«Lamerica»: Serata sul calvario degli umiliati e disperati
Apr
22
Ora: 19
Luogo: Salone «S. Elisabetta d’Ungheria» presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido

Il 7° incontro cinematografico con il cinedibattito nell’ambito della 2ª edizione del CineCircolo «sui sentieri della misericordia» promossa dal Circolo Culturale San Francesco
GENERE: Drammatico
ANNO: 1994
REGIA: Gianni Amelio
ATTORI: Enrico Lo Verso, Michele Placido, Piro Milkani, Carmelo Di Mazzarelli, Elida Janushi, Sefer Pema, Nikolin Elezi, Esmeralda Ara, Marian Petrj, Besim Kurti, Idajet Sejdia, Marieta Ljarja, Ilir Ara
SCENEGGIATURA: Gianni Amelio, Andrea Porporati, Alessandro Sermoneta
FOTOGRAFIA: Luca Bigazzi
MONTAGGIO: Simona Paggi
MUSICHE: Franco Piersanti
PRODUZIONE: Mario e Vittorio Cecchi Gori per C.G. Group, Tiger Cinematografica, Enzo Porcelli per Alia Film, in collaborazione con RAI-Radiotelevisione Italiana, Arena Films, Canal Plus (Parigi), Vega Film (Zurigo)
PAESE: Francia/Italia
DURATA: 135 min
FORMATO: Scope
Trama
Due faccendieri italiani, Fiore e Gino, comprano un calzaturificio statale in Albania. Trovano anche un “uomo di paglia” come socio locale, un povero vecchio con problemi mentali, Spiro. Quando questi si volatilizza, Gino lo cerca e lo trova, ma l’affare va a monte. Per tornare in Italia, è costretto a imbarcarsi su una nave zeppa di disperati che vengono da noi, illusi di trovare ‘Lamerica’. Un’odissea nell’inferno della miseria e nell’utopia di un vicino paese di bengodi.
Tema per il cinedibattito: Calvario degli umiliati e dei disperati, strappati alla loro terra e ai loro affetti, nella speranza di trovare ‘Lamerica’
Curiosità
«Emerge dal film – diretto da Amelio con quella proprietà di linguaggio, quella sensibilità e quell’amore per il vero che gli conosciamo da II ladro di bambini – il ritratto straziante di un’Albania ai limiti della sopravvivenza, che s’è lasciata alle spalle il fascismo (il Duce l’aveva annessa nel 1939 al Regno d’Italia) e il comunismo (ma sono sempre gli stessi che comandano) per restare nella più nera miseria. E il viaggio in Italia di questi disperati più che una speranza è una illusione. Il bravissimo Lo Verso è l’italiano che fa da trait-d’union tra il vecchio e il nuovo mondo, ma è un disperato pure lui, un italiano vero nel formicaio degli albanesi senza futuro. Il vecchio – e forse non è un caso – ha una sorprendente somiglianza con l’Umberto D. di De Sica» (Franco Colombo, L’Eco di Bergamo, 12 settembre 1994).
«Il film ha il suo nucleo centrale nel viaggio che il giovane compie in compagnia del vecchio dopo averlo rintracciato. E i due diventano il perno del racconto. Il vecchio è l’emblema di tutti gli umiliati e offesi del mondo, strappato alla sua terra e ai propri affetti, perseguitato da tutti, sprofondato nel pozzo di una follia dove sono sopravvissuti solo i pochi ricordi felici di una misera esistenza. Il giovane scopre la sua vera condizione umana vivendo sulla propria pelle il calvario degli umili, dei disperati che affidano il loro destino a una sgangherata carretta dei mari nella speranza di trovare ‘Lamerica’ sull’altra sponda dell’Adriatico. Film epico che sa dilatare una vicenda personale in un dramma corale, Lamerica fa capire quanto sia profondo il solco tra Paesi ricchi (come il nostro) e Paesi poveri (come l’Albania), ma ci avverte anche che questo solco potrebbe scomparire da un momento all’altro riportandoci alle misere esperienze del passato, perché il sogno degli albanesi d’oggi è identico a quello degli emigranti italiani che cent’anni fa vedevano ‘Lamerica’ come la terra promessa» (Enzo Natta, Famiglia Cristiana, 19 ottobre 1994).
«Meraviglioso pamphlet politico che si autocombustiona via via al fuoco delle ipocrisie della visione filosoficamente corretta, «kolossal» minimalista, omaggio impossibile a Roberto Rossellini e David Lean, opera chiusa che non concede sostegni al sentimento, una delle massime vette di cinema europeo che interiorizza il malessere. Lamerica è un film che non va consumato o schiacciato dalla memoria come un cattivo ricordo. Rimeditato, depositato sulle nostre cattive coscienze, lasciato riposare sui nostri incubi più infami, pretende di non dire e che voi ‘non diciate’. E questo – in tempi di esternazioni e sublimazioni – è già utopia. L’utopia del nostro scontento» (Fabio Bo, Vivilcinema).