«Corpo celeste»: 6ª Serata cinematografica con «cocktail» [161]

Mag

31

Ora: 19-22
Luogo: Salone «S. Elisabetta d'Ungheria» presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido

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Serata cinematografica, con la proiezione del film «Corpo celeste» di Alice Rohrwacher, la conversazione «Le ragazze, che hanno il genio nel cuore, amano la Chiesa, la comunità dei credenti in Cristo» e il «cocktail», la 6ª Serata ideata all’interno dell’8ª edizione del CineCircolo con il motto: «A servizio della pace e della fratellanza, per immagini», ispirata ai tre grandi testi: 1. Messaggio «La buona politica è al servizio della pace» di Papa Francesco per la celebrazione della 52ª Giornata Mondiale della Pace (1.01.2019), 2. «Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune», firmato da Papa Francesco e dal Grande Imam di al-Azhar Aḥmad al-Ṭayyib ad Abu Dhabi (4.02.2019), 3. Preghiera-poesia «Cantico delle creature» di frate Francesco d’Assisi (FF 263), promossa dal Circolo Culturale San Francesco ed aperta, a titolo gratuito, a tutti: soci, sostenitori, amici, credenti e «laici», vicini e lontani – la 161ª di seguito, tra quelle cinematografiche e quelle conviviali, con decorrenza dal 10 gennaio 2014.

 

«Corpo celeste»

Regia: Alice Rohrwacher. Genere: Drammatico. Paese: Italia/Francia/Svizzera. Anno: 2011. Durata: 98′

Trama: I genitori della tredicenne Martina, rimasti senza lavoro in Svizzera, decidono di rientrare a Reggio Calabria, loro città d’origine, estrapolando la figlia dal contesto in cui è cresciuta. L’arrivo in terra calabra produce un effetto di straniamento nella ragazza, privata dei vecchi amici e delle sue abitudini, incapace di adattarsi alla nuova vita. Grande aiuto le arriverà dall’iscrizione al corso di Cresima in parrocchia. Martina cerca la sua via verso la spiritualità.

Conversazione

Chiesa, donne e missione 

 

Programma della Serata

  1. Music video: Cresima» di Daniele Ricci (2:09’) e «Una piccola provocazione per i catechisti (con tanto affetto)» (4:59’)
  2. Note sul film e sul tema della conversazione, con un cenno alla 53ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che ha per tema «“Siamo membra gli uni degli altri” (Ef 4,25). Dalle social network communities alla comunità umana» e che si terrà il 2 giugno
  3. Proiezione
  4. Conversazione + Video «Donne, Chiesa e missione» (8:45’ [56:41’])
  5. Comunicazioni relative al Circolo
  6. Recita della Preghiera per la pace (Papa Francesco, Giardini Vaticani, 8 giugno 2014)
  7. Foto di gruppo e cocktail [In sottofondo: «Vieni, Spirito, forza dall’alto» (2:03’) e «Sottofondo musicale per la Cresima» (33:24’)]

 

♦ Recensione

❤ Piccole donne stupiscono, e commuovono. Corpo celeste, della regista non ancora trentenne Alice Rohrwacher, interpretato dalla magnifica tredicenne Yile Vianello (Marta), non è un banale gioiellino, è un brillante luminoso. Chi ha a cuore il destino delle nostre figlie e nipoti e si chiede quali doni potranno offrire a questo sinistrato Paese non può perderlo. Le ragazze hanno il genio nel cuore. Se ne è accorta a Cannes la Quinzaine des realizateurs e ne siamo felici, non per patriottismo, ma per orgoglio di genere.

Gli occhi di Marta, proprio loro, sono la macchina da presa. Lei, tornata dalla Svizzera a Reggio Calabria con la tenera mamma panettiera e la spigolosa sorella maggiore Rosetta, si prepara a ricevere la Cresima, ma anche a vivere il suo itinerario di formazione, la sua confermazione come donna. Si scruta nel bagno, piega i gomiti intorno alle piccole prominenze del petto per cercare i suoi seni bambini. Osserva la sorella fidanzata con un’invidia muta, quasi inconsapevole. Ruzza nel letto insieme alla mamma come un cucciolo, ride, le ripete all’orecchio gli insipidi canti che le insegnano al catechismo, ma lungo l’itinerario si inerpicherà anche per svolte paurose. Fuggita con furia alla catechista, che esagera con un vero ceffone di rabbia, la prova cresimale del buffetto del vescovo, si taglia malamente i bei capelli biondi che abbiamo visto brillare al sole tante volte nella prima parte del film. Sola con don Mario, in una stravagante gita per trasportare l’antico Crocifisso di un borgo abbandonato verso la desolante parrocchia al neon, sarà sorpresa dalle prime mestruazioni lontana dallo sguardo tenero della sua mamma.

Intorno a lei la periferia di Reggio Calabria. Senza bellezza e senza speranza: calcinacci, immondizia che mulinella nel vento, bretelle autostradali, raccordi, casermoni fitti fino al mare, spiagge in cui ogni residuo e ogni relitto si ammucchia e induce gli scugnizzi a una ripugnante caccia al tesoro. La terra piange, ma gli esseri umani non ridono. Santa (Pasqualina Scuncia, ottima esordiente matura), la catechista, sembra essersi formata più su Mediaset che sulle Sacre Scritture. Inventa un rockettino para religioso e grottesco. «Mi sintonizzo con Dio, è la frequenza giusta. Mi sintonizzo proprio io. Voglio scegliere Gesù»: cantano, a ritmi pop, gli adolescenti dalle creste alla brillantina e le ragazze corpulente che l’educatrice si ostina a chiamare bambini. Ogni scena dell’operosa comunità parrocchiale, che si prepara alla Cresima, è esilarante e malinconica nello stesso tempo. Quiz: «Chi accoglie con più amore Gesù nella sua casa, Maria, Marta, Jessica o Sabrina?». Spettacoli di accompagnamento al rito: il ballo delle casalinghe e il ballo delle piccole vergini. Esortazioni a una fanciulla indolente in jeans e giubbotto: «Più energia, stai per venire incontro a Gesù». Definizione della Cresima: «Apre le porte del paradiso, ma anche quelle del matrimonio». Accoglienza dei cresimandi nella navata da parte delle famiglie e dei parrocchiani: applausi da stadio, ma Santa, con i suoi piccoli lussi da povera, le paillettes e la pelliccetta intorno al collo del cardigan, è solo una donna innamorata. Persa per don Mario, piccolo arrivista in tonaca e cellulare dipendente. Piange il rischio che la lasci per una parrocchia più prestigiosa, chiede notizie sul suo destino a un ingessato segretario del vescovo che la insolentisce così: «Chi è lei? Intendo dire chi è lei per la Chiesa cattolica universale». Santa non è nulla. Una povera cosa in mezzo al cemento e ai calcinacci, ma è una povera cosa anche don Mario, sordo e cieco a qualsiasi voce che sia autentica e non provenga dal suo cellulare, rapace procacciatore di voti per un candidato che invade muri e mega espositori in movimento: Beniamino Strada. Possibile che la Chiesa sia così ripugnante? È un quadro autentico? Non è eccessivo? Alcuni critici di orientamento cattolico si sono posti queste domande. Io credo che il grado di realismo del film non abbia nessuna importanza. È una parabola quella a cui stiamo assistendo.

Marta cerca la sua via verso la spiritualità. Ha imparato alla dottrina l’invocazione che il Cristo crocifisso rivolge al Padre: «Eli, Eli, lemà sabactàni». Nessuno sa cosa voglia dire. Santa si rifugia dietro la vaghezza di chi non vuole o non sa rispondere: «È parola di Dio». Punto e basta. Lei lo ripete, lo ripete come un mantra, guardando fuori dal finestrino dell’automobile il paesaggio offeso: «Eli, Eli, Eli, Eli, Eli…». Solo il vecchio sacerdote del borgo abbandonato (un bravissimo Renato Carpentieri) si avvicina alla verità e al mistero del dolore: «Gesù non è biondo, buono, con gli occhi azzurri e ti vuole abbracciare. Gesù è arrabbiato, abbandonato, grida furioso». Pazzo di rabbia? Il Gesù melenso che Marta ha incontrato alla dottrina? Lungo i tornanti aspri e lucenti di mare che dal borgo tornano a Reggio, Marta rivela il suo segreto a don Mario. Gesù pazzo di dolore? Il piccolo prete acchiappavoti non lo può sopportare. Perde il controllo del volante e il crocifisso, mal fissato sul portapacchi, cade in mare. La sequenza più bella del film. Curiosa coincidenza o segno dei tempi?

Mi capita sempre più spesso di consultare le Scritture al ritorno dal cinema. Fatto sta che nemmeno i centurioni romani capiscono nulla del dolore della croce: «Costui chiama Elia. Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo» (Mt 27,45.47; Mc 15,35.39) – berciano i soldati. Alice Rohrwacher ha l’aria di saperne di più del dolore degli innocenti. Dai minuscoli gattini ciechi che un sacrestano, dai tratti di mangiafuoco, sbatte contro una balaustra, alla coda di lucertola tagliata, ma ancora scossa dalla vita, che uno scugnizzo regala a Marta nella scena finale («Tieni, è un miracolo» – le dice). E la regista in un’intervista dichiara: «In chiesa c’è una parete vuota, senza il crocifisso che è caduto in mare, ma c’è anche una comunità che aspetta qualcosa. È questa la mia tenerezza – aggiunge –, quella che vorrei regalare alla Chiesa». Chissà se la Chiesa lo sa che le ragazze che hanno il genio nel cuore la amano di un amore forse immeritato. (Mariella Gramaglia)