«Revolutionary Road»: 7ª Serata cinematografica con «cocktail» [145]
Dic
28
Ora: 19-21.30
Luogo: Salone «S. Elisabetta d'Ungheria» presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido

Serata cinematografica, con la proiezione del film «Revolutionary Road», la cineconversazione «Futuro nell’epoca della ‘paralisi decisionale’: incapacità di scegliere» e il «cocktail», la 7ª Serata ideata all’interno della 7ª edizione del CineCircolo con il motto: «Negli spazi abitati dai giovani, per immagini», l’edizione ispirata all’Instrumentum laboris della 15ª assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema: I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, al Messaggio di Papa Francesco per la 33ª GMG 2018 dal titolo: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1,30) e all’inno-lode Cantico delle creature di frate Francesco, promossa dal Circolo Culturale San Francesco ed aperta, a titolo gratuito, a tutti: soci, sostenitori, amici, vicini e lontani − la 145ª Serata di seguito, tra quelle cinematografiche e quelle conviviali, con decorrenza dal 10 gennaio 2014.
⑦ «Revolutionary Road»
Regia: Sam Mendes. Genere: Drammatico. Paese: USA/Gran Bretagna. Anno: 2008. Durata: 119′
Trama: April e Frank Wheeler sono una giovane coppia con due figli piccoli. Apparentemente tutto va bene, ma in realtà entrambi sono vittime di una forte frustrazione: il lavoro di lui è ben pagato, ma noioso, mentre lei fatica ancora a mandar giù la delusione di aver sacrificato il suo lato artistico. Vagheggiano così di trasferirsi a Parigi, per iniziare una nuova vita lontano dal mondo di “normalità” che li circonda… Il film drammatico sulla condizione della donna negli anni 60’.
♦ Cineconversazione
Futuro nell’epoca della ‘paralisi decisionale’: incapacità di scegliere
♦ Programma della Serata
- Videoclip «Come è bella la famiglia» (5:03’)
- Note sul film e cineconversazione «Futuro nell’epoca della ‘paralisi decisionale’: incapacità di scegliere» + video «La scelta di scegliere» (1:46’) e «In famiglia» (2:52’)
- Omaggio alla Sacra Famiglia: video «La Sacra Famiglia: i primi migranti» (6:52’) e «Santa famiglia di Nazareth» (2:29’)
- Scambio di auguri per l’anno 2019 + video «Buon 2019» (2:19’) e «Felice Anno Nuovo e Buon Natale 2019»
- Proiezione
- Foto di gruppo e «cocktail» [In sottofondo «Te Deum» (5:14’)]
♦ Recensioni
♠ Eccoli qui, di nuovo insieme i due magnifici interpreti del Titanic, (…) Kate Winslet e Leonardo DiCaprio a ricordarci che la noia ed una stantia ordinarietà possono trasformare la vita coniugale in una ‘titanica’ fatica!
Revolutionary Road è un vero melodramma. Tutta la sua profondità emotiva si basa su ciò che non si vede, non si sente e non è stato spiegato. Questa volta non è il Titanic che non riesce a raggiungere la sua destinazione, ma è il sogno americano a naufragare.
La sceneggiatura è basata sull’omonimo romanzo di Richard Yates del 1961, che esplorava le questioni sociali che ci sono dietro l’ideale della perfetta famiglia americana. Il regista è Sam Mendes (per intenderci l’autore del bizzarro American Beauty) che ora ci propone un film molto più crudo e maturo. Revolutionary Road è uno di quei film che sollevano il velo sull’America e sul sogno americano, rappresentandoci i loro ideali, la mogliettina e i figli come li conosciamo in HAPPY DAYS, un lavoro sicuro, la casa indipendente con il cortile erbato ecc. (…) come l’ideale perfetto per tutti in astratto, ma che può trasformarsi in una vita mortificante e dannatamente soffocante anche per i migliori talentuosi.
Naturalmente, da un punto di vista del gossip, Revolutionary Road è anche il primo film che ci mostra riuniti Kate Winslet e Leonardo DiCaprio dopo il Titanic, ma coloro che sperano di rivedere la storia romantica di Jack & Rose rimarranno clamorosamente delusi. Viceversa, avranno dinanzi un meraviglioso esempio di film che pone l’accento sul male di vivere, di come deve essere destrutturato il modello dell’American Way of Life nei suoi aspetti più positivi, di quell’ideale americano con il quale venivano bombardati i ragazzini della mia generazione, immersi nella coloratissima serie di Happy Days e della famiglia Cunningham. In questo film si svela il velo e tutto non è come sembra.
Quando si incontrarono erano giovani e avevano sogni, ma ormai alcuni anni più tardi April (Kate Winslet) e Frank Wheeler (Leonardo DiCaprio) sono solo l’immagine del sogno americano. Hanno una bella casa in periferia, hanno due bellissimi figli e Frank lavora nella grande città dove c’è la vita vera, quella frenetica. Insomma, i Wheeler come i Cunnigham, forse 15 anni prima, ma la normalità ha ucciso il rapporto tra i coniugi e tutti i loro sogni sono stati schiacciati da un’impeccabile routine. Per tornare a sentirsi ‘viva’, April suggerisce di vendere tutto e iniziare una nuova vita in Francia. Una luce di speranza, un’altra chance per tentare di realizzare se stessi, ancora una volta, (…) ma la vita reale interviene per disintegrare il loro matrimonio.
Dopo attimi di smarrimento e di indecisione Frank accetta l’idea della moglie e nel giro di pochi giorni la coppia annuncia ai vicini l’imminente avventura europea, suscitando una certa perplessità, ma, tra Frank e April, per un momento, tutto sembra andare a gonfie vele, giacché sembrano quasi vivere una rinnovata passione persa da tempo. Tuttavia ben presto Frank riceve un’importante proposta di lavoro che metterà in gioco i loro piani. Lui, pur detestando la sua occupazione, accetta la promozione in vista di una più consistente gratificazione economica e di un rinnovato prestigio personale; ma a causare il definitivo abbandono del loro sogno parigino è la notizia che April è nuovamente incinta.
Revolutionary Road è un film che guarda dietro la staccionata bianca delle casette americane. Come gli altri, anche i Wheeler cercano di fare i “perfettini”, hanno una bella casa in una strada tranquilla, hanno figli e Frank lavora nella pubblicità, ma naturalmente non tutto è come sembra, a malapena i coniugi si parlano, April è annoiata dalla sua vita, Frank detesta il suo lavoro e inizia ad accettare le lusinghe di una collega segretaria.
Il bello del film è nella sua autenticità, nel mostrarci in modo esplosivo come la vita ordinaria può distruggere il più sincero desiderio di sperare. Quel barlume di speranza viene rappresentato dalla voglia e dal coraggio di April di realizzare se stessa, e per far questo ha l’audacia di cambiare tutto e proporre una nuova vita in Francia, ma la vita reale, il lavoro, le responsabilità familiari, la gravidanza distruggono quel sogno, sino a demolire il matrimonio. Fondamentalmente il regista Sam Mendes suggerisce che una relazione d’amore può essere molto banalmente rovinata dalle abitudini di una certa ordinarietà che determinano una vita noiosa e niente o poco altro.
Gli interpreti sono fenomenali, ma tre meritano una menzione particolare. Kate Winslet qui è terribilmente vera, un’interpretazione autentica che fa dimenticare allo spettatore di stare a guardare un’attrice in un film. Per me è un’attrice destinata a diventare leggenda. Leonardo DiCaprio è uno dei migliori attori della sua generazione. Lo spettatore nel vedere la Winslet e DiCaprio, che si gettono addosso emozioni e parole, ha l’impressione di vedere due pugili, categoria pesi massimi, che se le suonano chiassosamente. Due attori a cinque stelle. Il dolore inflitto è grave, ma tutto senza infrangere le regole. Una speciale menzione merita anche la particina interpretata da Michael Shannon, nella parte di un geniale psicopatico, che grazie alla sua sensibilità sarà l’unico a capire davvero i motivi che causano il dramma della coppia. Altra interpretazione fuori dal comune.
Revolutionary Road mi ha emozionato tantissimo, di una bellezza visiva e di contenuti fuori dal comune; un quasi capolavoro. Invece di guardare alle semplici questioni personali, viene giudicata un’intera società, uno stile di vita, la normalizzazione del sogno americano e il grigiore di una vita di routine che è il catalizzatore per i problemi di una vita noiosa senza scopo. Fa spavento questa frase di Frank Wheeler (Leonardo DiCaprio): «Al diavolo la realtà! Dateci un bel po’ di stradine serpeggianti e di casette dipinte di bianco, rosa e celeste; fateci essere tutti buoni consumatori, fateci avere un bel senso di appartenenza e allevare i figli in un bagno di sentimentalismo: papà è un grand’uomo perché guadagna quanto basta per campare, mamma è una gran donna perché è rimasta accanto a papà per tutti questi anni, e se mai la buona vecchia realtà dovesse venire a galla e farci ‘BU!’, ci daremo un gran da fare per fingere che non sia accaduto affatto». (Garibaldi1975)
♠ American Beauty dieci anni dopo. Ovvero, come sarebbe andata a finire se Jack e Rose si fossero salvati dall’affondamento del Titanic, sposandosi e andando a vivere insieme? Sam Mendes porta sul grande schermo un romanzo di Richard Yates per affrontare, ancora una volta, i temi portanti della sua filmografia: la famiglia e il fallimento del “sogno americano”. Argomenti risaputi senza dubbio, eppure inquietantemente attuali negli Usa del 1961 (anno in cui fu pubblicato il libro), come in quelli odierni, appena usciti dall’amministrazione Bush.
Il risultato si potrebbe, semplicisticamente, definire “un solido film drammatico”, uno di quelli vecchio stampo, fatti di grandi interpretazioni e dialoghi memorabili, come ad Hollywood ormai non se ne vedono più. Ad una lettura più approfondita è anche la dimostrazione di come Mendes sia maturato con gli anni (da rivalutare il suo Jarhead), riuscendo ad epurare il suo ultimo film dai difetti che appesantivano il sopravvalutato American Beauty. Perché da questa prospettiva Revolutionary Road è un’opera molto più disperata e a fuoco dell’esordio del regista inglese. Non offre mai ai suoi protagonisti facili scappatoie. Certo, anche il personaggio di Frank (Leonardo DiCaprio), come quello di Kevin Spacey nel film citato poc’anzi, è schiavo di un lavoro che non sopporta, ma il malessere di cui soffrono lui e la moglie April (Kate Winslet) è qualcosa di più profondo e indecifrabile dei banali drammi dei personaggi di American Beauty. È lapalissiano che situando la vicenda nel 1955, nel pieno del boom economico statunitense, Mendes punta anche all’apologo morale, ma le sfumature sono tante e interessanti.
Il bellissimo quartiere in cui è situata la casa dei Wheeler, così come la stessa magione, dai colori freddi e le stanze deserte, assumono i contorni di una lussuosa prigione da cui Frank, e soprattutto April, non possono fuggire. Una sorta di Sea Heaven di The Truman Show, un mondo fasullo, ma incredibilmente “reale”, in cui i sogni non sono destinati ad avverarsi, dove la fantasia di un luogo lontano e mitico (Parigi) è destinata, appunto, a rimanere un pio desiderio. April è obbligata ad accettare e farsi bastare l’illusione di una vita completa e perfetta: un bel marito, due figli, una casa enorme e un conto in banca invidiabile. Chiedere di più sarebbe una follia. Difatti, il marito, di fronte alle sue sfuriate, minaccia di affidarla ad uno psicanalista e, non a caso, l’unica persona che dimostra vera comprensione ed empatia nei confronti dello stato d’animo di April è un uomo giudicato “mentalmente instabile” (Michael Shannon, che resta in scena pochi minuti, ma lascia il segno).
Il regista non condanna né assolve i protagonisti, anche se la bilancia pare propendere per l’emancipata e sicura April. Frank-Di Caprio è più sfaccettato e controverso, è un uomo innamorato e generoso, eppure debole e senza il coraggio necessario per realizzare le proprie aspirazioni (in gioventù aveva giurato di non finire come il padre, ma superati i trent’anni ne svolge il medesimo lavoro) o rendere felice sua moglie. È diviso tra la volontà di abbracciare ideali e liberali e “alternativi” (farsi mantenere dal lavoro della moglie, ipotesi che solletica l’ilarità dei colleghi del lavoro) e certi antiquati atteggiamenti da pater familias.
Aiutato da due straordinari interpreti come Di Caprio e Winslet, Sam Mendes lascia i suoi personaggi a briglia sciolta, li fa piangere e urlare, non cerca facili soluzioni o poeticismi da quattro soldi (il sacchetto fluttuante scult di American Beauty), ma dirige, senza sbavature, un melò cupo e dolente, che rimane sottopelle. Parafrasando il titolo di un altro film del regista, questa più che Revolutionary Road ci pare Perdition Road. (Alex Poltonieri)