Gioia di essere «amati» come Gesù, «l’Amato» (Mc 1,11)
«Tu sei il mio Figlio, l’Amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Mc 1,11). Mai sulla terra una dichiarazione d’amore fu più solenne, più esaltante e più sconvolgente come quella rivolta a Gesù sul fiume Giordano. Una dichiarazione, espressa in un linguaggio umano, che colpì il suo cuore d’uomo – cuore, del resto, trasparente come il cristallo, non macchiato dal male e non oscurato dalle tenebre. Una dichiarazione che di colpo gli svelòla misteriosa ricchezza del suo essere profondo: «Tu sei la pienezza della divinità, tu sei il Dio umanato, tu sei l’Amore incarnato, dall’eternità». Una dichiarazione d’amore di novità assoluta. E, una volta lanciata, rimase inestinguibile: non smise di riecheggiare nel suo cuore. Grazie ad essa, egli attraversò la sua vita terrestre sino a donare tutto se stesso, a «morire», a lasciarsi «spezzare» il corpo e «dissanguare», sul Golgota, per la nostra liberazione/promozione/realizzazione/pienezza.
L’eco di questa dichiarazione risuona fino ad oggi, nel cuore di tutti coloro che in lui riconoscono il Figlio di Dio e nelle orecchie di tutti coloro in cui lo Spirito non smette di sussurrare: «Abbà, Padre!» (Rm 8,15). È l’unica parola – la parola d’amore – che vale veramente la pena di captare. E noi, a dir la verità, la captiamo e senza rendercene conto la ripetiamo, balbettando, in tutti i nostri amori terreni. Un giorno però, nel nostro battesimo, ci è stata rivolta in modo solenne: «Tu sei mio figlio, bene-amato, non orfano senza meta e senza amore, ma sei l’amato». Ed è stata messa nel nostro cuore la scintilla, il germe o il seme della presenza di Dio. Non è stata una magia, un rito scaramantico, una cerimonia svenduta al consumismo e ridotta all’esteriorità. Con il battesimo ci è stata tolta quella macchia/fragilità/tendenza intima a non essere liberi, a non amare o ad amare con fragilità, e perfino ad odiare. Con il battessimo siamo resi capaci di amare divinamente e di lasciarsi «spezzare» il corpo e «dissanguare» per la promozione degli altri, come Cristo. Col battesimo siamo entrati a far parte della Chiesa, quella del sogno di Dio: la Chiesa dei santi e dei martiri, dei peccatori perdonati e redenti, la Chiesa che cammina, canta, piange, soffre, crede, spera. Ecco cosa è successo il giorno del nostro battesimo, anche se eravamo troppo piccoli e non ce ne siamo accorti.
Ora che siamo adulti, ne siamo consapevoli, e riconoscibili tra i non battezzati, i musulmani, i buddisti, i non credenti? Qual è la verità del nostro battesimo? È un dono accolto e riscoperto oppure “legato”, “congelato”, in freezer e magari rifiutato?
La festa del Battesimo del Signore è la festa di ciò che è nascosto in noi e che va urgentemente riscoperto e ricuperato. «Cristiano – ci esorta s. Leone Magno († 461), il cui pontificato fu il più significativo ed importane dell’antichità cristiana –, diventa ciò che sei! Ricordati che, strappato al potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce del Regno di Dio. Con il sacramento del battesimo sei diventato tempio dello Spirito Santo! Non mettere in fuga un ospite così illustre con un comportamento riprovevole». Riscopri la bellezza del tuo vero Natale, ossia il tuo battesimo! Scioglilo!
Un esempio sconvolgente di “scongelamento” ci viene offerto in s. Francesco d’Assisi († 1226), “uomo cristianissimo”, come dice s. Bonaventura († 1274), Dottore Serafico. Il suo battesimo si è sciolto all’età di 25 anni, al momento della sua conversione: fu un capolavoro la sceneggiata della sua spogliazione, di fronte alla Chiesa e al Comune di Assisi. In questo gesto altamente drammatico e pubblico egli ebbe la sua «effusione, o battesimo, dello Spirito», cioè sciolse il suo battesimo e se ne impadronì. «E di poi egli stette un poco e «uscì dal secolo» (Testamento, v. 3), e iniziò a pronunciare parole pericolose: «Credo, voglio, faccio!». Smise di adorare se stesso, di contemplarsi, di essere narcisista, «uomo di paglia», amante del divertimento, della danza e dei canti, per porsi sotto l’assoluta signoria di Dio, che non è un Dio-Padrone, ma Dio-Padre. E questo è il secondo gesto fatto da s. Francesco, in forte contraddizione con la mentalità del mondo, della Chiesa e della famiglia di allora, trasformandosi in un uomo nuovo, inedito, inaudito. Si rivestì di Cristo, cioè indossò la sua mentalità e il suo cuore, gettò via le opere delle tenebre e divenne il «nuovo Oriente» all’interno della Chiesa -istituzione del suo tempo e per la Chiesa cattolica, in totale, espressa, ferma e quasi ostinata comunione con essa, «sempre sottomesso e soggetto ai suoi piedi» (Rb 12,5: FF 109), senza accenti critici e senza riserve disponibile all’obbedienza all’autorità papale, episcopale e presbiteriale…
Il nostro battesimo è stato soltanto un «input», un innesto, un segno – segno della Pasqua di Cristo, della sua morte e risurrezione, della sua vita gloriosa e trasfigurata, della vita in pienezza. Sotto forma di germe ne possiede tutta la realtà, come il seme contiene la promessa di fiori e frutti e l’energia vitale, capace di produrli un giorno. Questo «input» di vita in pienezza è fragile, minacciato e ancora imprevedibile. Lungo il cammino può languire, regredire, essere soffocato, spegnersi. È una vita che sfiora continuamente la morte. E così che il nostro battesimo ha ancora bisogno di un completamento, di un supplemento, di un secondo battesimo, «nello Spirito Santo e nel fuoco» (Mt 3,11), nell’intimo del nostro cuore. Con il primo battesimo siamo «innestati» in Cristo risorto, ma non ancora pienamente trasformati e trasfigurati, investiti e invasi dalla sua vita, quella divina e gloriosa.
È urgente dunque “scogliere”, “slegare”, il proprio battesimo, appropriarsene ed esprimerlo personalmente, perché esso possa “ravvivarsi” e sprigionare la sua forza divina che viene dalla morte e risurrezione di Cristo. Finché non pensiamo affatto a lui, non crediamo in lui, non ci curiamo di lui, non lo amiamo da morire, è come se egli per noi non fosse ancora morto e risorto.Se però ci scuotiamo e apriamo gli occhi sbigottiti, ci rendiamo conto di ciò che è avvenuto nel nostro battesimo: Cristo muore e risorge per noi, noi siamo salvatie tutto diventa vero. E se non siamo di pietra, ci mettiamo a piangere di gioia e di gratitudine. Sì, il nostro battesimo è da slegare, perché Cristo possa essere davvero “signore” della nostra vita e al centro e in cima a tutto. Si tratta di una fede-appropriazione: ci appropriamo gratuitamente della sua vittoria, qui, in Occidente, sempre più vuoto di cultura e sempre più appiattito verso il nulla, consapevoli che laddove la cultura si svuota e c’è il nulla, è l’anima di popoli che si svuota e ideologie turpi, fanatiche, fondamentaliste e brutali, che disprezzano la vita umana, possono avere buon gioco e presentarsi in modo suggestivo all’anima di persone vuote. Qui e ora accogliamo o, meglio, “rapiamo” il Regno denso di ideali e valori veri, come ci ha dato esempio frate Francesco, «figlio amato» (Mc 1,11), dentro la Chiesa che «cammina in ogni tempo e in ogni luogo», che è «madre di tutti, dal cuore aperto sul mondo intero, senza frontiere», che ci fa crescere nell’amore» (Papa Francesco).
Piotr Anzulewicz OFMConv