Donne dal ‘dorato’ cuore per il Sacro Cuore

Una Serata fenomenale, ricca di emozioni e contenuti, quella che si è tenuta venerdì 7 giugno 2024, solennità del Sacro Cuore, in presenza e in diretta «streaming», presso la Parrocchia «Sacro Cuore» in Catanzaro Lido. Una Serata speciale, intrisa di coraggio e determinazione, ricolma di speranza e amore, in elogio delle donne dal ‘dorato’ cuore per il Sacro Cuore, la 283ª di seguito.

La sua storia è una storia che non ha un vero inizio o, meglio, ne ha tanti. Può partire dall’estate scorsa, quando si stava cristallizzando l’11ª edizione delle due sezioni del Circolo: Wiki– e CineCircolo, dal «fil rouge»: «Donne pioniere, generative, altruiste e coraggiose, nelle ‹periferie› di un mondo dispari / per immagini», inserendosi nel solco dell’8° centenario francescano (2023-2026) e nel contesto del Sinodo sulla comunione, partecipazione e missione (ottobre 2023 e ottobre 2024). Può partire, la sua storia, anche da un non-luogo, e cioè da una speranza, certa, nel cambio sulle ‘vette’ del luogo. E, infatti, il Circolo se la creava ad arte, prima del cambio, sognando di poter presto, finalmente, essere il fiore all’occhiello della Parrocchia, alla quale è stato consegnato come dono, in occasione della chiusura del suo Giubileo d’oro, e svolgere la sua attività in un salone multimediale e in un ambiente familiare, inclusivo e generativo, offrendo – «a chi ha a cuore le sorti della comunità ecclesiale e della collettività civile – un’occasione di rinnovamento e di impegno, pastorale e culturale» (cfr. Lettera di benedizione dell’Arcivescovo, 4.10.2011). Una speranza che diventava terapeutica e animava, con la sua formidabile capacità, le piccole forze dello Staff redazionale e tecnico, fidelizzando i fan lontani, in rete, e i fan vicini, della porta accanto. Com’è andata lo raccontano le foto, custodite per ora nell’archivio, in attesa di essere messe insieme con i trafiletti e pubblicati tra breve sul sito web che è ancora in restyling. Per il Circolo era una strada in salita, con picchi di contrapposizioni e slittamenti, ma anche in discesa, con voli metaforici e virtuali, resi reali dal generoso e pionieristico «Service Ghenadi Cimino».

È arrivato fin qui, con la Serata speciale, irrimandabile e irrinunciabile per i follower e gli amanti dell’ampiezza del Sacro Cuore, accorsi gioiosi e impavidi, ma presto stupiti e intontiti, per il fracasso che rimbombava fuori. Vista con gli occhi di una follower (Ninetta), la Serata era stupenda, sebbene ostacolata e frastornata… L’hanno resa stupenda, dolce, melodica e sinfonica, non solo i preludi e intermezzi virtuali, ma soprattutto la performance reale del duo acustico «Magma»: Marialaura Gabini (voce) ed Enzo Colosimo (chitarra), la performance che ha lasciato affascinati e incantati tutti. Di più, la Serata aveva un lieto fine, da fiaba, con una torta a forma di cuore, un «Happy Birthday» per il parroco Rocco Predoti, una foto comune (si legga il programma sotto). Ma il Circolo si rimetterà ancora in piedi e in gioco in questo luogo in cui è nato oppure andrà in un altro luogo dove sarà amato e sostenuto? Sarà ancora un ‘diesel’ che seguirà le accelerazioni e correrà dritto verso la meta del suo ideale: la cultura e la cura dell’altro? Ha già annullato le sue prossime Serate. Ed è una tristezza infinita, insensata e assurda.

Buon viaggio, Circolo Culturale San Francesco! Sei in compagnia delle donne dal ‘dorato’ cuore, ossia dal cuore ferito, guarito e grato al Sacro Cuore.

Piotr Anzulewicz OFMConv

Programma in dettaglio

1. Music video «Seguo te» di Shout! Koinonia (4:21’)

2. Saluto iniziale (M° Luigi Cimino, presidente) (2:00’)

3. Presentazione del programma, preceduto dallo sguardo retrospettivo all’11ª edizione di due sezioni del Circolo: Wiki– e CineCircolo dal filo rosso: «Donne pioniere, generative, altruiste e coraggiose, nelle ‹periferie› di un mondo dispari / per immagini», e, in particolare, alle ultime due Serate conviviali con «aperitivo» (15ª e 16ª)

4. Marialaura Gabini / Enzo Colosimo: «Ti darò un cuore nuovo» (4:10’)

5. Panel / Tavola rotonda: interventi, musica, video

5.1. «Scusa, Signore» di Judi & Marco (3:40’); 5.2. Tonia Speranza: «Il ‘cuore’ negli scritti di s. Francesco d’Assisi – 44 volte» (4:10); 5.3. «Il nostro momento» (5:03’); 5.4. Marialuisa Mauro: «Un cuore ferito e ricomposto con l’arte del Kintsugi» (4:00’); 5.5. Marialaura Gabini / Enzo Colosimo: «Gesù, guarisci il mio cuore» (4:02’); 5.6. Testimonianze: Daniela Lotito… (8:00’); 5.7. Marialaura Gabini / Enzo Colosimo: «Te al centro del mio cuore» (4:10’); 5.8. Stefania di Nardo: «Donne dal ‹dorato› cuore nell’Apostolato di Preghiera presso la chiesa Sacro Cuore in Catanzaro Lido» (4:00’); 5.9. Maria Rita Talarico / Lucia Scarpetta: «Donne dal cuore ‘dorato’ a servizio dell’Ucraina» – Intervista a Daria Kaleniuk (4:00’); 5.10. «Accendi la pace» (Gen Verde) della Fraternità Evangelii Gaudium (3:37’)

6. Gratitudine e auguri, foto comune e convivialità: 6.1. Luigi Cimino / Lucia Scarpetta / Piotr Anzulewicz OFMConv: Espressioni di gratitudine [Attestato/Bouquet/Segno…] (4:00’) – In sottofondo il videoclip «Gratitudine» [Koinonia Young Worship] di Brandon Lake (4:44’); 6.2. Luigi Cimino: Auguri a p. Rocco Predoti e sua benedizione (3:00’) – In sottofondo «Happy birthday song» (3:14’) La benedizione» di Giovani Nuova Pentecoste (3:OO’ [7:18’]); 6.3. Foto comune e convivialità – In sottofondo «Maràna tha!» di Shout! Koinonia (5:09’)


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Educarci al perdono…

Sembrava una Serata come tante, impregnata di idee, scandita da interventi, intercalata da canzoni di cantanti italiani e stranieri, e trasmessa in diretta streaming, sulla pagina social del Circolo, da Ghenadi Cimino, diligente e paziente… La 14ª Serata conviviale, che si è svolta venerdì 6 maggio 2022, focalizzata sul tema: «Educarci al perdono e alla riconciliazione», ideata nell’ambito della 9ª edizione del WikiCircolo dal «file rouge»: «Sfida educativa in un mondo di emergenze planetarie», ed aperta gratuitamente a tutti: soci, sostenitori, amici, credenti e «laici», vicini e lontani – la 208ª di seguito, con decorrenza dal 10 gennaio 2014 – era invece insolita, di bellezza singolare. A renderla speciale, la conduttrice Vanessa Leone di Squillace, consulente per la medicina estetica e per le farmacie, splendida per empatia e brillantezza. Infatti, la Serata ha entusiasmato e incuriosito i presenti nel Salone, molti dei quali sono rimasti a lungo, incantati e ristorati con patatine e pasticcini delle premurose e generose Iolanda, Rina, Antonella e Maria.

Abbondante è stata la «Tavola rotonda» della Serata, preceduta dal video musicale «L’eternità» di Giorgia Todrani, una delle cantanti più amate e note in Italia. Tutti abbiamo qualcosa da farci perdonare, ma il più delle volte la parola “scusa” è la più difficile da pronunciare. Spesso ci facciamo scudo con giustificazioni artificiose, dietrologie negazioniste ed attacchi reciproci, dimenticando la potenza immensa di queste cinque lettere: “scusa”. Una parola così semplice, all’apparenza quasi banale, ma in grado di sprigionare una forza senza eguali. L’occhio quindi sul ‘menù’ della «Tavola» (3):

3.1. Music video «Vivere il perdono» di fra Davide, fra Alessandro e fra Marco (3:00′-4:55′); 3.2. Raimon Panikkar e Mauro Scardovelli: «Senso di colpa e perdono» (4:41′-11:50′); 3.3. Papa Francesco: «Dio perdona chi si pente, non chi finge di essere cristiano» (3:01′); 3.4. Umberto Galimberti: «Senso di colpa e perdono» (11:51′-16:45′); 3.5. Massimo Recalcati: «Dal tradimento al perdono» (0:00′-14:33′); 3.6. Music video «The blessing» (La benedizione) di Jappo & Manu (8:09′); 3.7. Music video «La fine» di Tiziano Ferro (0:46-4:32′); 3.8. Papa Francesco: «Il perdono» (7:16′-9:20′); 3.9. Fra Antonio Solinaro: «Le parole del Vangelo: perdono e riconciliazione» (1:30′-6.22′; 19:10′-22:22′); 3.10. Fra Piotr Anzulewicz: Passaggi del perdono; 3.11. Fra Renzo Cocchi: «Le parole del Vangelo: perdono e riconciliazione» (6:33′-9:18′); 3.12. Mauro Scardovelli: «Cos’è Aleph» (4:21′); 3.13. Etty Hillesum: «I gigli del campo e il tempo presente» (14:55′)

Da questa «Tavola» parte un messaggio e un dinamismo di grande attualità: «Il perdono è un processo arduo e lungo, ma non esiste persona a cui non si possa donare il perdono». Mobilitiamoci quindi per riempire di amore i solchi scavati dall’odio. «Oh, Signore, fa di me uno strumento della tua pace, del tuo amore. Dove è odio, fa ch’io porti amore; dove è offesa, ch’io porti il perdono; dov’è discordia, ch’io porti l’unione; dov’è dubbio, fa’ ch’io porti la fede; dove è l’errore, ch’io porti la verità; dove è la disperazione, ch’io porti la speranza; dove è tristezza, ch’io porti la gioia; dove sono le tenebre, ch’io porti la luce» (Preghiera semplice, attribuita a s. Francesco d’Assisi).

L’amore ci dice di prendersi cura di chi ha perso tutto, di chi non ha aiuti, di chi non ha scorte di cibo e di acqua, di chi è stato segnato dalla crudeltà e non vuole niente da nessuno, ma guarda il bambino che ha tra le braccia, lo bacia e controlla il suo respiro. L’essere umano è più grande della guerra, perché dentro di sé contiene tutto: non solo il miglior male, ma anche il miglior bene. Sarà il miglior bene a far trionfare l’amore, la pace, la riconciliazione, il perdono. Quando le vittime potranno perdonare e ricostruire le proprie anime, non solo le case, finirà anche la guerra. A concludere la Serata, la canzone, in cui vibra l’amore e il senso di eternità: Prayer for Ukraine» (Молитва за Україну) di Christina Yavdoshnyak.

Piotr Anzulewicz OFMConv


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Offline-Online: il Circolo non si ferma

La seconda ondata della pandemia da Covid-19 ci ha costretto di rinviare e riconfigurare ulteriormente la 9ª edizione del Wiki– e CineCircolo dal «fil rouge»: «Sfida educativa in un mondo di emergenze planetarie/per immagini». L’edizione, prevista per il 2 ottobre scorso, è slittata quindi a data da destinarsi. L’impossibilità di essere in presenza e di tessere le relazioni interpersonali nella piccola e disadorna aula «S. Elisabetta d’Ungheria», presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido, ha generato comunque iniziative che hanno trasformato le Serate conviviali e cinematografiche di venerdì in tutti i giorni di presenza nel «cyberspazio» e di attenzione e di dedizione reale e solidale verso il prossimo, specie se abbandonato, anziano e malato, ricorrendo anche al servizio online per ordinare la spesa e destinarla a lui, tramite un corriere. È stata ed è solo una goccia, ma che vale certamente un mare, agli occhi dell’Altissimo.

È il tempo di prendersi cura, di occuparsi dell’altro, di esercitare la tenerezza. Il Covid-19 è emblematico per questo: ci richiama all’orizzonte di un nuovo umanesimo e ci spinge alla cultura della fraternità e della solidarietà. Tutti ci rendiamo conto che navighiamo sulla stessa ‘barca’, dove il male di uno va a danno di tutti. Tutti allora siamo importanti e necessari, chiamati a ‘remare’ insieme e confortarci a vicenda. Non ci si può salvare da soli, ciascuno per conto proprio, ma soltanto insieme, uno al fianco dell’altro, con lo stile del ‘noi’. Ce lo ricorda, in modo impellente e impressionante, la terza enciclica di Papa Francesco «sulla «fraternità e l’amicizia sociale», firmata ad Assisi lo scorso 3 ottobre. Nel suo titolo Fratelli tutti riprende l’espressione di frate Francesco (cfr. 6ª Ammonizione, v. 1: FF 155) e si innesta in un cristocentrismo inclusivista che corrisponde all’imperativo: ‘Guarda a ogni uomo e scorgerai un riflesso e un frammento di Cristo e del suo amore planetario, sconfinato e illimitato’ (cfr. n. 85). Tante persone, in questi tempi così turbolenti, difficili e dolorosi, hanno bisogno di una mano tesa, di un gesto d’amore, di «un linguaggio corporeo e persino di un profumo, rossore e sudore» (cfr. n. 43). È urgente risvegliare l’umano e far crescere la «spiritualità della fraternità» (n. 165), consapevoli che «il mercato da solo non risolve tutto» (n. 168). Il profitto e gli utili, da soli, non danno futuro, ma, anzi, a volte accrescono disuguaglianze e ingiustizie. L’umano si nutre anche del gusto della bellezza, delle domande sulle questioni sociali, degli interrogativi su temi ultimi. Non siamo solo corpi da nutrire e curare o cittadini da disciplinare e omologare. Ci sta molto a cuore la cultura da coltivare, quella che incorpora e veicola i valori, quella che è a portata di tutti, quella che è in grado di contrastare lo stile di vita improntato al consumismo, utilitarismo, edonismo…

Non possiamo e non dobbiamo tornare a dove eravamo prima del Covid-19. La crisi pandemica e post-pandemica ci chiede un ri-orientamento e un ri-coinvolgimento nella costruzione del futuro, separando l’importante dall’irrilevante, tessendo i legami di «amicizia sociale», apprezzando la bellezza della vita e del creato, suscitando o instaurando una nuova ‘normalità’. Non possiamo rimanere fuori dai processi in cui si genera il nostro presente e il nostro futuro. Cogliamo l’opportunità e facciamo crescere ciò che è buono per tutti. Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma che impariamo a maturare uno stile di vita in cui sappiamo dire “noi”.

La speranza è audace e allora incoraggiamoci a sognare in grande. L’unico tesoro, che non è destinato a perire e che si trasmette da cuore a cuore, è l’amore. Crediamo che questo amore venga dall’alto e attiri l’umanità in una fraternità. Ripartiremo, Amici, con creatività dell’amore. Pertanto non smettiamo di ricaricarci di questo amore e di farci eco di questa speranza: ‘Fratelli tutti, solidali e salvi tutti’.

Piotr Anzulewicz OFMConv

con il Consiglio direttivo




Serate conviviali e cinematografiche 2020/21

Le Serate della 9ª edizione del Wiki– CineCircolo, all’insegna del patto educativo, sospese a causa dell’epidemia Covid-19, inizieranno in ottobre prossimo,

♦ 2 giorni prima della conclusione del «Tempo del Creato» (1 settembre–4 ottobre) e della «Giornata della Pace, della Fraternità e del Dialogo tra Culture e Religioni», istituita dal Parlamento italiano con la legge n. 24/05 del 10 febbraio 2005, nel solco dei valori incarnati e testimoniati da s. Francesco, fratello universale e patrono primario d’Italia (4 ottobre),

3 giorni prima della «Giornata Mondiale degli Insegnanti» (5 ottobre) e

♦ 9 giorni prima dell’evento mondiale sul tema «Ricostruire il patto educativo globale» (Global Compact on Education), previsto per il 14 maggio scorso, ma rinviato ad ottobre (11–18 ottobre) a causa della diffusione del coronavirus Covid-19 su scala mondiale, e affidato alla Congregazione per l’Educazione Cattolica a cui Papa Francesco ha chiamato tutti gli operatori e i responsabili del campo dell’educazione e della ricerca per «ravvivare l’impegno per e con le giovani generazioni e rinnovare la passione per un’educazione più aperta ed inclusiva, capace di ascolto paziente, di dialogo costruttivo e di mutua comprensione».

Venerdì 2 ottobre – festa dei nonni e degli angeli custodi – è in programma la 1ª Serata conviviale con «aperitivo» del WikiCircolo e  venerdì 9 ottobre – memoria di s. Denis († ca. 250), patrono di Parigi, sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) – la 1ª Serata cinematografica con «cocktail».

Le edizioni dal file rouge: «Sfida educativa in un mondo di emergenze planetarie/per immagini», si ispireranno al Messaggio di Papa Francesco per il lancio del patto educativo (12 settembre 2019), al Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato ad Abu Dhabi da Papa Francesco e Grande Imam di Grande Imam di al-Azhar Aḥmad al-Ṭayyib (4 febbraio 2019) e alla preghiera-poesia Cantico delle creature di frate Francesco.

Il dépliant?

È la domanda che in tanti ci stanno ponendo. La risposta è vicina.

L’occasione per lanciare la 9ª edizione delle Serate conviviali e cinematografiche (2 ottobre 2020 – 25 giugno 2021) sarà l’8ª Giornata Mondiale dei Sogni («World Dream Day»), il momento in cui aprire i nostri cassetti e liberare i nostri sogni, mettersi in moto e realizzarli, nella sede del Circolo, venerdì 25 settembre. Da quel giorno si comincerà a fare il conto alla rovescia per il 2 ottobre.

Presto si potrà trovare il dépliant delle Serate sul Sito Web e sulla Pagina social del Circolo (https://www.facebook.com/circoloculturalesanfrancescocatanzaro/).

Staff

 

 




Ad ogni venerdì dell’8ª edizione!

Venerdì 8 marzo, nella Giornata Internazionale della Donna, alle ore 19, il Circolo Culturale San Francesco inaugura l’8ª edizione del WikiCircolo, con la 1ª Serata conviviale in omaggio alle donne dal tema: «Donne impegnate a battersi contro le violenze e gli abusi fisici e psicologici», e venerdì 15 marzo quella del CineCircolo, con la proiezione del film «E ora dove andiamo?» di Nadine Labaki, la conversazione «La via femminile per la pace» e il «cocktail», la 151ª di seguito, tra quelle cinematografiche e quelle conviviali, con decorrenza dal 10 gennaio 2014.

Entrambe le edizioni hanno il motto «A servizio della pace e della fratellanza» e si ispirano al Messaggio «La buona politica è al servizio della pace» di Papa Francesco per la celebrazione della 52ª Giornata Mondiale della Pace, al «Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune», firmato ad Abu Dhabi da Papa Francesco e Grande Imam di al-Azhar Aḥmad al-Ṭayyib (4.02.2019) e alla preghiera-poesia Cantico delle creature di frate Francesco d’Assisi.

In tal modo la nuova edizione ci invita ad essere «portatori della pace» e «costruttori della fratellanza», in un mondo lacerato da scontri, odi, barriere e divisioni e abbruttito da logiche di potere, egoismi e nazionalismi. La partecipazione e la presenza reale – ed anche virtuale, tramite il Sito Web e la Pagina social del Circolo – alle Serate di ogni venerdì saranno motivo di sostegno a osare tale missione e tenere aperta ad ogni fratello la propria mente e il proprio cuore. Tutti insieme possiamo essere segno e lievito di una nuova società, costruita sulla pace e sulla fraternità. I dépliant, ritirati dalla Tipografia il 4 marzo, sono a disposizione di tutti, nella segreteria del Circolo. (pa)

WikiCircolo 2019

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Joy – Gioia

Ha sfidato il freddo, eccome, l’8ª Serata cinematografica che si è tenuta venerdì 11 gennaio 2019 nel Salone «S. Elisabetta d’Ungheria» presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido. Forte si sentiva però la voglia di trovarsi insieme e insieme chinarsi sull’argomento «Trovare il proprio ‘posto’ nel mondo: vocazione e direzione», guardando la pellicola «Joy» di David O. Russell, proiettata da Ghenadi…

La penultima Serata della 7ª edizione del CineCircolo con il motto: «Negli spazi abitati dai giovani, per immagini», la 147ª di seguito, è cominciata sulle note della calorosa e stravolgente canzone Mamma mia!, tratta dal terzo album del gruppo pop svedese ABBA (Agnetha, Benny, Björn e Anni-Frid). A seguirla, dopo le brevi note sul film e sull’argomento «clou», il videoclip «’Credo’ nella vita…» di Giorgia (Todrani), cantautrice romana, musicista e produttrice discografica, la prima artista di musica leggera al mondo ad esibirsi nel duomo di Milano e in un concerto in diretta televisiva ai Fori Imperiali di Roma.

Poi tutti a condividere le vicende della protagonista Joy, insieme alla sua famiglia al completo, ad un gruppo notevole di personaggi ben caratterizzati che bucavano lo schermo, da l’ex marito della protagonista (Edgar Ramirez), un latinoamericano troppo impegnato a cantare e a diventare il nuovo Tom Jones per andare a lavorare e mantenere la famiglia, a Trudy (Isabella Rossellini), la nuova fidanzata del padre di Joy, una signora ambigua e a tratti illogica nel suo modo di pensare, che faceva ridere e allo stesso tempo riflettere, alla madre e al padre di Joy (Virginia Madsen e Robert De Niro), dotati di uno spessore e di un’umanità incredibili nei loro numerosi difetti e mentalità ristretta, che potrebbero risultare quasi sopra le righe se non fosse per un carattere così ben strutturato da renderli in qualche modo estremamente credibili.

A metà della proiezione è arrivata la sorpresa: la pizza calda e fumante, grazie alla generosità del M° Luigi Cimino. Olga e Pina, mentre proseguiva la proiezione, la servivano graziosamente e sommessamente ai presenti, colti di stupore. È valsa la pena esserci e lasciarsi afferrare anche da questo momento di gioia e di condivisione.

La Serata si è conclusa verso le ore 22.30, al travolgente ritmo del celebre musical «Mamma mia!» con la regia e l’adattamento di Massimo Romeo Piparo, le coreografie di Roberto Croce e le canzoni degli ABBA, da «Mamma mia!» a «Dancing Queen», da «The Winner takes it all» a «Super Trouper», eseguite durante le feste natalizie del 2018 dall’Orchestra del M° Emanuele Friello sul palcoscenico del Teatro degli Arcimboldi di Milano, trasformandolo magicamente in una delle più affascinanti isole greche, con tanto di pontile sospeso su oltre novemila litri di acqua, barche ormeggiate e una locanda dai caratteristici colori bianco e blu con cascate di bouganville, per raccontare della giovane Sofia che, prima di vivere il suo sogno d’amore, fa di tutto per realizzare il suo più grande desiderio: essere accompagnata all’altare dal padre che non ha mai conosciuto.

Il regista David O. Russell ci ha regalato un’opera ricca di umanità e di spunti per ragionare sul proprio ‘posto’ nel mondo e sulle relazioni umane. La sua pellicola Joy ha impressionato, intenerito e coinvolto soprattutto le spettatrici: Antonella, Pina, Olga, Pina, Ninetta, Maria, perché ogni donna almeno una volta nella vita si è sentita impotente, sacrificata, sopraffatta, costretta a rinunciare ai propri sogni: chiunque intorno le mette i bastoni fra le ruote. Joy è così un messaggio, un simbolo, un emblema, un modo per dire: ‘Ce la puoi fare anche tu, che non sei nessuno’. Il cosiddetto ‘sogno americano’, che è in realtà il sogno di tutti, è veramente a portata di mano: l’importante è non smettere di lottare… e credere nella capacità dell’umanità di essere buona, di essere sana e di essere salva. Questo è un tempo in cui ci vuole molta forza per avere fiducia nell’altro, ma «la fiducia come la fede – disse la cantante Giorgia, in un’intervista di Silvio Vitelli per il telegiornale di Tv2000, in occasione dell’uscita del suo quinto album con dvd dal titolo ‘Oronero Live’ (18 gennaio 2018) – sono esercizi che si fanno nei momenti difficili. È anche un grande atto di volontà. La fede è anche una scelta: è scegliere di vedere le cose notando che esiste anche una parte sana e salva e su quella bisogna fare leva e forza». Ben detto, vero?

(pa)

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Un’altra Serata toccante e di attualità scottante, con «The Help», e non solo

È stata una splendida Serata, quella di venerdì 30 novembre 2018, con la proiezione del film «The Help» e la cineconversazione: «Diritto alla differenza: interculturalità e immigrazione», la 5ª della 7ª edizione del CineCircolo dal motto: «Negli spazi abitati dai giovani, per immagini», presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido.

È coincisa mirabilmente con la presentazione del 25° «’Rapporto dell’immigrazione 2017-2018’. Un nuovo linguaggio per le migrazioni’» nell’Aula Sancti Petri a Catanzaro e con la vigilia dell’anniversario di un’altra Serata, ricca di suggestioni, emozioni e domande, la 106ª dal titolo «Maria, Regina di tutto il Creato», al cui timone sono stati due ospiti eccezionali che, offrendoci delle stupende pennellate antropologico-teologico-mariane, ci hanno spronato a invocare la «Regina del Creato» per la protezione dall’inquinamento e dalla devastazione della «sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba» (Cant, v. 9: FF 263): don Gesualdo De Luca − vicario episcopale, docente dell’Istituto Teologico Calabro «S. Pio X» di Catanzaro e assistente ecclesiastico regionale del Movimento Apostolico, e don Michele Cordiano − padre spirituale di Natuzza (Fortunata) Evolo e direttore nazionale dei Cenacoli di Preghiera «Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime» ispirati alla spiritualità della Mistica di Paravati. 

Ad aprire questa Serata, il videoclip «Io non sono razzista, ma…» del rapper e cantante torinese Willie Peyote (pseudonimo di Guglielmo Bruno). A presentare il programma ed invertirlo, per permettere ai presenti della «prima ora» la partecipazione alla cineconversazione, Teresa Cona, segretaria del Circolo. Ad esporre il tema della differenza, interculturalità e immigrazione, in maniera coinvolgente e sintetica, Clarissa Errigo. Il suo «exploit» ha innescato tra i presenti nel Salone «S. Elisabetta d’Ungheria» un vivo dibattito intorno ai segni di intolleranza e di xenofobia. Mentre gli interventi si susseguivano, Ghenadi Cimino, operatore audiovisivo, proiettava sullo schermo le immagini dei ‘lebbrosi’ e di Maria, loro tenera Madre.

Di fronte alle sfide migratorie, il Circolo – si è detto – intende rimanere fedele alla sua vocazione: quella di seguire frate Francesco e amare i suoi amici decisamente «offline»: i ‘lebbrosi’, appunto, e tra essi i migranti e i rifugiati. Riconoscere, proteggere e promuovere, in modo costante, coordinato ed efficace, questo «popolo in cammino», è una responsabilità che lo accomuna a tutte le associazioni, le organizzazioni e le Chiese cristiane. Non mancano tuttavia, e si riscontrano anche nei nostri ambienti, in particolare in questi ultimi tempi dei populismi, le tentazioni di esclusivismo e di arroccamento culturale e le reazioni di difesa e di rigetto, giustificate da un non meglio specificato «dovere morale» di conservare l’identità culturale e religiosa originaria. Il Circolo, fin dall’inizio, si impegna a promuovere nei suoi programmai i dettami dell’approccio di Papa Francesco, espresso in modo semplice ed efficace con quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Insieme a lui guarda quindi con speranza alla conferenza internazionale promossa dall’ONU per l’adozione di due Global Compact sulla Migrazione Regolare (GCM): uno sui rifugiati – Global Compact on Refugees, e l’altro sui migrantiGlobal Compact for Safe, Orderly and Regular Migration, che si terrà dal 10 all’11 dicembre a Marrakech, in Marocco. L’apertura verso l’altro e il diverso è una concreta possibilità di arricchimento e di dialogo ecumenico e interreligioso e una tangibile applicazione dell’universalità dei diritti umani e dell’umanesimo integrale (spirituale e materiale) che costituisce uno dei frutti più belli della civiltà giudaico-cristiana ed euro-atlantica. Il Circolo quindi vuole che la sua voce sia sempre tempestiva e profetica, e, soprattutto sia preceduta da un operato ispirato ai principi del messaggio evangelico-francescano.

A suggello della discussione è stato proiettato il videoclip «Non è un film», la canzone di Fiorella Mannoia che ha vinto la 10ª edizione del Premio Amnesty Italia per aver scelto di stare dalla parte dei diritti umani e di comunicare questa scelta tramite la sua arte. Il brano racconta, in parole semplici e incisive, la fuga di chi spera di salvarsi da persecuzione e sofferenza attraversando il Mediterraneo a bordo di un’imbarcazione precaria. È la vita vera di giovani cittadini africani che cercano umanità e protezione e trovano spesso razzismo e propaganda. I 1500 morti del 2011, annegati in mare sulla via verso l’Europa, non sono un film, ma sono veri anche loro. E sono vere le migliaia di vittime della tratta sulle strade italiane, costrette alla prostituzione e accolte come ‘carne fresca’ da clienti che chiudono gli occhi davanti alla propria complicità nel mercato delle schiave.

I presenti alla Serata concordavano sul fatto che stiamo vivendo un momento storico molto delicato, in cui una parte del Paese, non tutto per fortuna, si lascia influenzare dal terrorismo delle parole – non meno pericoloso del terrorismo delle armi – di una parte della politica che per meri fini di propaganda elettorale, non avendo altri argomenti, usa gli immigrati per diffondere l’antico germe dell’odio razziale, mettendo in pratica la tattica del «divide et impera», dimenticando o, meglio, facendo finta di dimenticare che tutto il benessere dell’Occidente poggia sulle spalle di interi Paesi del Sud del mondo, Africa in testa, saccheggiati da una politica predatoria della quale tutti i governi sono responsabili.

Con la proiezione del film «The Help» (2011) è stato poi portato in scena un racconto tutto al femminile di donne che trovano un linguaggio comune al di là delle barriere sociali e razziali. Tate Taylor, regista statunitense, ha adattato per il grande schermo il romanzo L’aiuto, scritto dall’amica d’infanzia Kathryn Stockett, da cui aveva ottenuto i diritti cinematografici del libro prima della sua pubblicazione. The Help è uscito nelle sale americane il 10 agosto 2011 ed è rimasto al primo posto tra i film più visti per settimane.

Il film, un vero e proprio gioiello, con lo spettacolare cast, tutto al femminile, capitanato da Viola Davis, Bryce Dallas Howard, Emma Stone e Jessica Chastain, ha emozionato e commosso molto quanti sono rimasti fino all’«ultima ora». Ha regalato loro ritratti umani delle donne nere, coraggiose, formose e vivaci, ma anche delle donne bianche, ricche, isteriche e annoiate. Un film toccante, divertente ed emozionante, che con grande equilibrio e dignità ha raccontato un passato non del tutto passato.

La Serata ha avuto il suo dolce fine presso la tavola con una squisita torta al cioccolato di Pina, al ritmo della canzone «Siamo tutti Africa» di Cecile Vanessa Ngo Noug, cantante romana di origini camerunensi e testimonial di AMREF, la più grande organizzazione sanitaria «no profit» che opera in Africa dal 1957, sostenendo i progetti per bambini e mamme con i regali solidali. 

Piotr Anzulewicz OFMConv

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Con colore e ‘calore’ «…nei non-luoghi»

Ci ha regalato il colore e il calore la 4ª Serata conviviale, focalizzata sul tema: «Connessioni dei giovani nei non-luoghi», ideata nella cornice della 7ª edizione del WikiCircolo dal «file rouge»: «Negli spazi abitati dai giovani…», e svoltasi venerdì 9 novembre 2018 presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido. Nel Salone «S. Elisabetta d’Ungheria», nella platea, spiccava il colore di p. Lawrence, zambiano, pur per poco, e presso la piccola tavola rotonda quello di Garcia, venezuelana, per l’intera durata dell’evento. Nello spazio del locale si espandeva il calore, originato dalle presenze straordinarie, tra cui quella di p. Joaquín Ángel Agesta Cuevas, francescano spagnolo, nativo di Castejòn (Navarra), membro della provincia francescana di Nostra Signora di Monserrat e assistente della federazione inter-mediterranea dei Ministri provinciali, in visita canonica alle fraternità conventuali in Calabria, su mandato del Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali.

L’evento si è aperto con il videoclip «Perfetti sconosciuti» di Fiorella Mannoia, in reminiscenza della Serata del 12 ottobre e in sintonia con quella in corso. L’ha introdotta, con la lievità francese, Teresa Cona, segretaria del Circolo, presentando il programma e leggendo la lettera di Marisa Rizzello di Roma che l’ha consegnata poco prima e se n’è andata da sua mamma Patrizia, bisognosa ormai del suo «I care». «Quest’anno non ci è stato possibile partecipare agli incontri – ha scritto anche a nome di sua sorella Margherita – e ne siamo molto dispiaciute. Avremmo voluto ricordare insieme a voi il caro Peppino che tanto si è speso per la crescita del Circolo e a cui ha dedicato tanto del suo tempo e del suo amore. In sua memoria vogliamo dare il nostro piccolo contributo, con l’augurio che possiate portare avanti quest’iniziativa così importante per il territorio». Un «trio» affettuoso e caloroso. In premio, Dante Alighieri lo potrebbe mettere nel «Paradiso», in compagna di Peppino, e incoronarlo.

Ad esporre e illustrare l’argomento della Serata («Connessioni dei giovani nei non-luoghi»), presso la tavola rotonda, c’erano due talentuose ragazze: Clarissa Errigo e Tatiana Cricelli, insieme alla debuttante Garcia Oslaida, con la sua attraente testimonianza. La loro «performance», intercalata da due brevissimi, ma significativi video («I non-luoghi» di Francesco Nencini, fotografo, ispirato a Marc Augé, antropologo e filosofo francese, e «Non-luogo» di Valeria Della Valle, professoressa associata di linguistica italiana all’Università di Roma «La Sapienza»), è sfociata nel dialogo con il pubblico. Menzione specialissima meritano due interventi: quello di p. Joaquín Ángel sul significato dello sguardo dell’essere umano che come un barometro registra, rivela e riassume milioni di attimi e di parole, e quello di Mario Caccavari, perito chimico e pensionato felice, sui vantaggi di crescita in una famiglia numerosa. Il vantaggio più grande? A casa c’è sempre allegria, alleanza, solidarietà, amore…

Ma cosa sono effettivamente i non-luoghi? L’espressione ‘non-luoghi’– ci ha spiegato con acribia critica Clarissa, tenendo conto delle sfumature – non significa, come si potrebbe immaginare, “luoghi che non esistono”. Essa significa invece luoghi privi di un’identità, luoghi anonimi, luoghi amorfi, luoghi staccati da qualsiasi relazione con il contorno sociale, con una tradizione, con una storia, con una cultura. In genere, quando si parla di non-luoghi, si ricordano i centri commerciali, le stazioni, gli aeroporti, gli autogrill, tutti luoghi che hanno questa stessa caratteristica: una sorta di anonimato o una riproduzione in serie. Da qui uno dei paradossi dei non-luoghi: il viaggiatore di passaggio smarrito in un paese sconosciuto si ritrova solamente nell’anonimato delle stazioni, delle autostrade, dei centri commerciali e degli altri non-luoghi. Nonostante l’omogeneizzazione, i non-luoghi solitamente non sono vissuti con noia, ma con una valenza positiva (l’esempio di questo successo è il «franchising», ovvero la ripetizione infinita di strutture commerciali simili tra loro). Gli utenti poco si preoccupano del fatto che i centri commerciali siano tutti uguali, godendo della sicurezza prodotta dal poter trovare in qualsiasi angolo del globo la propria catena di ristoranti o la medesima disposizione degli spazi all’interno di un aeroporto. Quasi in ogni grande centro commerciale possiamo trovare cibo italiano, cinese, americano, messicano, turco, magrebino… Ognuno ha il suo stile e le sue caratteristiche nello spazio assegnato, senza contaminazioni e modificazioni prodotte dal non-luogo. Il mondo con tutte le sue diversità è tutto racchiuso lì.

In generale i non-luoghi sono gli spazi dello standard, in cui nulla è lasciato al caso: tutto al loro interno è calcolato con precisione: il numero di decibel e dei lumi, la lunghezza dei percorsi, la frequenza dei luoghi di sosta, il tipo e la quantità d’informazione. Sono l’esempio esistente di un luogo in cui si concretizza il sogno della “macchina per abitare”, spazi ergonomici efficienti e con un altissimo livello di comodità tecnologica (porte automatiche, illuminazione, acqua). Sono incentrati solamente sul presente, altamente rappresentativi della nostra epoca, caratterizzata dalla precarietà, provvisorietà, transito, passaggio, iperindividualismo, ipernarcisismo, iperconsumo. Le persone transitano nei non-luoghi, ma nessuno vi abita. I luoghi e i non-luoghi sono notevolmente interconnessi. Raramente esistono in “forma pura”: non sono semplicemente uno l’opposto dell’altro, ma fra di essi vi è tutta una serie di sfumature. Il rapporto fra non-luoghi e i suoi abitanti avviene solitamente tramite simboli (parole o voci preregistrate). L’esempio lampante sono i cartelli affissi negli aeroporti: Vietato fumare, oppure: Non superare la linea bianca, davanti agli sportelli. L’individuo nel non-luogo perde tutte le sue caratteristiche e i ruoli personali per continuare a esistere solo ed esclusivamente come cliente o fruitore. Il suo unico ruolo è quello dell’utente.

Le modalità d’uso dei non-luoghi sono destinate all’utente medio, all’uomo generico, all’individuo senza distinzioni. Non più persone, ma entità anonime. Non vi è una conoscenza individuale, spontanea e umana. Non vi è un riconoscimento di un gruppo sociale, come siamo abituati a pensare nel luogo antropologico. «Una volta l’uomo aveva un’anima e un corpo – scriveva Stefan Zweig († 1942), giornalista, novelliere e poeta austriaco naturalizzato britannico, cosmopolita ed europeista. – Oggi ha bisogno anche di un passaporto, altrimenti non viene trattato da essere umano»: da quel tempo il processo di disindividualizzazione della persona è andato via via progredendo. Si è socializzati, identificati e localizzati solo in occasione dell’entrata o dell’uscita (o da un’altra interazione diretta) nel/dal non-luogo. Per il resto del tempo si è soli e simili a tutti gli altri utenti/passeggeri/clienti che si ritrovano a recitare una parte che implica il rispetto delle regole, poche e ricorrenti. Farsi identificare come utenti solvibili (e quindi accettabili), attendere il proprio turno, seguire le istruzioni, fruire del prodotto e pagare.

I non-luoghi sono prodotti della società ‘surmoderna’, sempre più complessa, sfuggente, «liquida» e invasiva, definita dallo stesso Augé attraverso la figura dell’eccesso: eccesso di tempo, eccesso di spazio ed eccesso dell’individuo o dell’ego (cfr. Non-Lieux. Introduction à une anthropologie de la surmodernité, 1992; trad. it. Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità, Milano, Elèuthera, 1996). L’individuo si considera un mondo a sé: da se stesso e per se stesso interpreta tutte le informazioni che gli vengono offerte (cfr. ad es. G. Lipovetsky-S. Charles, «Les Temps hypermodernes», Grasset, Paris 2004). I potenti modelli, imposti dalla pubblicità, dalla vita dei vip, dai reality show, generano un forte appiattimento e svuotamento della memoria e della vita interiore (si è parlato addirittura di evaporazione dell’inconscio) e della capacità di rapportarsi con gli altri o di affrontare il piacere e il dolore, il trauma e la morte. Portano inoltre ad una diversa percezione del tempo e dello spazio e ad un indebolimento di qualsiasi slancio utopico verso forme di vita e benessere che non sono narcisisticamente individuali, ma sociali e collettive.

Al non-luogo, secondo Augé, sono doppiamente destinati i rifugiati. Essi tagliano i ponti con il luogo di provenienza, a volte per sempre, e si imbarcano senza identità verso qualcosa che non raggiungeranno mai. Sono in duplice negazione. Si crea, particolarmente nell’Europa, che tenta di fermare l’ingresso dei migranti, una coppia di non-luoghi: quelli dell’eccesso-abbondanza e quelli della miseria, come campi profughi e centri di detenzione dei migranti. In essi la tendenza spontanea riscontrabile nei centri commerciali o in altri non-luoghi a divenire, per alcuni, dei veri e propri luoghi, non si verifica, trattandosi di spazi strutturalmente esclusivi e transitori. L’identità è pericolosa per chi ci si trova (poiché espone al rischio di espulsione o incarcerazione) e questo elimina ogni possibilità di riconversione in luogo.

Cosa rappresentano i non-luoghi per i giovani? Una ricerca, effettuata in Italia su un vasto campione di studenti delle scuole superiori (M. Lazzari–M. Jacono Quarantino, «Adolescenti tra piazze reali e piazze virtuali», Sestante Edizioni, Bergamo 2010), ha mostrato come i centri commerciali siano uno dei punti di ritrovo d’elezione per gli adolescenti, che li pongono al terzo posto delle proprie preferenze d’incontro dopo casa e bar. Secondo Marco Lazzari i ‘nativi digitali’ sono ‘nativi’ anche rispetto ai centri commerciali, nel senso che non li percepiscono come una cosa altra da sé: sfuggendo la retorica del non-luogo e ogni snobismo intellettuale, i ragazzi sentono il centro commerciale come un luogo vero e proprio, di frequentazione non casuale e non orientata soltanto all’acquisto, dove si può esprimere la socialità, incontrare gli amici e praticare con loro attività divertenti e interessanti. Lo stesso Augé, in effetti, ha successivamente convenuto che «qualche forma di legame sociale può emergere ovunque: i giovani che si incontrano regolarmente in un ipermercato, per esempio, possono fare di esso un punto di incontro e inventarsi così un luogo».

Riandando alla Serata, vi è stata a conclusione la recita della preghiera della 34ª GMG di Panama, l’annuncio del prossimo evento (venerdì 16 novembre: 4ª Serata cinematografica, con la proiezione del film «A casa con i suoi» e la cineconversazione «Nuova formula relazionale: ‘singletudine’»), la foto di gruppo e «aperitivo», con il video musicale «Assisi che bella città» in sottofondo. Una Serata bella e cordiale: si è tinta di colore e si è distinta per calore. In più, internazionale, lanciando un ponte tra i tre continenti: europeo, africano e americano.

Piotr Anzulewicz OFMConv

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Famiglia è un nodo

È stata la Serata per un sì, un sì subito, un sì di chi ha un cuore abitato dal desiderio di riappropriarsi della capacità di pensare e riscoprire – tramite il fuoco che gli incontri con dei grandi maestri e registi possono accendere – la possibilità di una strada da percorrere insieme «che, al tempo stesso, è solo tua, perché tuo è il fuoco che si è acceso dentro di te e che sei chiamato a custodire e condividere». I presenti alla 4ª Serata della 7ª edizione del CineCircolo con il motto «Negli spazi abitati dai giovani, per immagini», svoltasi venerdì 16 novembre 2018 presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido, si sono quindi sentiti accompagnati, sfidati e pro-vocati a ripensare il modo con cui guardano alla propria storia personale e familiare.

Il film «A casa con i suoi» di Tomy Dey e la cineconversazione «Nuova formula relazionale: ‘singletudine’» – intorno alla tendenza mondiale dei giovani a vivere soli in casa dei genitori fino a età improbabili e intorno a questi ultimi a inventarsi una strategia per sloggiarli dalle calde e comode coperte di famiglia – hanno condotto i convenuti fino al cuore del problema: Non siamo creati per essere soli, orfani di origine, di storia e di traiettoria, «sfigati», «choosy», «bamboccioni» (l’etimo della parola «bamboccio», di cui «bamboccione», è la forma accrescitiva che reca con sé il marchio dell’infanzia e dunque della sprovvedutezza: «bambo» e «bambino» sono alla radice di «bamboccio») e «fannulloni» (la parola composta dall’imperativo di fare [«fa’»], da «nulla» e dal suffisso accrescitivo «one»), vecchie e care parole del lessico familiare, quest’ultime due, rispolverate, rilucidate come certe tabacchiere d’argento nel salotto dei nonni, rilanciate splendenti in mezzo al dibattito politico, amplificate dai social media, riprese come simbolo di “italianità” (sub)culturale e antropologica perfino dal quotidiano britannico «Times» e da quello statunitense «New York Times». Siamo creati in dono gli uni per gli altri e ci realizziamo impegnandoci ad amarli con quell’amore che viene prima di ogni risposta d’amore. Infatti, «l’uomo non può ritrovarsi pienamente, se non mediante il dono sincero di sé» (Gaudium et spes, 24). Il dono di sé è la forma più alta, più nobile e più concreta dell’amore; l’amore che porta a vedere nell’altro un altro sé e fare all’altro quello che si farebbe a sé; l’amore che ci fa scoprire fratelli gli uni degli altri; l’amore che genera fraternità e relazioni piene di significato; l’amore che sa soffrire con chi soffre e godere con chi gode; l’amore che libera risorse inaspettate nella vita personale, professionale e familiare; l’amore che ha un raggio universale: è indirizzato a tutti e abbraccia tutti; l’amore che innesca il processo di rinnovamento della società. È un amore, quindi, di fatti concreti.

«Sta qui – per citare Jacques Lacan (+ 1981), filosofo e psicoanalista francese – l’esperienza dell’azione umana»: riconoscere la propria natura, davanti alla quale siamo ultimamente responsabili, e agire conformemente ad essa. «Essere il dono sincero di sé» per gli altri non è quindi un semplice slogan, una mera amicizia, una pura filantropia. È un imperativo di vita che dà motivazione all’essere e agire oltre se stessi. Senza questo imperativo-respiro la persona si snatura e implode. Così anche la famiglia, separata dai legami con le generazioni e chiusa difensivamente su se stessa, implode e diventa luogo dove accadono i femminicidi, dove si respira l’individualismo, dove si perde la capacità di essere grembo ospitale. Fedele invece al suo nucleo pulsante, in cui c’è la diversità-alterità, genera e, incorporando anche il limite e il fallimento, trasforma le ferite in occasione di rigenerazione e di rinnovamento. Il perdono caratterizza la famiglia, anche in chiave laica, perché la vita sociale non esiste senza quella gratuità che eccede la logica del contratto e dell’occhio per occhio. La famiglia oggi è uno dei pochi luoghi dove si sperimenta la gratuità e si getta i semi di futuro. Essa non è quindi un nido o una tana dove rifugiarsi, un porto sicuro in cui fermarsi, una bolla in cui proteggersi, ma è una dimora ospitale, un grembo accogliente, un luogo di porte spalancate, non blindate. Lo dice anche la sua etimologia: «faama» è la casa che accoglie persone unite da legami di sangue, ma non solo. È qualcosa di piccolo che si apre, e ci apre, su qualcosa di grande. «È un nodo – afferma Chiara Giaccardi, sociologa e antropologa dei media – non solo fra i due partner, ma anche fra le generazioni, con chi ci ha preceduto e con chi ci seguirà». È un nodo di una rete più ampia, cui contribuisce e da cui ha sostegno. È un movimento di reciprocità. Un movimento che, purtroppo, abbiamo disimparato nel mondo dell’«io», del “tutto presente”, del “tutto subito”, dell’etichetta senza resto, dell’immanenza senza apertura, senza speranza, senza mistero.

La Serata si è svolta tra le due domeniche – l’11 novembre con la 68ª Giornata Nazionale del Ringraziamento, per i doni della creazione, dal titolo «”…secondo la propria specie…” (Gen 1,12): per la diversità, contro la disuguaglianza», ospitata dalla diocesi di Pisa, e il 18 novembre con la 2ª Giornata Mondiale dei Poveri dal logo «Questo povero grida e il Signore lo ascolta» (Sal 34,7), promossa allo scopo di «avere sempre gli occhi aperti sulle ferite del mondo, le orecchie vigili per ascoltare ‘il grido dei poveri’, le ‘mani tese per aiutare’» (Papa Francesco), facendo nostro l’esempio di s. Francesco d’Assisi – e alla vigilia della festa di s. Elisabetta d’Ungheria, chiamata «regina dei poveri» o anche «Madre Teresa del 1200», bellissimo campione del francescanesimo secolare del Medioevo, patrona di coloro che seguono le orme di frate Francesco, «testimone della genuina povertà», nel Terz’Ordine Regolare (TOR) e nell’Ordine Francescano Secolare (OFS).

Il Circolo, per inserirsi nelle manifestazioni di solidarietà e di attenzione agli ultimi, i poveri, i senza tetto, gli abbandonati, gli ‘scartati’, gli immigrati, ha voluto rievocare anche la 5ª Serata della 5ª edizione del WikiCircolo che si è tenuta un anno fa, venerdì 17 novembre 2017, dal tema «Gratitudine per i doni della creazione», con gli ospiti d’eccezione: Beniamino Donnici, psichiatra e psicoterapeuta, già colonnello medico dell’Esercito, già assessore al Turismo e Beni Culturali della Regione Calabria e già parlamentare europeo, autore del libro 7 giorni. Diario dall’Isola di S. Giulio in dialogo con Madre Cànopi (Edizioni Paoline, 2016); Stefania Rhodio, coordinatrice regionale del Rinnovamento nello Spirito Santo; Mario Caccavari, perito chimico e «hobby farmer». «La loro notorietà ha richiamato moltissimi intervenuti, che hanno preso d’assalto il Salone, che per le sue troppo piccole dimensioni ha reso impossibile la partecipazione di tutti. Gli interventi dei tre protagonisti sono stati seguiti con alto interesse. La platea più volte ha applaudito le loro narrazioni, esposizioni, suggestioni…». La foto di gruppo ha cristallizzato i presenti in una atmosfera gioiosa di ringraziamento, mentre il M° Luigi Cimino, in sostituzione di Ghenadi, ci ha fatto ascoltare, in sottofondo, dai video musicali, i tre canti: «Lode al nome tuo» − il canto tratto dal CD «Grazie», «Stai con me» − il canto interpretato da Stefania Rhodio e Renato Cusimano nella trasmissione di don Francesco Cristofaro «Nella fede della Chiesa» su «Padre Pio TV», e il «Canto del mare» di mons. Marco Frisina.

Nel programma invece di questa Serata sono stati selezionati i seguenti videoclip che mettevano in risalto la ‘singletudine’ e il dono di sé: 1. «Pastore solitario» di Juan Leonardo Santillia Rojas, panflettista ecuadoriano, all’inizio; 2. «Il maestro e lo scorpione», una storiella zen con un importante messaggio: «Non cambiare la tua natura. Se qualcuno ti fa del male, prendi solo delle precauzioni, poiché gli uomini sono quasi sempre ingrati del beneficio che gli stai facendo, ma questo non è motivo per smettere di fare del bene e di abbandonare l’amore che è in te», al termine della cineconversazione; 3. «The Lonely Shepherd» di André Léon Marie Nicolas Rieu, violinista e compositore olandese, alla conclusione dell’evento. Vi è stata anche la recita della preghiera per la 34ª GMG di Panama, la foto di gruppo e il «cocktail»: una golosa ed elegante torta gelato, al gusto di panna e cioccolato, dono di Jolanda. Una Serata-scintilla per accendere il fuoco del desiderio di rimettere i giovani e i poveri al centro del nostro cuore, che sono già, per diritto, al centro del Cuore di Gesù.

Piotr Anzulewicz OFMConv

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Profilo dei giovani 2.0

Il Circolo Culturale San Francesco, dopo la pausa estiva, ha riaperto i battenti, e lo ha fatto regalando una pregnante Serata conviviale con «aperitivo», la 132ª di seguito, tra quelle conviviali e quelle cinematografiche. Venerdì 21 settembre 2018, con il tema «Il profilo dei giovani 2.0», ha avviato la 7ª edizione del WikiCircolo: 9 Serate ‘immerse’ «negli spazi abitati dai giovani», tutte gratuite e aperte a tutti: soci, sostenitori, amici, credenti e «laici», vicini e lontani, introdotte da un brano musicale o un videoclip, intervallate da un momento di condivisione e concluse con un «aperitivo», ispirate all’Instrumentum laboris della 15ª assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema: I giovani, la fede e il discernimento vocazionale (3-28 ottobre 2018), al Messaggio «”Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio” (Lc 1,30)» di Papa Francesco per la 33ª GMG 2018 e alla preghiera-poesia Cantico delle creature di frate Francesco. A configurarle in dettaglio e a scegliere i relatori di rilievo per la piccola tavola rotonda, i componenti del nuovo «team», ringiovanito e rinvigorito: Clarissa Errigo, Valentina Gullì e Teresa Cona, in collaborazione con Alex Scicchitano e Luigi Cimino, tutti innamorati dell’ideale del Circolo e pronti a fare i ‘salti mortali’ per tenerlo in alto, vivo ed attraente. Il Salone «S. Elisabetta d’Ungheria», presso la sede del Circolo, al lato destro della chiesa «Sacro Cuore» a Catanzaro Lido, è il luogo abituale degli incontri che si tengono un venerdì sì e un venerdì no, alternandosi con il ciclo cinematografico.

Ad aprire la 1ª Serata, alla vigilia del viaggio apostolico di Papa Francesco in Lituania, Lettonia ed Estonia, nel 25° anniversario della visita di Giovanni Paolo II, è stato il video hardcore 2.0 «I giovani di una volta» della storica band torinese COV, tornata nel 2015 sulla scena con l’intento di fare nuova musica, intesa come atto creativo, con nuove consapevolezze e nuove sensibilità, ma con la stessa forza e lo stesso spirito di sempre, narrando la vita, l’amore, i cambiamenti, la società, ma anche i moti dell’anima che erano lo specchio delle storie e delle sensazioni vissute dai giovani dei quartieri popolari della Torino di un tempo.

A presentare l’edizione e il programma della Serata, la segretaria del Circolo, Teresa Cona. «Il fil rouge dell’edizione e il tema della Serata sono scottanti – ha detto –, ed è importante che esista un’edizione che vuole introdurci negli spazi abitati dai giovani», ritrovare i «link» tra loro, gli adulti e gli anziani, tra ieri e oggi, e unirci tutti in una grande famiglia. Incontrarsi, comunicare, dialogare «vis-à-vis» è un dovere. È l’alternativa alla frammentazione delle società occidentali e alla nascita di tanti «ghetti», «grumi» e mini-aggregazioni, favoriti dal web di cose incrociate, sfaccettate, mescolate, come Facebook, forum e chat settoriali, tv «on-demand», l’opposto dell’«agorà» (= piazza, spazio aperto frequentato dal popolo, luogo di relazioni interpersonali), dove cittadini di ogni estrazione e idea si riunivano per discutere e decidere del futuro della «polis» (=città). Il frequentatore-tipo di ogni piccolo «ghetto» non fa che rinforzare le proprie idee, e spesso i propri pregiudizi, senza metterle mai alla prova del confronto, colpendo al cuore quella che è l’idea stessa di democrazia: il dibattito. Queste enclavi del pensiero, impermeabili alle idee esterne, auto-rinforzano le convinzioni dei propri affiliati in una sfrenata corsa all’inevitabile «redde rationem» (=resa dei conti). Un giorno usciranno dai propri «ghetti» e si troveranno nell’«agorà», non per discutere, ma per spaccarsi le teste, dando luogo ad una non-società, sempre più polverizzata e, quindi, pronta all’esplosione. A noi non scoraggiarsi, ma «prendere il largo», come il giovane Pietro con la sua barca, trascinando nell’avventura gli altri, «gettare le reti» (Lc 5,4) e ‘spacciare’, con la nuova linfa, i valori alti, evangelici, sanfrancescani, trapiantandoli nei cuori di tutti.

Magistrale è stata la tavola rotonda, con interventi di carattere sociologico, pedagogico e giuridico sull’identità del #giovane 2.0 tutto web, touch screen, chat, blog, twitter, social forum (Clarissa Errigo, Valentina Gullì e Vanessa Aprile) e con video («Don Tonino Bello – Freedom», «Santità 2.0: Storie belle di giovani» e «Catechesi ‘Giovani 2.0’»).

Clarissa, aprendola, ha ricordato che l’uomo è un essere più debole del mondo, perché appena nato ha bisogno delle cure e degli affetti di un altro essere. A volte questo bisogno se lo porta dietro per tutta la sua vita. È necessario ri-nascere, il più presto possibile, come individuo autonomo ed indipendente. Vanessa ha spiegato come si sviluppa la coscienza del sé ripercorrendo le varie età della crescita. Valentina invece ha sottolineato l’importanza del passaggio dall’identità personale all’identità digitale, aprendo una panoramica sui rischi connessi al mondo virtuale ed elencando le maggiori precauzioni da adoperare, in una fase preventiva, per non incorrere nei numerosi e variegati reati informatici che stanno dilagandosi «on-line».

Si è parlato quindi di ciò che riguarda la vita dei giovani 2.0, cresciuti in ambiente tecnocognitivo e quindi abili nel gestire flussi informativi tecnomediati, in multitasking con una miriade di altre attività parallele, e nel combinare comunicazione face to face e virtuale. Proprio loro sono chiamati a non piangere sulla propria situazione, ma a fare la loro parte: coltivare (↬ cultura) e sviluppare in pieno, con responsabilità, i talenti seminati nella loro vita. Certo, ci sono situazioni e contesti che più li favoriscono e altri che li ostacolano, ma in ogni giovane c’è sempre un punto positivo su cui si può far leva per crescere questi talenti. Papa Francesco spesso ricorda ai giovani di non farsi ‘rubare’ la speranza. I ‘ladri’ sono esterni per cui i giovani devono custodire e fruttificare il proprio estro, genio, bernoccolo. In questa dinamica devono essere oltremodo responsabilizzati e sensibilizzati. Il futuro dovrebbero costruirselo anche loro, in sinergia con gli altri, sognando la cultura della speranza, della gioia, dell’accoglienza, mai cedendo a fatalismo e alla logica dell’irredimibile.

I genitori sono spesso iperprotettivi. Si sentono più tranquilli e meno ansiosi con i figli immersi nei «social» a casa che fuori immersi nel sociale, esigente, ma vitale per il loro equilibrio psichico e per la costruzione di relazioni reali e durature, non virtualizzabili o cliccabili. Privilegiando solo relazioni virtuali, attraverso i media, si impoverisce, si favorisce il narcisismo e si espone ad una «orfanezza spirituale»: «La mancanza di contatto fisico (e non virtuale) – constata amaramente Papa Francesco – va cauterizzando i nostri cuori, facendo perdere ad essi la capacità della tenerezza e dello stupore, della pietà e della compassione. L’orfanezza spirituale ci fa perdere la memoria di quello che significa essere figli, essere nipoti, essere genitori, essere nonni, essere amici, essere credenti. Ci fa perdere la memoria del valore del gioco, del canto, del riso, del risposo, della gratuità» (Omelia alla Messa nella solennità di Maria, Madre di Dio, 1 gennaio 2017).

Infatti, si pensi alle mamme e ai papà travolti dai sensi di colpa e distrutti dal chiedersi: “Se avessi visto, se avessi capito, se avessi fatto…”. Certo, non si può arrivare dappertutto e proteggere a oltranza dai rischi e dalle degenerazioni dei media. I media hanno conquistato la nostra esistenza, scandiscono i ritmi delle nostre giornate, sono i custodi delle chiavi dei nostri spazi. «La loro presenza ci mette, certamente, a disposizione funzioni e opportunità impensabili fino a pochi anni fa, anche se il prezzo da pagare – afferma Dario Edoardo Viganò, assessore del Dicastero vaticano per la comunicazione – è una modifica sostanziale dei lineamenti del nostro profilo», un elevato costo in termini di umanità (Connessi e solitari. Di cosa ci priva la vita online, Bologna 2017, 17-18). Per quanto ci facciano bene, non si può dimenticare quanto essi siano carenti dal punto di vista dell’«educazione ai sentimenti». Per questo occorre che i genitori stiano vicino ai propri figli, sempre, al loro fiano, fin dalla più tenera età, e sappiano ascoltare, dialogare e rispettare i loro spazi e tempi. Insieme si può costruire un mondo e un futuro più bello, più umano, più relazionale, più affettuoso, più rispettoso, più giusto, più equo.

In sintonia con questi rilievi erano, a nostra sorpresa, i tre sintomatici eventi della giornata celebrati ad Assisi e a Bologna:

  1. «Disegni di affettività» per coppie di giovani sposi e di fidanzati, promossi nel Centro Congressi «Casa Leonori» di Assisi dall’Azione Cattolica. «’Life is sweet’: musica e parole, il nostro progetto di amore» è stato il titolo di quel fine settimana di lavori in cui, fino a domenica 23 settembre, i partecipanti da ogni parte d’Italia avevano la possibilità di riflettere sulla bellezza e il significato profondo della propria vocazione. Nella scelta del tema si sono rifatti all’Esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia di Papa Francesco (2016), al progetto di voler formare una famiglia come «il coraggio di far parte del sogno di Dio» (n. 321) e alla conseguente capacità della coppia di essere un «pascolo misericordioso», che genera vita, accoglienza ed ospitalità (cfr. nn. 322-324). A fare da filo conduttore dell’evento è stata la musica, con il suo ritmo e i suoi silenzi, tempi e codici, l’immagine perfetta delle relazioni affettive. Ogni coppia è chiamata a generare, come su un pentagramma, il proprio ‘spartito’, aperto al bene, all’accoglienza della vita e alla costruzione di una società più relazionale ed ospitale, contro ogni tentazione disgregativa che si vorrebbe imporre.
  2. «Cortile di Francesco» sul tema «Differenze», con più di 40 i relatori e ben 24 gli incontri, sviluppato dai partecipanti attraverso 6 sezioni: arte e cultura, cinema e teatro, architettura e design, economia, giornalismo ed attualità, l’evento realizzato dal Sacro Convento di Assisi, dalla Conferenza Episcopale Umbra e dall’Associazione «OICOS Riflessioni» e in collaborazione con la Regione Umbria.
  3. Presentazione della 10ª edizione del Festival Francescano sul tema «Tu sei bellezza», in programma dal 26 al 30 settembre a Bologna, con più di 200 iniziative. È stato questo il richiamo forte che i componenti del Comitato scientifico del Festival hanno rivolto a tutti. Il tema della manifestazione, “la bellezza”, ha assunto fin da subito una dimensione relazionale. Il contributo che i francescani si sono sentiti di dare, infatti, è stato quello di riconoscere il totalmente Altro (Dio) e gli altri come “belli”, degni del Suo e del nostro amore. L’esclamazione «Tu sei bellezza» ci arriva dalle Lodi di Dio altissimo: una preghiera che frate Francesco compose sul Monte della Verna nel 1224, quando ricevette le stimmate (FF 261). L’esclamazione è ripetuta due volte per sottolineare l’importanza del concetto di bellezza nel rapporto con Dio, il rapporto che per l’Assisiate passa necessariamente attraverso gli uomini e le altre creature: belli sono il sole, il fuoco, la luna e le stelle, così come bello è il lebbroso, l’emarginato, lo scartato. Di conseguenza il movimento francescano coltiva un atteggiamento positivo nei confronti del mondo: trova bellezza laddove altri trovano scarto. Certo, il concetto di bellezza non è univoco. Bello è qualcosa che attrae, che colpisce, che spinge a soffermare lo sguardo senza reprimere un senso di meraviglia, di stupore, di estasi. Spesso si definisce il bello come qualcosa che è buono e in questo caso si attribuisce alla bellezza una caratteristica utilitaristica, che non è propria del termine. Altre volte una cosa bella è una cosa desiderabile, apprezzata, ma non posseduta, e che proprio per questa mancanza di possesso risulta ancora più ricercata.

Umberto Eco († 2016), semiologo, filosofo, bibliofilo e medievista, dopo aver scritto la Storia della bellezza (Milano 2004), si dedicò alla Storia della bruttezza (Milano 2007). Con la sua raffinata capacità di leggere il presente, scrisse: «Un altro caso in cui si riscontra la dissoluzione dell’opposizione brutto/bello è quello della filosofia cyborg. Se all’inizio l’immagine di un essere umano in cui vari organi sono stati sostituiti da apparati meccanici o elettronici, risultato di una simbiosi tra uomo e macchina, poteva ancora rappresentare un incubo della fantascienza, con l’estetica cyberpunk il vaticinio si è avverato. […] è davvero scomparsa la distinzione netta tra brutto e bello? E se certi comportamenti dei giovani o degli artisti (anche se generano tante discussioni filosofiche) fossero fenomeni marginali praticati da una minoranza (rispetto alla popolazione del Pianeta)? Se cyborg, splatter [zombi] e morti viventi fossero manifestazioni di superficie, enfatizzate dai mass media, attraverso le quali esorcizziamo una bruttezza ben più profonda che ci assedia, ci atterrisce e vorremmo ignorare?».

La risposta francescana, nel Duecento così come oggi, è sempre la stessa: trovare la bellezza tornando alla realtà. E dove sta la realtà? Nei luoghi del sentire e di senso. Cercare il bello significa capire che ci sono cose prive di scopo, ma ricche di senso. Un senso che possiamo solo contemplare e non possedere. La bellezza, dunque, ci porta oltre ai canoni estetici e oltre alla fisicità che ci viene proposta consumisticamente. È una sensazione che nasce dal profondo, ci colpisce e ci educa alla gratuità e alla prossimità.

Forse dovremmo ripensare il tema della prossimità nel contesto digitale, senza demonizzare la rete come luogo distruttivo, e scoprire nuovi modi di stare con gli altri, senza rinunciare alle relazioni dirette, personali, con presenze reali e non esclusivamente virtuali, imparando a contemperare il senso di una stretta di mano con il click dei tasti del pc (cfr. L. Bruni, La ferita dell’altro. Economia e relazioni umane, Trento 2007, 159-163). «La rete – afferma Papa Francesco – è un dono di Dio, ed è anche una grande responsabilità» (Messaggio per la 50ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo, 8 maggio 2016). Il suo appello è quello di «costruire ponti tra gli uomini», di essere inclusivi, di farsi «prossimi dell’umanità ferita ed esclusa, per rendere visibile l’amore di Dio e la gioia del Vangelo», di dialogare en face per essere un gruppo». «Un dialogo per essere un gruppo aperto – ribadisce – deve essere un dialogo con la mente, con il cuore e con le mani» (Discorso ai ragazzi della Diocesi di Viviers, 29 ottobre 2018).

Lo Staff del Circolo è pieno di gratitudine nel vedere che le Serate conviviali e cinematografiche sono un luogo dove, quasi per una misteriosa osmosi, si comunica la positività, il desiderio di dialogo e di comunione, il rispetto delle differenze, la curiosità del conoscere che vince la pigrizia, l’orgoglio e l’indifferenza. È una benevolenza che lo precede e un favore che gli viene anche da frate Francesco, «maestro di reti», da intendersi, nel suo caso, come reti di relazioni e, nel nostro caso, come reti di connessioni, «abitate» dai giovani 2.0.

Piotr Anzulewicz OFMConv/Valentina Gullì/Teresa Cona

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