«Catanzaro ed oltre: quale futuro? Idee a confronto»: 10ª Serata con aperitivo
Giu
10
Ora: 19
Luogo: Salone «S. Elisabetta d’Ungheria» presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido

10. Ve 10 giu 2016
# 10ª Serata conviviale con aperitivo – la 60ª di seguito, a partire dal 10 gennaio 2014 – sul tema «Catanzaro ed oltre: quale futuro? Idee a confronto», promossa dal Circolo e aperta a tutti, ideata nell’ambito della 2ª edizione del WikiCircolo e collocata all’interno del Giubileo della Misericordia
«Catanzaro ed oltre: quale futuro?». Meglio, qual’è la strada per il futuro della città, capoluogo dell’omonima Provincia e della Regione Calabria? Cosa bisogna fare per aprire una nuova stagione? Come “volare alto” e far sì che la città possa guadagnarsi i “galloni” di capoluogo di Regione (nel resto della Nazione sono ancora convinti che il capoluogo sia Regio Calabria)?
Forse occorre moralizzare la politica perché non sia un mezzo di promozione dell’individuo, ma un impegno consapevole verso una crescita sociale, etica e culturale? Quali sono le forze professionali capaci di incidere al di là del loro nobile orto sulla qualità della vita e dei servizi? Come vincere la maledizione del cemento che ha continuato a sfigurare la città con un esorbitante rilascio di concessioni edilizie? Dove e come programmare infrastrutture e servizi (spazi, verde, attrezzature) per bambini, i giovani, gli handicappati, gli anziani? Quale può essere il destino dei grandi quartieri, a cominciare dalla sfigurata e imbruttita Lido, e a quali ruoli “specializzati” possono assolvere?
Per rispondere a queste e simili domande, occorre certamente partire dal delineare il profilo o il quadro attuale della città. Anticamente Catanzaro era conosciuta come la città delle tre “V”, riferite a tre caratteristiche distintive: V di s. Vitaliano, santo patrono; V di vento in quanto costantemente battuta da forti brezze provenienti dal Mar Ionio e dalla Sila; V di velluto in quanto importante centro serico fin dai tempi dei bizantini. “VVV” era la sigla con cui venivano identificati, sui mercati nazionali ed esteri, i velluti, i damaschi ed i broccati provenienti dalla città. Non lo è più.
“Catanzaro – ha scritto Giovanni Puccio sul Correre della Calabria il 6 maggio scorso – è come un ossimoro: un’«amara dolcezza», un «ghiaccio bollente», una «morte immortale». È una città storicamente nata sfidando la natura, sulle rupi, per difendersi dalle minacce del mare, dalle incursioni e dalla malaria, dotatasi di un sistema viario tra i più complessi e capillari e con opere di ingegneria tra le più avanzate: il ponte Morandi e la rotatoria Gualtieri. Una città di colli fino ai monti presilani per oltre 20 km su tre fiumare e il fiume Alli e Corace (uno proveniente dalla Sila e l’altro dal Reventino a testimonianza di un’origine comune e di un’integrazione naturale che attende l’opera dell’uomo), per non parlare di anfratti e di rifugi, e di ‘piccole patrie’. Un centro storico numeratore di potere che accumula Stato, Regione, Provincia e tanti denominatori dati dai corpi intermedi, e dalle rappresentanze istituzionali e di governo”.
Una città policentrica, ricca di cultura, di intellettuali, di artisti (che spesso si sono affermati in altre città italiane e straniere), di imprenditori, di dirigenti dello Stato, di magistrati, di ministri e di presidenti di Regione. Eppure negli ultimi anni questa città si è incrociata con una grave crisi che ha colpito l’Italia e il Mezzogiorno e non è stata in grado di elaborare i cambiamenti e cogliere le opportunità che si sono presentate. In alcuni casi è promotrice attiva, come l’Università e il Policlinico, e in altri è passiva, come la realizzazione della sede della Regione in un’area che rappresenta il centro direzionale. La condizione di uno stato d’incompiutezza continua, con costanti rinvii…
Riuscirà questa città da sola, senza un forte sostegno nazionale e regionale, nel suo arduo compito di costruire un possibile futuro che si meriterebbe? Riuscirà immettersi in un innovativo processo di città-territorio che sa unire il suo «hinterland»: i Comuni, come si è riusciti a fare nell’area cosentina avviando l’unificazione dei Comuni contigui alla città? Riuscirà a sollecitare il comprensorio ad unirsi e pianificare insieme, da est a ovest, da nord a sud, mare e monti, aree residenziali e produttive? Riuscirà a dotarsi di una pianificazione della mobilità, ottimizzare i costi, superare la polverizzazione delle gestioni e delle società partecipate o in «house»? Per riuscirci, c’è bisogno di un valore che sprigioni la coesione civile e di una leadership plurale che si combina con quel solco di civismo cittadino che nel corso della storia ha già dato dimostrazione di sapersi assumere un alto grado di responsabilità?
A queste domande, ed a tante altre, cercherà di rispondere, insieme con noi, il sig. Francesco Longo, catanzarese, componente della Giunta comunale e assessore con delega alla gestione del territorio.
Cittadini si nasce per mobilitare energie, per interessarsi di ciò che circonda, per formare all’impegno nelle istituzioni, per sviluppare iniziativa civica, per contribuire col dibattito e con le idee alla ripresa di un confronto costruttivo ancora sopito. Dall’impegno di ciascun cittadino nasce il cambiamento delle strutture sociali, economiche e politiche.
C’è poi da chiedersi se i cristiani non dovrebbero mettere più energie nella creazione di comunità che vivono il più possibile secondo la carta delle beatitudini. Vivendo valori diversi da quelli del solito benessere materiale, del successo, del prestigio, dell’acquisizione di ricchezze o della lotta politica, potrebbero diventare il lievito nella pasta della società: con poche risorse finanziarie e con pochi aggeggi elettronici, senza spreco e senza artificiali eccitanti, ma con maggiori capacità di relazioni semplici e piene d’amore, si può avere il cuore in festa e operare insieme perché il nostro quartiere, il nostro villaggio o la nostra città siano il luogo di maggior giustizia, pace e fraternità, creatività e crescita umana. Non cambierebbero, dapprima, le strutture politiche, ma i cuori e gli spiriti delle persone, facendo loro intravvedere una dimensione nuova dell’essere umano, quella dell’interiorizzazione, dell’amore, della meraviglia e della condivisione, quella in cui il debole e il povero, lunghi da essere scartati, sono al cuore della città. Se questo spirito comunitario si propaga realmente, cambiano le strutture. Esse sono lo specchio dei cuori, salvo, naturalmente, nel caso delle dittature e tirannie.
(pa)