Famiglia è un nodo
È stata la Serata per un sì, un sì subito, un sì di chi ha un cuore abitato dal desiderio di riappropriarsi della capacità di pensare e riscoprire – tramite il fuoco che gli incontri con dei grandi maestri e registi possono accendere – la possibilità di una strada da percorrere insieme «che, al tempo stesso, è solo tua, perché tuo è il fuoco che si è acceso dentro di te e che sei chiamato a custodire e condividere». I presenti alla 4ª Serata della 7ª edizione del CineCircolo con il motto «Negli spazi abitati dai giovani, per immagini», svoltasi venerdì 16 novembre 2018 presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido, si sono quindi sentiti accompagnati, sfidati e pro-vocati a ripensare il modo con cui guardano alla propria storia personale e familiare.
Il film «A casa con i suoi» di Tomy Dey e la cineconversazione «Nuova formula relazionale: ‘singletudine’» – intorno alla tendenza mondiale dei giovani a vivere soli in casa dei genitori fino a età improbabili e intorno a questi ultimi a inventarsi una strategia per sloggiarli dalle calde e comode coperte di famiglia – hanno condotto i convenuti fino al cuore del problema: Non siamo creati per essere soli, orfani di origine, di storia e di traiettoria, «sfigati», «choosy», «bamboccioni» (l’etimo della parola «bamboccio», di cui «bamboccione», è la forma accrescitiva che reca con sé il marchio dell’infanzia e dunque della sprovvedutezza: «bambo» e «bambino» sono alla radice di «bamboccio») e «fannulloni» (la parola composta dall’imperativo di fare [«fa’»], da «nulla» e dal suffisso accrescitivo «one»), vecchie e care parole del lessico familiare, quest’ultime due, rispolverate, rilucidate come certe tabacchiere d’argento nel salotto dei nonni, rilanciate splendenti in mezzo al dibattito politico, amplificate dai social media, riprese come simbolo di “italianità” (sub)culturale e antropologica perfino dal quotidiano britannico «Times» e da quello statunitense «New York Times». Siamo creati in dono gli uni per gli altri e ci realizziamo impegnandoci ad amarli con quell’amore che viene prima di ogni risposta d’amore. Infatti, «l’uomo non può ritrovarsi pienamente, se non mediante il dono sincero di sé» (Gaudium et spes, 24). Il dono di sé è la forma più alta, più nobile e più concreta dell’amore; l’amore che porta a vedere nell’altro un altro sé e fare all’altro quello che si farebbe a sé; l’amore che ci fa scoprire fratelli gli uni degli altri; l’amore che genera fraternità e relazioni piene di significato; l’amore che sa soffrire con chi soffre e godere con chi gode; l’amore che libera risorse inaspettate nella vita personale, professionale e familiare; l’amore che ha un raggio universale: è indirizzato a tutti e abbraccia tutti; l’amore che innesca il processo di rinnovamento della società. È un amore, quindi, di fatti concreti.
«Sta qui – per citare Jacques Lacan (+ 1981), filosofo e psicoanalista francese – l’esperienza dell’azione umana»: riconoscere la propria natura, davanti alla quale siamo ultimamente responsabili, e agire conformemente ad essa. «Essere il dono sincero di sé» per gli altri non è quindi un semplice slogan, una mera amicizia, una pura filantropia. È un imperativo di vita che dà motivazione all’essere e agire oltre se stessi. Senza questo imperativo-respiro la persona si snatura e implode. Così anche la famiglia, separata dai legami con le generazioni e chiusa difensivamente su se stessa, implode e diventa luogo dove accadono i femminicidi, dove si respira l’individualismo, dove si perde la capacità di essere grembo ospitale. Fedele invece al suo nucleo pulsante, in cui c’è la diversità-alterità, genera e, incorporando anche il limite e il fallimento, trasforma le ferite in occasione di rigenerazione e di rinnovamento. Il perdono caratterizza la famiglia, anche in chiave laica, perché la vita sociale non esiste senza quella gratuità che eccede la logica del contratto e dell’occhio per occhio. La famiglia oggi è uno dei pochi luoghi dove si sperimenta la gratuità e si getta i semi di futuro. Essa non è quindi un nido o una tana dove rifugiarsi, un porto sicuro in cui fermarsi, una bolla in cui proteggersi, ma è una dimora ospitale, un grembo accogliente, un luogo di porte spalancate, non blindate. Lo dice anche la sua etimologia: «faama» è la casa che accoglie persone unite da legami di sangue, ma non solo. È qualcosa di piccolo che si apre, e ci apre, su qualcosa di grande. «È un nodo – afferma Chiara Giaccardi, sociologa e antropologa dei media – non solo fra i due partner, ma anche fra le generazioni, con chi ci ha preceduto e con chi ci seguirà». È un nodo di una rete più ampia, cui contribuisce e da cui ha sostegno. È un movimento di reciprocità. Un movimento che, purtroppo, abbiamo disimparato nel mondo dell’«io», del “tutto presente”, del “tutto subito”, dell’etichetta senza resto, dell’immanenza senza apertura, senza speranza, senza mistero.
La Serata si è svolta tra le due domeniche – l’11 novembre con la 68ª Giornata Nazionale del Ringraziamento, per i doni della creazione, dal titolo «”…secondo la propria specie…” (Gen 1,12): per la diversità, contro la disuguaglianza», ospitata dalla diocesi di Pisa, e il 18 novembre con la 2ª Giornata Mondiale dei Poveri dal logo «Questo povero grida e il Signore lo ascolta» (Sal 34,7), promossa allo scopo di «avere sempre gli occhi aperti sulle ferite del mondo, le orecchie vigili per ascoltare ‘il grido dei poveri’, le ‘mani tese per aiutare’» (Papa Francesco), facendo nostro l’esempio di s. Francesco d’Assisi – e alla vigilia della festa di s. Elisabetta d’Ungheria, chiamata «regina dei poveri» o anche «Madre Teresa del 1200», bellissimo campione del francescanesimo secolare del Medioevo, patrona di coloro che seguono le orme di frate Francesco, «testimone della genuina povertà», nel Terz’Ordine Regolare (TOR) e nell’Ordine Francescano Secolare (OFS).
Il Circolo, per inserirsi nelle manifestazioni di solidarietà e di attenzione agli ultimi, i poveri, i senza tetto, gli abbandonati, gli ‘scartati’, gli immigrati, ha voluto rievocare anche la 5ª Serata della 5ª edizione del WikiCircolo che si è tenuta un anno fa, venerdì 17 novembre 2017, dal tema «Gratitudine per i doni della creazione», con gli ospiti d’eccezione: Beniamino Donnici, psichiatra e psicoterapeuta, già colonnello medico dell’Esercito, già assessore al Turismo e Beni Culturali della Regione Calabria e già parlamentare europeo, autore del libro 7 giorni. Diario dall’Isola di S. Giulio in dialogo con Madre Cànopi (Edizioni Paoline, 2016); Stefania Rhodio, coordinatrice regionale del Rinnovamento nello Spirito Santo; Mario Caccavari, perito chimico e «hobby farmer». «La loro notorietà ha richiamato moltissimi intervenuti, che hanno preso d’assalto il Salone, che per le sue troppo piccole dimensioni ha reso impossibile la partecipazione di tutti. Gli interventi dei tre protagonisti sono stati seguiti con alto interesse. La platea più volte ha applaudito le loro narrazioni, esposizioni, suggestioni…». La foto di gruppo ha cristallizzato i presenti in una atmosfera gioiosa di ringraziamento, mentre il M° Luigi Cimino, in sostituzione di Ghenadi, ci ha fatto ascoltare, in sottofondo, dai video musicali, i tre canti: «Lode al nome tuo» − il canto tratto dal CD «Grazie», «Stai con me» − il canto interpretato da Stefania Rhodio e Renato Cusimano nella trasmissione di don Francesco Cristofaro «Nella fede della Chiesa» su «Padre Pio TV», e il «Canto del mare» di mons. Marco Frisina.
Nel programma invece di questa Serata sono stati selezionati i seguenti videoclip che mettevano in risalto la ‘singletudine’ e il dono di sé: 1. «Pastore solitario» di Juan Leonardo Santillia Rojas, panflettista ecuadoriano, all’inizio; 2. «Il maestro e lo scorpione», una storiella zen con un importante messaggio: «Non cambiare la tua natura. Se qualcuno ti fa del male, prendi solo delle precauzioni, poiché gli uomini sono quasi sempre ingrati del beneficio che gli stai facendo, ma questo non è motivo per smettere di fare del bene e di abbandonare l’amore che è in te», al termine della cineconversazione; 3. «The Lonely Shepherd» di André Léon Marie Nicolas Rieu, violinista e compositore olandese, alla conclusione dell’evento. Vi è stata anche la recita della preghiera per la 34ª GMG di Panama, la foto di gruppo e il «cocktail»: una golosa ed elegante torta gelato, al gusto di panna e cioccolato, dono di Jolanda. Una Serata-scintilla per accendere il fuoco del desiderio di rimettere i giovani e i poveri al centro del nostro cuore, che sono già, per diritto, al centro del Cuore di Gesù.
Piotr Anzulewicz OFMConv
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