non pure siano superiori a quelle determinate da altri grandi flagelli, come l’Aids o le guerre del terzo mondo.

Gli esperti e studiosi intervistati nel corso del film, da Vandana Shiva a Peter Gleick, Maude Barlow, Ashok Gadgil, Erik D. Olson, William E. Marks, Wernonah Hauter, Shri Rajendra Singh, Jim Shultz, Michel Camdessus, Tyron B. Hayes, Gérard Mestrallet, Ronnie Kasrils, David Hemson, James M. Olson, Patrick McCully, Holly Wren Spaulding, Jean-Luc Touly, ciascuno dal proprio punto di vista e dall’osservatorio particolare del proprio lavoro di ricerca, non hanno dubbi: per le cause ricordate prima, negli ultimi 50 anni siamo stati capaci di sporcare una alta percentuale di acque nel nostro Pianeta, avvelenando le falde e colpendo a morte perfino il mare. Il futuro è ancora più minaccioso: se nulla cambia e se si lasceranno i signori dell’acqua ancora liberi di sfruttare questo bene primario, esso determinerà la nascita di grandi conflitti, vere e proprie guerre tra i poveri, per accedere ad una parte delle risorse idriche. Il FLOW ha raccolto dati, ascoltato testimonianze, cercato storie per comporre un quadro completo di quello che gli esperti chiamano «21st century’s global water crisis».

Ci sono nel film i grandi cartelli mondiali dell’acqua, che mirano a una privatizzazione globale delle risorse idriche, ci sono gli scienziati che spiegano perché stiamo raggiungendo il punto di non ritorno, ci sono gli attivisti che lottano contro le multinazionali, c’è la nostra quotidiana stupidità di comprare acqua in bottiglia che è meno pura e meno sana di quella che esce dai nostri rubinetti. E, come ha calcolato uno studio voluto dalle Nazioni Unite, «meno della metà di quanto il mondo spende per comprare acqua in bottiglia basterebbe per dare acqua pulita a tutta l’umanità». Sotto tale aspetto il film è non solo un grido di denuncia, ma anche l’individuazione di un filone di lotta perché l’acqua divenga un bene alla portata di tutti e non di poche società senza scrupoli.

Non cediamo a nessuno la nostra «sor’Acqua». E’ di tutti e per tutti… Arrivederci alla prossima Serata, con l’intervento speciale dell’arch. Walter Fratto!

Piotr Anzulewicz OFMConv




Natale di Gesù e di Francesco

Il Natale di Gesù

Stella di Betlemme«Il Natale è la risposta di Dio al dramma dell’umanità in cerca della vera pace e non una favola per bambini. Betlemme come città-simbolo, in Terra Santa e nel mondo intero. Purtroppo, ai nostri giorni, essa non rappresenta una pace raggiunta e stabile, ma una pace faticosamente ricercata e attesa. Dobbiamo calarci nelle chiusure, nei drammi, spesso sconosciuti e nascosti, e nei conflitti del contesto in cui viviamo, con i sentimenti di Gesù, per diventare ovunque strumenti e messaggeri di pace, per portare amore dove c’è odio, perdono dove c’è offesa, gioia dove c’è tristezza e verità dove c’è errore» (Benedetto XVI).

Il Natale di Francesco

Greccio«C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco, perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa quindici giorni prima della festa della Natività, il beato Francesco lo fece chiamare, come faceva spesso, e gli disse: “Se vuoi che celebriamo a Greccio l’imminente festa del Signore, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei fare memoria di quel Bambino che è nato a Betlemme, e in qualche modo intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato; come fu adagiato in una mangiatoria e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”. (…) E giunge il giorno della letizia (…). Arriva alla fine il Santo di Dio e, trovando che tutto è stato predisposto, vede e se ne rallegra. Si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena si onora la semplicità, si esalta la povertà, si loda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme. (…) Il Santo di Dio è lì estatico di fronte alla mangiatoia, lo spirito vibrante pieno di devota compunzione e pervaso di gaudio ineffabile. (…) Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. (…) E ogni volta che diceva “Bambino di Betlemme” o “Gesù”, passava la lingua sulla labbra, quasi a gustare e deglutire tutta la dolcezza di quella parola» (1 Cel 84-86: FF 468-470).

Madonna con Bambino (arte)Sia un Natale di tenerezza, di compassione, di misericordia, di riconciliazione, di pace e di solidarietà, un Natale solidale, un Natale all’insegna della condivisione con meno fortunati di noi: “scartati”, esiliati, rifugiati, malati, anziani…

Linksmu šventu Kaledu!

Consiglio direttivo