«La città incantata»: 2ª Serata cinematografica con dibattito

Gen

27

Ora: 18.45
Luogo: Salone «S. Elisabetta d'Ungheria»situato al lato destro della chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido

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2. Ve 27 gen 2017

Proiezione del film «La città incantata» e dibattito: 2ª Serata cinematografica – 75ª Serata di seguito, tra quelle cinematografiche e quelle conviviali, a partire dal 10 gennaio 2014 – ispirata all’enciclica «Laudato si’» di Papa Francesco e alla preghiera-inno «Cantico delle creature» di frate Francesco, ideata e promossa dal Circolo Culturale San Francesco nell’ambito della 4ª edizione del CineCircolo, il cui leitmotiv è: «’Sorella’ Terra per immagini», ed aperta a tutti, vicini e lontani

 «La città incantata»

Regia: Hayao Miyazaki. Genere: Animazione, avventura, film in HD. Produzione: Studio Ghibli. Paese: Giappone. Anno: 2001. Durata: 122′. Attori: Rumi Hiiragi, Mari Natsuki, Miyu Irino, Takashi Naitô, Bunta Sugawara

Trama: Chihiro è una ragazzina di dieci anni, capricciosa e testarda, convinta che l’intero universo debba sottostare ai suoi capricci. Quando i suoi genitori, Akio e Yugo, le dicono che devono cambiare casa, la bambina va su tutte le furie e non fa nulla per nascondere la sua rabbia. Abbandonando per sempre la vecchia casa, Chihiro si aggrappa al ricordo dei suoi amici e di un mazzo di fiori, ultime tracce della sua vecchia vita. Arrivati in fondo ad una misteriosa strada senza uscita, Chihiro ed i suoi genitori si trovano davanti ad un immenso edificio rosso sulla cui facciata si apre una galleria senza fine che somiglia ad una gigantesca bocca. Con una certa riluttanza, Chihiro segue i genitori nel tunnel. Il tunnel li conduce ad una città fantasma, dove li aspetta un sontuoso banchetto. Akio e Yugo si gettano famelici sul cibo e vengono trasformati in maiali sotto gli occhi increduli della figlia: sono finiti in un mondo abitato da antiche divinità e da creature magiche governate da una strega malvagia, la perfida Yubaba. Yubaba spiega a Chihiro che i nuovi arrivati vengono trasformati in animali prima di essere uccisi e mangiati. Coloro che riescono a sfuggire a questo tragico destino saranno condannati all’annientamento, quando verrà dimostrato che non servono a nulla. Per sua fortuna, Chihiro trova un alleato nell’enigmatico Haku. Per ritardare il più possibile il terribile giorno della resa dei conti e sopravvivere in un mondo strano e pericoloso, Chichiro dovrà rendersi utile e quindi lavorare. E così la ragazzina rinuncerà alla sua pigrizia, alla sua umanità, alla sua ragione, ai suoi ricordi e addirittura al suo nome…

Un’opera affascinante e dolorosa da vedere e rivedere all’infinito. Capolavoro assoluto dell’animazione giapponese, è un viaggio iniziatico poetico e appassionante e una riflessione profonda sui valori dell’esistenza. Una favola moderna insomma che incanta e fa riflettere, struggente e minacciosa al tempo stesso.

Note

Hayao Miyazaki, uno dei maestri dell’animazione, descrive in forma di metafora il tortuoso percorso di crescita della piccola protagonista: il mondo che mette in scena è semplicemente affascinante, sia negli impeccabili disegni che nel flusso del racconto. Nonostante l’apparente saccheggio di folklore e mitologia tipicamente giapponesi, il regista crea un sorprendente «melting pot» narrativo in cui mescola Lewis Carroll e il lato oscuro delle fiabe dei fratelli Grimm, riuscendo nel finale – con leggerezza e straordinaria sensibilità – a trasformare in immagini il memorabile brano nel quale Jorge Luís Borges parla del «fiore di Coleridge». Più che un film, un regalo dedicato a chi ha conservato la curiosità e la capacità di lasciarsi trasportare dall’emozione della poesia.

Orso d’oro al Festival di Berlino 2002 (ex aequo con Bloody Sunday)

Cinedibattito: Possono i cartoni animati giapponesi aiutare a “leggere” l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco? Valori dell’esistenza nella società moderna divorata e governata dal denaro

◊ Lo studio

◊ Miyazaki, cartoni animati sui passi di papa Francesco

Possono i cartoni animati giapponesi aiutare a “leggere” l’enciclica Laudato si di Papa Francesco? Viene da chiederselo se proviamo a guardare con un approccio che vada oltre l’emozione e l’estetica i film di Hayao Miyazaki, il maestro dell’animazione nipponica più conosciuto all’estero. Dalla salvaguardia del creato allo sviluppo sostenibile, dai cambiamenti climatici al binomio pace e giustizia, dalla condanna dell’avidità alla critica per lo sfruttamento, le pellicole del 75enne regista di Tokyo, che con La città incantata ha vinto l’Orso d’oro a Berlino nel 2002 e l’Oscar nel 2003, raccontano numerose dimensioni che tornano nel documento di Bergoglio sulla “cura della casa comune”. «Benché si senta l’influenza delle pratiche folkoriche-animistiche, Miyazaki è un autore molto “francescano”, ossia vicino al Santo di Assisi», spiega dal Giappone il saggista e critico cinematografico Matteo Boscarol, corrispondente per l’Asia del Lucca Film Festival e curatore del volume I mondi di Miyazaki (Mimesis, 124 pp., 12 €), che, come scrive nell’introduzione, analizza gli universi dell’autore nipponico da un punto di vista filosofico e religioso attraverso sette saggi (fra cui quelli del fisico Marco Casolino e dell’esperto di fumetti Andrea Fontana).

Dal libro emerge una sorta di orientamento “congiunto” fra il Papa argentino e il genio dei cartoon. «Sì – prosegue Boscarol – l’essere umano è per Miyazaki una parte del creato e quindi dovrebbe bilanciare la sua esistenza con quella delle altre forme di vita sulla terra e nell’universo e non espandere il suo desiderio di potere e controllo come un cancro o una peste nera. Spingendo il discorso ancora più avanti, si potrebbe dire che, secondo Miyazaki, l’uomo dovrebbe lasciare più spazio al resto del creato (in Principessa Mononoke, il film di maggiore incasso nella storia del Giappone, tutto sembra essere vivo) e cercare di mettersi con esso in contatto e risonanza. La scena finale di Nausicaä della valle del vento del 1984 quando la principessa viene salvata e resuscitata dagli Ohmu è, in questo senso, emblematica. O ancora, in un corto intitolato Il ragno d’acqua Monmon, il microcosmo di uno stagno e il ballo d’amore fra un ragno d’acqua e un altro insetto sono davvero al livello di un sonetto francescano».

Nel 2013 il regista ha annunciato il ritiro dalle scene facendo calare il sipario su una carriera iniziata nel 1963 che lega il suo nome allo Studio Ghibli, il polo di animazione da lui fondato a Tokyo nel 1985 insieme con il collega e mentore Isao Takahata. L’amore per “per sora nostra matre Terra”, si direbbe con il Cantico delle creature del Poverello, è una delle costanti della filmografia di Miyazaki, che va a braccetto con il “no” alla devastazione ambientale causata dall’inquinamento o con la cura degli ecosistemi la cui «perdita» viene censurata da Bergoglio. «Dal punto di vista pratico – afferma lo studioso – un concetto cui Miyazaki tiene molto è quello di satoyama che denota una zona fra i piedi della montagna e la pianura usata per coltivazioni di piccole dimensioni che mantiene intatta la diversità paesaggistica e biologica della foresta e delle zone circostanti. Un modo di fare agricoltura, il “marchio” umano per eccellenza, ma allo stesso tempo integrandosi con l’ambiente circostante e attivamente migliorandolo. Un’illustrazione magnifica di questo concetto si trova in Il mio vicino Totoro del 1988 la cui storia si svolge proprio in un ambiente del genere».

Anche papa Francesco chiede nell’enciclica di «programmare un’agricoltura sostenibile e diversificata». E si scaglia contro il «paradigma tecnocratico» che vede alla radice della crisi ecologica. Il regista del Sol Levante torna a più riprese sul ruolo della scienza e richiama a un’etica, ossia alla necessità che si considerino le conseguenze di scoperte e invenzioni. «Il tecnocrate sembra l’essere umano più disprezzato da Miyazaki – sottolinea Boscarol –. Spesso nei suoi film non c’è una divisione netta, disneyana, tra bene e male. L’unica eccezione è la figura del tecnocrate, uomo disumanizzato o uomo umano troppo umano a seconda dei punti di vista. Un esempio è il personaggio di Lepka nella serie Conan il ragazzo del futuro del 1978 che rappresenta la tecnocrazia al suo massimo livello».

Nella concezione del Maestro il male nasce dall’egoismo dell’uomo che è portato all’avidità del potere. Lo testimonia il lungometraggio Nausicaä in cui l’impegno ecologista si sposa con la vocazione alla pace e con il biasimo delle derive militariste, come la tragedia atomica. «L’aereo in Si alza il vento, suo ultimo film del 2013, è per esempio un prodigio di estetica e aerodinamica, ma anche un’arma dispensatrice di morte», concludere il critico. E il sogno di Miyazaki è che l’armonia trionfi su tutto perché da essa dipende l’equilibrio del mondo. È l’auspicio di Papa Francesco che, proponendo un’ecologia integrale, indica nella pace connessa alla giustizia e alla fraternità la risposta alle disuguaglianze e alle violenze del mondo.

 ◊ Il fisico Casolino: «I “no” sullo schermo a una scienza senza freni»

«Inquinamento, cambiamenti climatici, equilibro degli ecosistemi sono argomenti affrontati sia nei film di Miyazaki, sia nell’enciclica Laudato si’, a testimonianza di come vi sia un’unità di vedute su questi temi». Marco Casolino, primo ricercatore all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è in Giappone, perché lavora anche al Riken, l’Istituto Nipponico di Ricerca Chimica e Fisica. Ed è un cultore del Maestro giapponese. «Il rapporto tra uomo e natura è uno dei fulcri della filmografia di Miyazaki – afferma lo scienziato –. Dalle prime opere a quelle più recenti come Il castello errante di Howl, il regista ci pone davanti agli effetti devastanti degli abusi compiuti dall’uomo sull’ambiente.

Se nella Laudato si’ Papa Francesco mette in guardia da un uso indiscriminato delle scoperte scientifiche, nei suoi film Miyazaki ci trasporta in mondi in cui questo è già avvenuto con risultati catastrofici». Il Papa condanna il paradigma tecnocratico. «E se ne leggono le affinità con Miyazaki, il monito è quello di un impiego della tecnologia senza alcun vincolo e senza un’educazione civile: ad esempio, gli scienziati in Conan il ragazzo del futuro sono come ingenui bambini che si fanno manipolare per fini politici; in Nausicaä della valle del vento sono mutati in una casta incancrenita che sfrutta le proprie conoscenze». E il fisico prosegue: «Certo sia Papa Francesco, sia Miyazaki non rigettano i progressi della tecnologia. Bergoglio scrive nell’enciclica: “Si può negare la bellezza di un aereo?”. È uno dei mezzi preferiti da Miyazaki che ha popolato i suoi mondi di splendide macchine volanti. Il cineasta ha sempre presente il potenziale uso bellico di questi strumenti. In Si alza il vento c’è al centro l’ingegnere aeronautico Horikoshi che progetta i formidabili caccia Zero per la guerra». Il Papa avverte che “non si addice di vivere sempre più sommersi da cemento”. E il regista critica la cementificazione. «La chiave di lettura è quella dello sviluppo sostenibile e dell’integrazione con la natura».

◊ Il critico Fontana: «Eroi di pace che evocano l’ecologia integrale»

Pace e salvaguardia del creato sono profondamente legati. Lo sostiene Papa Bergoglio ed è quanto traspare dalle pellicole di Miyazaki. «Credo che proprio in questa relazione con il discorso di Francesco si giochino i parallelismi più importanti con l’impianto ideologico di Miyazaki», spiega Andrea Fontana, firma delle riviste Fumettologica e Segnocinema, ma anche autore di numerosi volumi di cinema.

«Il Pontefice – spiega – parla di una “radice umana della crisi ecologica”. E Miyazaki non prescinde dal legame fra purezza dell’animo e rispetto per l’ambiente. Il mio vicino Totoro è sicuramente un manifesto del pensiero ecologista del regista, ma già Conan il ragazzo del futuro e Nausicaä della valle del vento palesano come il rispetto ambientale sia parte integrante di un discorso politico più ampio».

L’avidità del potere è una delle cause della guerra secondo il Maestro nipponico. Anche il Papa ne fa esplicito riferimento. «Si tratta di un legame intrinseco all’idea di guerra – afferma Fontana –. Se le conseguenze delle azioni dei “cattivi” di Miyazaki sono la distruzione del mondo naturale, le motivazioni sono sempre dettate da un’avidità di potere: Kurotowa in Nausicaä, Muska in Laputa, Lady Eboshi in Principessa Mononoke sono accomunati da una sete di potere che li acceca drasticamente, rendendoli insensibili al deperimento del mondo e delle persone». Bergoglio ribadisce che la pace è qualcosa di più dell’assenza di guerra e richiede un’ecologia integrale. «Anche in Miyazaki è così – sottolinea Fontana –. I suoi personaggi-icone sono un faro per tutti proprio per una purezza interiore che coniuga integrità e ferma adesione a una politica personale. Soffrono, fisicamente e mentalmente, antepongono il prossimo e la cura ecologica dell’ambiente alla propria persona. Papa Francesco sottolinea la necessità di un’ecologia che sia anche economica, sociale, culturale. Non è quello che fanno i protagonisti dei film di Miyazaki?».

Giacomo Gambassi

«Avvenire», 14 agosto 2016: https://www.avvenire.it/agora/pagine/miyazaki-cartoni-animati-sui-passi-di-papa-francesco 

La recensione

«Cercati un lavoro, è l’unico modo per ritornare da dove sei venuta» [Haku a Chihiro]

Chihiro è una bambina che sta traslocando nella sua nuova casa insieme ai genitori: sbagliano strada e finiscono in una misteriosa città, adornata a festa e disabitata. Presto Chihiro comprenderà di trovarsi in un mondo incantato e popolato da strani esseri: i suoi genitori scompaiono, trasformati in due grossi maiali dopo aver mangiato il cibo destinato agli spiriti divini che popolano la città e Chihiro si ritrova da sola a dover affrontare le incredibili magie che le si presentano davanti agli occhi. Incontra il giovane Haku, che si offre di guidarla e proteggerla dalla maga Yubaba, capace di trasformare gli esseri umani in animali: per Chihiro sarà l’inizio di una straordinaria e fantastica avventura. Undicesimo lungometraggio prodotto dallo Studio Ghibli, scritto da Miyazaki ispirandosi al romanzo Il meraviglioso paese oltre la nebbia di Sachiko Kashiwaba e premiato con l’Oscar per il miglior film d’animazione e con l’Orso d’oro (ex aequo con Bloody Sunday) al Festival di Berlino 2002, La città incantata (riproposto all’edizione 2010 del Festival Internazionale del Film di Roma col titolo La sparizione di Chihiro e Sen) è una delle opere più celebri del suo autore: Miyazaki cita se stesso (Porco rosso), gioca con poetica leggerezza, in un elegiaco canto d’amore all’innocenza della fanciullezza e alla purezza delle proprie radici, con lo smarrimento dell’identità personale e la crescita dell’individuo verso la maturità, rilegge mitologie e leggende della cultura giapponese con un linguaggio cinematografico di universale suggestione spettacolare e smagliante impatto visivo, immergendo il film nelle atmosfere sognanti dei suoi mondi incantati e scagliandosi con raffinatezza ed incisività contro i rischi della globalizzazione senza freni della società moderna, divorata e governata dal denaro. Nell’abbagliante splendore delle animazioni, trionfo di paesaggi mozzafiato (le immense distese di prati e cieli, l’oceano sterminato che circoscrive i confini della città) e virtuosistiche fantasmagorie, Miyazaki dispiega il suo smisurato e geniale talento in un vorticoso crescendo di fiabesche meraviglie ed inquietanti simbolismi: memorabili l’incontro con Kamaji, il Signore delle Caldaie, il bagno “purificatore” dello Spirito del Cattivo Odore, l’omaggio al Il giardino segreto di Frances Hodgson Burnett nel personaggio del gigantesco bebè di Yubaba (oltre, ovviamente, agli evidenti riferimenti a classici ed immortali capolavori come Alice nel paese delle meraviglie e Il mago di Oz), le affascinanti architetture nascoste della città, tripudio di palazzi spioventi, lamiere, grondaie sferraglianti, fumi e vapori, la voce di Youmi Kimura sui titoli di coda, la languida colonna sonora di Joe Hisaishi. Una gemma scintillante in una delle più preziose e vitali filmografie della storia del cinema.

Fabio

http://www.filmtv.it/film/24468/la-citta-incantata/recensioni/510411/#rfr:film-24468

La recensione

Un’opera affascinante e dolorosa da vedere e rivedere all’infinito. Capolavoro assoluto dell’animazione giapponese, è un viaggio iniziatico poetico e appassionante e una riflessione profonda sui valori dell’esistenza. Una favola moderna insomma che incanta e fa riflettere, struggente e minacciosa al tempo stesso.

Un capolavoro assoluto, poetico e appassionato. Da vedere e rivedere all’infinito con la certezza di “scovarci” sempre nuovi contenuti filosofici, nuovi messaggi, nuovi stimoli per una riflessione profonda sui valori dell’esistenza. E’ un’opera affascinante e dolorosa che consente a ciascuno di noi di rispecchiarsi dentro con i propri dubbi e le proprie paure, di dare insomma in qualche modo corpo “visivo” ai propri fantasmi. Viaggio iniziatico o di “formazione”, a seconda della angolazione di lettura e della prospettiva, ma anche rivisitazione “critica” dei nostri incubi esistenziali per affrontare e superare le paure dell’inconscio, confrontarsi con la nostra essenza più profonda e verificare così (tentando di superarli) i propri limiti e le proprie debolezze: ognuno, all’interno di questa opera unica e indimenticabile, può davvero “rintracciare” quello che “vuole” o che “desidera” (o anche che pensa sia più “necessario”) a seconda del momento e del particolare stato d’animo in cui si trova. Myazaky ci regala una favola moderna che incanta e fa riflettere, struggente e minacciosa al tempo stesso: ogni disegno è un’emozione, ogni personaggio rimane “incollato” indelebile nel nostro immaginario, e siamo per questo anche noi quasi obbligati, nonostante tutto (perché non possiamo che arrenderci senza difese alla fantasia e alla “suggestione” di fronte a tanta meraviglia) ad “affrontare” il viaggio a ritroso alla ricerca del “ricordo” e del passato su quel treno colmo di presenze inquietanti che sferraglia impaziente sulle rotaie di quella immaginifica ferrovia sottomarina. E’ un’avventura surreale e fascinosa nella quale rappresentazioni simboliche e contenuti etici si intersecano alla perfezione in una storia che si presta a molteplici chiavi di lettura, da quella filosofica appunto (come già accennato) a quella esistenziale, a quella più prettamente politica. Chichiro saprà superare prove difficili e coraggiose, grazie alla sua “apertura verso gli altri” e a quella caparbia forza di volontà che non la farà arretrare nemmeno di fronte alle prove più ardue e difficili. Un inno all’amore e alla tolleranza, alla “disponibilità” e alla accettazione di ogni diversità (temi spesso ricorrenti nella poetica di questo geniale autore): come nella vita, tutto qui è molto più sfumato e meno definitivo, non esiste la divisione manichea fra buoni e cattivi in questo “mondo al di là dello specchio” nel quale è costretta a “tuffarsi” Chichiro vincendo remore e titubanze per tentare di ritrovare e salvare i propri genitori (quasi un “viaggio all’inferno” di una moderna “Orfeo in gonnella”, coraggiosa e indomita, che avrà la forza di “non voltarsi a guardare indietro”nel passare quel tunnel che rappresenta anche l’abbandono dell’età della pubertà e l’acquisizione di una coscienza critica), novella Alice nel “paese delle meraviglie”, analogamente curiosa e disponibile, ma certamente più problematica e caparbia. E’ un film complesso e tortuoso, carico di quella atmosfera magica e avvolgente che caratterizza tutto il lavoro di Myazaki, pieno di invenzioni poeticamente visionarie che traggono origine dalla tradizione shintoista e dal teatro kabuki rese altamente suggestive dall’ inesauribile immaginazione del regista e dei suoi collaboratori, che hanno il grande merito di aver reso credibile l’incredibile “inventando” figure e situazioni di potenza straordinaria. Tecnicamente, il lavoro è di incredibile perfezione nella animazione e nella stilizzazione grafica dei disegni: il “tratto” è come al solito sicuro e personalissimo, i colori abbaglianti, e tutto si fonde mirabilmente insieme (ottimo anche il commento musicale di Joe Hisaishi) per restituirci un universo composito e tenebroso, capace di superare i limiti fisici del tempo e dello spazio, fra scene di grande durezza e momenti di sublime poesia.

Spopola

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Allegoria della vita, della crescita e della perdita

La piccola Chihiro non sopporta l’idea di traslocare e di perdere i propri amici, ma non può far niente per impedirlo. Proprio quando la famiglia è in viaggio verso la nuova casa, il padre imbocca una strada sterrata che termina davanti a un tunnel misterioso. I genitori sceglieranno di attraversarlo nonostante le rimostranze di Chihiro, per giungere a un parco dei divertimenti abbandonato, almeno apparentemente.

Il titolo più celebrato – un Orso d’oro e un Oscar – e forse amato del «corpus» miyazakiano, quello destinato a mettere d’accordo tutti, dai fan agli amanti occasionali del lavoro del regista giapponese. Giunto dopo le fatiche de La principessa Mononoke e dopo uno dei molti annunci di ritiro infine non concretizzatisi, La città incantata sintetizza con un linguaggio sempre più ricco i temi cari sin dagli inizi di carriera al regista, calandoli in un contesto totalmente fiabesco e allegorico. Il lato visionario si scatena grazie alla molteplicità di forme assunte dai diversi spiriti che abitano le terme di Yu-baba, le musiche di Hisaishi Joe sono tra le più struggenti mai ascoltate e la narrazione coniuga in maniera esemplare le esigenze di entertainment – travolgente il dinamismo delle sequenze di azione, come quella di Haku inseguito dagli omini di carta animati – e i momenti più intimisti, in cui Chihiro trova il tempo di riflettere sulla sua condizione e di comunicare empaticamente con il pubblico, aiutandolo a comprendere l’universalità del messaggio del film. Ogni dettaglio dello sfondo o personaggio apparentemente minore assume vita e senso propri, nel décadrage meticoloso di uno scenario corale che si ramifica per poi ricongiungersi, ritrovando il filo proprio quando sembrava prevalere un nuovo spunto.

Miyazaki rilegge Lewis Carroll, ha detto qualcuno, ma di fronte a un nuovo classico ha poco senso enumerare gli antecedenti: la forza de La città incantata è infatti tale da porlo come esempio a pieno titolo di racconto pedagogico contemporaneo, allegoria della crescita e della perdita (così inizia la storia, con un biglietto di addio) sotto forma di fiaba, in cui il piano superficiale di lettura non deve compromettere in alcun modo la godibilità della sua fruizione per poter veicolare i propri simbolismi. In un periodo di tempo, indeterminato come le regole del mondo degli spiriti, Chihiro vive un viaggio interiore ed esteriore che è quasi un trailer, una versione condensata, della vita destinata ad attenderla.

Irta di difficoltà e di dispiaceri (la perdita di persone care), di ipocrisia e grettezza (le rane al servizio di Yu-baba), di trasformazioni e maturazioni (il Senza-volto): amore, lavoro e senso di responsabilità si succedono sotto forma di prove, a cui Chihiro viene più o meno consapevolmente sottoposta prima di acquisire una nuova saggezza. Come la Dorothy che torna da Oz, così Chihiro non dimenticherà mai il suo viaggio incantato né la lezione ad esso sottesa, facendone tesoro per affrontarne uno ancor più incerto e pieno di incognite. E salire così su un treno dalle tappe meravigliose che procede, inesorabilmente, in una sola direzione.

Emanuele Sacchi

http://www.mymovies.it/film/2001/lacittaincantata/