«Sessanta Jazz»

La Serata «Sessanta Jazz», che si è svolta il 29 giugno 2018 presso la sede del Circolo Culturale San Francesco a Catanzaro Lido, a detta di molti, è riuscita a sprigionare lo charme a 360 gradi. E’ stato proprio il M° Luigi Cimino, con il suo sax, ad emanarlo. Di per sé ha una fiamma dentro di sé. Essa però divampa per un ambito in cui si è “specializzata”: il jazz, quel genere musicale che si distingue per l’uso estensivo dell’improvvisazione, di «blue notes», di poliritmie e di progressioni armoniche insolite, ineguali, elastiche, “saltellanti”, “dondolanti” (ingl. swing). Bastava esserci per provarne attrazione, e non erano pochi, nel corso della performance, a lasciarsi attrarre ed incantare.

Durante il «break», due sorprese: 1. l’ascolto dell’inno «’Siamo Qui!’. Proteggi Tu il mio cammino» dell’incontro dei giovani italiani con Papa Francesco che si svolgerà a Roma l’11 e il 12 agosto, reso noto appena tre giorni fa, scritto dall’Istituto Diocesano di Musica e Liturgia di Reggio Emilia e diretto dal M° Giovanni Mareggini: un’invocazione di protezione verso tutti coloro che attraversano la vita cercando di dirigere al meglio i propri passi; 2. la proiezione delle foto archiviali con Peppino Frontera, saggio consigliere del Circolo e solerte curatore delle Serate del WikiCircolo, che se n’è andato inaspettatamente il 24 gennaio scorso, alla vigilia della 2ª Serata conviviale dedicata a «I ‘ragazzi fantasma’, soli e isolati dalla società».

Una Serata incantevole, splendidamente condotta da Teresa Cona e Clarissa Errigo, a coronamento della 6ª edizione del Wiki– e CineCircolo dal «file rouge»: «I giovani con ‘sorella’-‘madre’ Terra», e conclusasi con una foto comune e la bottiglia di champagne, abbinata ad auguri, ringraziamenti e… proiezioni. (pa)

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La tenerezza «sogno» di Dio per tutti

Fu come se lo spirito della tenerezza aleggiasse davvero sull’11ª ed ultima Serata della 6ª edizione del CineCircolo, che si è tenuta venerdì 22 giugno 2018 presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido. Essere presenti e misurarsi con questa realtà così incandescente, fervida e vivida dell’essere divino e umano, significava percepire la grandezza come una rivelazione continua, un’epifania ribadita, una nota tenuta. Di tenerezza (gr. sympathés) parlava tutto il programma della Serata. La incorporava anche il videoclip iniziale: «Gi.Fra. estate 2018», pubblicato il 13 giugno 2018 da «Gi.Fra. Italia», con la presentazione degli eventi estivi della gioventù francescana, e proiettato in reminiscenza dell’11ª ed ultima Serata conviviale della 6ª edizione del WikiCircolo dal titolo: «Il ‘volto’ dei giovani francescani» (15.06.2018), e quello conclusivo dei Free Shots: «Siamo tutti profughi», realizzato dalla regista E. Montefinese con la partecipazione di numerose associazioni (Suq, MuMa, Ponti Migranti, Left Lab Genova, Ce.Sto), all’interno del Galata di Genova, il più grande Museo del Mare del Mediterraneo, e proiettato in occasione della 18ª Giornata Mondiale del Rifugiato (20.06.2018).

E poi la pellicola di G. Amelio che aveva per titolo «La tenerezza» ed evocava quel sentimento umile e insieme potente. La pellicola magnifica, segnata dalla costellazione lessicale e simbolica della tenerezza, che scandagliava i sentimenti umani attraverso dialoghi sublimi per delicatezza e intuizione. Un affettuoso ritratto umano che non cede al sentimentalismo e all’antiretorica, ma sa come far vibrare le corde drammatiche di una vicenda coinvolgente, al tempo stesso dura e tenera. Notevoli la messinscena, le immagini visivamente suggestive, la tensione umanista per la solidarietà fraterna. Valore urgente, necessario e prezioso, oggi più che mai…

Grazie per quanti hanno avuto la sensibilità «tenera», delicata e dolce, ed erano presenti alla Serata, la 130ª di seguito tra quelle cinematografiche e quelle conviviali, portando anche la crostata e l’insalata russa per tutti (Teresa e Jolanda). La tenerezza attira a sé e ingloba affettuosità, amorevolezza, benevolenza e la stessa agape. Nella sua identità più profonda si collega a due esigenze fondamentali e permanenti, iscritte nel cuore umano: desiderare di amare e saper di essere amati, esistere «in relazione con» e vivere «in relazione per». «La tenerezza – afferma il teologo C. Rocchetta – suppone la capacità di partecipare, corpo e anima, alla celebrazione delle innumerevoli sinfonie del mondo: alle sue gioie e ai suoi dolori, vivendo con l’alterità relazioni cordiali (cor/cordis, cuore), di scambio, di reciprocità paritaria e di bellezza» (Teologia della tenerezza. Un ‘vangelo’ da riscoprire, Bologna 2000, 10). Vista in questa ottica, l’attitudine alla tenerezza corrisponde a un’esigenza incancellabile dell’animo e ne dice la nobiltà e la grandezza. Non è pensabile che l’uomo, in qualunque condizione di vita si trovi, matrimoniale o consacrata, di giovane o di anziano, da solo o in comunità, possa essere persona adulta senza un’attivazione effettiva di questo sentimento. È stato doloroso constatare, nel corso della 6ª edizione del Wiki- e CineCircolo, che nel nostro ambiente tante erano le persone ‘sorde’, indifferenti, prive proprio di questa qualità tipicamente umana e umanizzante; le persone che lasciavano inascoltate le proposte-inviti alle Serate, anche per un saluto veloce, una parola amichevole, un segno di benevolenza, un semplice grazie per tanta fatica e dedicazione profuse dallo Staff del Circolo (Clarissa Errigo, Valentina Gulli, Alex Scicchitano, Teresa Cona, Lugi e Ghenadi Cimino). «La persona – rimarca il Rocchetta – non può dirsi adulta se non si sforza di acquisire questo sentimento che la rende ‘compartecipe’», colma di rispetto e di meraviglia, capace di apprezzamento e di gratitudine.

Comunque, la 6ª edizione del CineCircolo è approdata così, felicemente, a una conclusione che è stata una specie di celebrazione mistica del «sogno» di Dio-di-tenerezza, nascosto nel cuore di ognuno di noi come nostalgia di bellezza, di verità, di amore infinito, di felicità amante. Il suo «sogno» è un’umanità plasmata dalla tenerezza, a immagine e somiglianza del suo «Io-Noi». Ecco, allora, la rinnovata proposta-appello per una tenerezza ‘umile’ e ‘potente’, segno di maturità e di vigoria interiore che sboccia in un cuore libero, capace di donare e ricevere l’amore, in modo da mettere fuori causa i due antagonisti estremi: il violetto freddo del legalismo, dell’asprezza, della durezza, della severità, dell’indifferenza, ma anche il rosso del sentimentalismo, dell’affettazione, della leziosaggine, della moina, della sdolcinatezza che il poeta e drammaturgo russo V. Vladímirovič Majakóvskij sottoponeva a ironia. La tenerezza vera è ben altro ed è – come affermava il premio Nobel per la letteratura F. Mauriac – «un seme d’amore».

Potrà la nostra «età secolare delle reti» (Ch. M. Taylor) essere il tempo della «vita del Dio-di-tenerezza» che in Gesù Cristo si è posto, fin dalle tentazioni del deserto, verso l’amare, l’adorare, l’essere? Il tempo di un Dio-amante, libero e liberante, che ci dona la libertà e l’amore in tutte le sue vibrazioni, oppure di un dio-di-diffidenza, di conflittualità, delle guerre, dei centri di detenzione con pestaggi, torture, estorsioni e stupri? Tale è la portata della scelta di fronte a cui si trova l’umanità. Noi del Circolo non ci stancheremo mai di collocarci nelle più alte istanze e qualità della persona umana per valorizzarle, nella prospettiva del futuro di Dio-amante, e di farci promotori di un modello di sviluppo che sappia sostituire l’attuale «cultura della conflittualità» con una «cultura della convivialità», per usare la felice espressione di Ivan Illich, scrittore, storico, pedagogista e filosofo austriaco? L’alternativa è ben chiara. La «cultura della conflittualità» muove dal principio enunciato da Thomas Hobbes, filosofo e matematico britannico: Homo homini lupus («L’uomo è lupo all’altro uomo»). La «cultura della convivialità» invece parte dal principio della preziosità della persona, l’espressione di un dono creatore che la fa essere. Vivere, quindi, vuol dirsi riceversi in dono. È da qui che la «rivoluzione della tenerezza» inizia e si fa lievito e sale, luce e «seme d’amore».

Piotr Anzulewicz OFMConv

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Evviva la ‘galassia’ francescana, ma…

«Lasciatevi sorprendere dal ‘volto’ dei giovani francescani!». Tale poteva essere lo slogan della Serata conviviale che si è tenuta il 15 giugno 2018 presso la sede del Circolo. Chi ama il Santo d’Assisi e il suo carisma non avrebbe resistito a non accendersi di fronte ai ‘volti’ luminosi dei giovani francescani (Gi.Fra.) accorsi entusiasticamente a questa Serata, 11ª ed ultima della 6ª edizione del WikiCircolo creata apposta per loro e per tutta la ‘galassia’ francescana ex-giovanile (OFS), che ‘ruota’ intorno alle chiese francescane, e in particolare a quella del «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido, e resa nota già il 26 dicembre scorso sul sito web e sulla pagina social del Circolo, con la pubblicazione del dépliant. Un’opportunità straordinaria di presentare a tutto il mondo, con poche “pennellate”, il ‘volto’ dei gifrini, araldini e francescani secolari, anche per valorizzare il fascino di frate Francesco e «ricuperare l’alleanza inter– e intragenerazionale, universale e cosmica, praticata da lui e promossa da Papa Francesco, e, attraverso lo scambio di idee e il confronto delle voci dei giovani con le istituzioni, le comunità, gli educatori e i pastori, progettare insieme un possibile avvenire, unendo creatività, energia, forza e saggezza per il bene della comunità religiosa e civile, della società, dell’umanità e della ‘sorella’-’madre’ Terra. Un’opportunità singolare di dialogo, di proposte, di iniziative… e un momento in cui «tessere relazioni improntate alla fiducia, alla condivisione, all’apertura fino ai confini del mondo». Un’occasione eccezionale che, purtroppo, non è stata colta… Lo Staff delle Serate, indirizzate a tutti: soci, sostenitori, amici, credenti e «laici», vicini e lontani, ha contato moltissimo sul loro entusiastico coinvolgimento nella preparazione remota e prossima e sulla loro appassionata presenza all’evento, insieme ai loro assistenti… In prossimità di questa Serata, la 129ª di seguito, ha stilato il programma, con i videoclip avvincenti e trainanti, e ad alcuni di loro ha inviato le lettere-inviti speciali…

Grazie immense a chi ne ha accolte: a p. Pio Marotti, assistente custodiale dell’OFS che a volo ha reimpostato i suoi impegni ed era presente con l’intervento di grande interesse. Grazie ad Anna D’Alta, viceministra della Fraternità «S. Elisabetta d’Ungheria» presso la chiesa «Sacro Cuore», per la sua testimonianza. Grazie all’unico gifrino, Giuseppe Panariello, che suppliva l’assenza di Emmanuele Rotundo, responsabile del gruppo della gioventù francescana marinota. Il loro exploit ha reso meno acuta l’emblematica assenza ‘francescana’ a una delle edizioni più accurate, laboriose e diligenti. Grazie anche a p. Mauro De Filippis Delfico, assistente nazionale della Milizia dell’Immacolata, e a Margherita Perchinelli, presidente nazionale di questo straordinario ‘sogno’ di s. Massimiliano Kolbe, frate francescano e martire di Auschwitz, per la loro presenza, anche se soltanto per alcuni minuti.

La sfida di fronte ai giovani ed ex-giovani francescani, con i loro responsabili ed assistenti spirituali, è immensa. Il Circolo ha lanciato nella parrocchia «Sacro Cuore» un’edizione che poteva essere il fiore all’occhiello dei loro incontri formativi settimanali o bisettimanali. Non ci voleva molto per capire che essa aveva grandi potenzialità. È ormai chiaro a tutti che non c’è futuro senza cultura. Non coltivarla o, peggio, accantonarla, è lo sbaglio più grosso che si possa fare. Per tornare a crescere, essere significativi ed offrire al mondo «amato e tormentato» il tesoro ricevuto gratuitamente, la ‘galassia’ francescana ha urgente bisogno di riappropriarsi delle intuizioni e del carisma di frate Francesco, intesi l’une e l’altro non in senso astratto e sistematizzante, ma dinamico e contestuale. Il suo carisma e il «volto»/«identità» delle sue fraternità sono davanti, al servizio degli altri, e non nel passato. Questo impone l’impegno nell’indagare in modo rigoroso e spregiudicato quali siano le intuizioni originarie e originali di frate Francesco, partendo dai suoi Scritti con il suo Testamento come testo base, anche per tenere lontano tentazioni mistificanti, falsificanti, teocratiche, ierocratiche e gerarchiche, tentazioni ben presenti nelle nostre fraternità.

C’è il pericolo che le cosiddette Fonti francescane (Scritti e biografie di s. Francesco d’Assisi. Cronache e altre testimonianze del primo secolo francescano. Scritti e biografie di s. Chiara d’Assisi. Testi normativi dell’Ordine Francescano Secolare, Padova 2004) – quella miniera agiografica in cui si può trovare di tutto e il contrario di tutto – siano trattabili in modo omologo, addirittura alla stregua dei testi biblici. Nello specifico, c’è un pregiudizio diffuso che agisce e condiziona la vita o, meglio, l’uso rapsodico e combinatorio della vita di frate Francesco. Così l’Assisiate si colora delle più svariate tinte, diventando un santo decontestualizzato, svirilizzato e proiettato nell’universo dell’immaginario individuale e collettivo: Francesco rosso, anticapitalista e antimperialista; Francesco rosa, femminile e femminista; Francesco nero, nazionalista e fascista, definito «il più santo degli italiani e il più italiano dei santi»! Si dà per acquisito che le Fonti riproducano fedelmente le varie tappe di quella vita e che ogni momento, ricordato in esse, abbia la stessa autorità testimoniale. Le cose non stanno assolutamente così, tant’è che il lettore attento non sfugge a incongruenze e contraddizioni quando non miscela e non integra avvenimenti diversi, realtà, mistificazione e fantasia. È indispensabile allora fornire ulteriori spunti di conoscenza e di riflessione, anche in modo sintetico e rapido, a partire dagli Scritti dello stesso frate Francesco. Rispettarli e studiarli richiede fatica intelligente, oltre che assunzione consapevole e dolorosa delle proprie responsabilità qui e ora, anche nei confronti dell’intera ‘galassia’ francescana che ruota attorno ai frati (Gi.Fra., OFS, MI).

Ciò di cui abbiamo veramente bisogno – ha ribadito Papa Francesco il 21 giugno scorso nel Centro Ecumenico del World Council of Churches [Consiglio Mondiale delle Chiese] a Ginevra – è «un nuovo slancio evangelizzatore». «Siamo chiamati a essere un popolo che vive e condivide la gioia del Vangelo», un popolo che «serve i fratelli con l’animo che arde dal desiderio di dischiudere orizzonti di bontà e di bellezza inauditi a chi non ha ancora avuto la grazia di conoscere veramente Cristo», un popolo che loda «il Creatore e Redentore e Salvatore, solo vero Dio il quale è il bene pieno, ogni bene, tutto il bene, verso e sommo bene, che solo è buono, pio, mite, soave e dolce, che solo è santo, giusto, vero, santo e retto, che solo è benigno, innocente, puro, dal quale e per il quale e nel quale è ogni perdono, ogni grazia, ogni gloria di tutti i penitenti e giusti» (Rnb XXIII 9: FF 70).

La Serata, che doveva essere animata e contrassegnata anche dai francescani secolari di solido percorso formativo, portava con sé altresì la domanda: Come comunicare e trasferire ai giovani francescani, nei canali prediletti da loro, dunque soprattutto quelli digitali, il «know how», il saper essere e il saper fare, francescanamente, in questa «inquieta età secolare» e, più in particolare, nel mondo che non è più dicotomico (reale o virtuale), ma unico, con le due dimensioni (reale e virtuale), che a volte co-esistono e a volte si sovrappongono e/o si sostituiscono?

Frate Francesco non cercava un ideale astratto per offrirlo ai propri frati. Da ciascuno di loro ricavava invece, come in una sorta di gruppo terapeutico ante litteram, la parte migliore, più promettente, più seria, «componendone – puntualizza Paolo Floretta – uno sfolgorante patchwork di virtù vissute (Saluto alle virtù, 1-18: FF 256-258). In questa proposta, estetica ed etica, esse si armonizzano in modo mirabile, quasi felicemente ovvio, alla fine, con molta e attesa “aria di casa”» (Le reti di Francesco, Padova 2015, 96). Tra tutte le virtù brilla inattesa l’ultima: l’inquietudine, quella che meno ci attenderemmo, quella più fastidiosa, mai messa sugli altari prima di frate Francesco, attribuita per di più a frate Lucido, che, in tutte le Fonti francescane, compare con il suo nome luminoso soltanto nello Specchio di perfezione, un’opera illuminante di scrittore anonimo, scritta intorno al 1318 (cfr. Spec 85: FF 1782). La santa inquietudine che come pedagoga pungente e amorevole si pone a nostro servizio, in cerca della verità di noi stessi e di Dio. «Forse essa è il vero motore di ricerca vitale – scrive ancora Floretta – che dovrebbe accomunare e accompagnare credenti, non credenti e increduli. Forse la scopriremo cortese nel prendere per mano noi e i nostri dubbi, il nostro piccolo o grande ateo che ci abita e si sforza di ricominciare a credere […]. Forse ne apprezzeremo il suo umile servizio al pensare che non si arrende di fronte all’assenza, alla mancanza o anche all’abbandono di Dio. Forse, ancora, ne potremo stimare la sana incontentabilità rispetto a soluzioni o consolazioni a buon mercato. Una sorella, insomma, certo un po’ scomoda, talvolta pure molesta e imbarazzante, che ci mantiene tutti, credenti e no, sulla soglia delle domande vere che ci fanno pensare la tragicità del vivere per portarvi o riconoscervi senso e bellezza» (Le reti…», 96-97).

L’inquietudine è per il francescano una cosa seria. Se egli è inquieto, è, oltreché sano, anche più vicino al mistero e tra di noi, capace di ospitare i nostri naufragi, i nostri dubbi, i nostri drammi di fede, che, se accolti, ci impediscono provvidenzialmente di barricarsi dietro le autistiche certezze, più o meno targabili divinamente o teologicamente, ma gravide di morte perché prive della passione del domandare. Forse è davvero giunto il «kairòs» – il momento opportuno – per una nuova «devotio», che porta il profilo inquieto della nostra debolezza, riconosciuta e redenta, che ci mantiene «pellegrini e forestieri in questo mondo» (Rb VI 1: FF 90), orientati alla Terra che sarà il nostro approdo definitivo. Questa inquietudine, santa, provvidenziale e postmoderna, la possiamo accostare a quell’umiltà con cui frate Francesco chiude, riconciliato con se stesso, con gli altri, con il creato e con l’«altissimo, onnipotente, bon Signore», il suo Cantico delle creature: «Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate» (v. 14: FF 263). Francescanesimo è porsi così al servizio dell’inquietudine per poter incontrare gli «abitanti» che si sentono a casa in una visione della vita e della realtà che prescinde da Dio, e accompagnarli a diventare «cercatori» di senso. Tutto ciò suppone rispetto reciproco, attenzione vicendevole, prossimità, dialogo, generosità, solidarietà. Accompagnare gli «abitanti» della nostra Casa comune significa anche porsi in una dimensione contemplativa dove poter cogliere le loro specifiche ricchezze e le loro nuove possibilità, amorevolmente offerte da Chi sta guidando tutto il creato verso la pienezza di senso, di amore, di vita…

Per garantirsi l’inquietudine, bisogna accogliere la chiamata universale a quella «cella» o «chiostro»-laboratorio di unità, dove si abitua a smarcarsi dall’ovvio, interrogarsi e ascoltare il mistero della vita e la sua indelebile sacralità. L’ascolto è certamente l’atteggiamento più proprio ed efficace, come afferma frate Bonaventura da Bagnoreggio (+ 1274), filosofo e teologo, uno tra i più importanti biografi di frate Francesco, quando scrive: «Verbum divinum omnis creatura» («Ogni creatura è una parola divina»). L’ascoltare è il primo vero culto e il primo vero atto del dialogo, perché lo apre, lo rende possibile, per credenti e miscredenti, alleati perché inquieti, come a più riprese ci ha ricordato anche Papa Francesco (si leggano, ad es., le sue due omelie: quella tenuta il 28 agosto 2013 nella chiesa romana di S. Agostino in occasione dell’apertura del Capitolo generale degli agostiniani [Dall’inquietudine fecondità pastorale] e quella pronunciata il 3 gennaio 2014 ai gesuiti nella ricorrenza del SS. Nome di Gesù presso la chiesa del Gesù [«Senza inquietudine siamo sterili»]).

Serve l’inquietudine dell’amore che ci spinge ad uscire da noi stessi e andare incontro all’altro. È un promettente presupposto per impostare un’efficace azione evangelizzatrice, e in particolare la (web)pastorale francescana, in questa «età secolare delle reti» dove – come afferma Taylor – si è passati da una società, in cui la fede in Dio era incontestata, assiomatica e non problematica, a un’altra società, in cui la fede viene considerata un’opzione tra le tante. Credenza e non credenza oggi non sono più percepite come rivali. Sono modi alternativi di vivere la vita morale e spirituale, in cerca di pienezza. Ed è ascoltando queste diverse esperienze che si potrà aiutare a cogliere il totalmente Altro, Dio, già all’opera anche nella vita degli altri, credenti e non credenti. Frate Francesco faceva rete con tutti. Ci chiediamo allora come possiamo farla insieme? Se una mission è urgente, perché non progettarla e compierla insieme, cominciando a sperimentare una fraternità più intensa nell’esercizio della «carità intellettuale» (A. Rosmini), spirituale e corporale?

Lo Staff del Circolo ha già deciso di impostare le nuove edizioni del Wiki- e CineCircolo sui giovani in cammino verso il Sinodo dei Vescovi e la 34ª Giornata Mondiale della Gioventù, che si terrà a Panamá dal 22 al 27 gennaio 2019. È quanto mai prezioso ed importante aiutarli ad affacciarsi da protagonisti su possibili sentieri e panorami inediti. La ‘galassia’ francescana ha un messaggio di amore e di pace da proclamare e il Circolo con il suo sito web è una formidabile camera di risonanza, un grande megafono, un potente evidenziatore. Sarà saggio cogliere questa ennesima opportunità e affezionarsi, organizzando le proprie attività in base al programma del Circolo, in vista di una «mission» di qualità…

Evviva quindi lo Staff del Circolo: Clarissa Errigo, Valentina Gulli, Alex Scicchitano, Teresa Cona (segretaria del Circolo), Luigi Cimino (consigliere) e Ghenadi Cimino (tecnico fonico)!

Piotr Anzulewicz OFMConv

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Con il Cuore al centro

Una Serata speciale, quella che si è svolta l’8 giugno 2018, presso la chiesa «Sacro Cuore» di Catanzaro Lido, con il Cuore al centro. È stata creata dal Circolo Culturale San Francesco in concomitanza con la solennità del Sacro Cuore di Gesù e a coronamento delle celebrazioni liturgiche e paraliturgiche. Tutta all’insegna della tenerezza, spiritualità e convivialità. Divinamente si è inserita nella «Lunga Notte delle Chiese»: una manifestazione per avvicinare la comunità, che godeva del patrocinio del Pontificio Consiglio per la Cultura e del Ministero dei Beni Culturali, e della collaborazione delle diocesi italiane.

Il Circolo, che nel suo logo ha il simbolo di cuore, non poteva non “chinarsi” sul cuore: il centro operativo più intimo, la scaturigine delle relazioni dinamico-personali con l’altro, l’organo esatto della comprensione integrale, la sede privilegiata dell’uomo non-ancora-rivelato – infatti, in ognuno c’è «l’uomo nascosto del cuore» (cfr. 1 Pt 3,4). Esso non è l’illogico o l’irrazionale che si contrappone al logico o al razionale. È invece un’attitudine conoscitiva diversa da quella della ragione. Il cuore ha il suo «ordine» (R. De Monticelli) e le sue «ragioni che la ragione non conosce» (B. Pascal). Solo le ragioni del cuore hanno la chiave per entrare nel mistero dell’altro. Non si può conoscere l’altro «io» se non lo si avvicina con il sentimento positivo dell’amore che è il punto più alto e più profondo della funzione del cuore. Forse è venuto il tempo in cui si debba riscoprire il cuore come punto di sintesi di tutte le dimensioni della persona, da quella affettiva e volitiva a quella razionale e religiosa, come «luogo dell’integrazione viva, come spazio in cui l’uomo è già intero, non frantumato o smembrato» (M. I. Rupnik), come luogo dove l’intelletto ha il suo sentimento e dove il sentimento intende e comprende… Il cuore o l’«uomo-cuore» (S. Palumbieri) è l’uomo «tutto intero». Egli, vivendo nel corpo, pensando, progettando, decidendo, disperandosi e collezionando sconfitte, continua tuttavia a rilanciare speranze. L’uomo è un essere speciale. Il suo essere è il sentirsi-essere, in moto permanente, in vibrazione costante, in tensione perenne. È l’in-quietudine, l’incapacità di placarsi, la vibratilità costitutiva, l’«abisso» da colmare, la «finitudine» da completare, l’«ammasso di fallibilità» da purificare, l’«interrogativo» da ascoltare… È come un ago calamitato che continua a vibrare finché non è puntato verso il suo Nord, l’Infinito, l’Assoluto. «Inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te» (Agostino d’Ippona), l’Amore di Dio incarnato ed «umanato» (Angela da Foligno), l’unica risposta perfetta al nostro «inquietum cor».

Nel programma della Serata ci stava a cuore tutto ciò che riguardava il cuore, in tutte le sue sfumature e dimensioni: «intelligente» (1 Re 3,12; Prov 14,33; 15,14; 18,15), «saggio» (Sal 90,12), «retto» (1 Re 3,6), «integro» (1 Re 11,4), «mite e umile» (Mt 11,29), «risoluto» (At 11,24), «creativo»… Ne hanno parlato con passione e competenza i protagonisti della tavola rotonda: Valentina Gulli, Clarissa Errigo e Teresa Cona, ed altri ed altri ancora: Stefania, Gino, Marisa, Maria… I videoclip, proiettati da Ghenadi, hanno reso la Serata ancora più toccante e vibrante. Le parole erano amore e noi continuavamo ad assorbirle abbondantemente, perché questa era l’aria che si respirava nella giornata del Sacro Cuore. Le immagini e le melodie ci offrivano stimoli e indicazioni grazie ai quali sentivamo che il Sacro Cuore richiamava il nostro cuore. Tutti abbiamo bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto al Cuore divino; di un cuore tenero, generoso, «intelligente» che non si lascia chiudere in sé e non cade nella vertigine della globalizzazione dell’indifferenza; di un cuore «sociale» che si spende per l’altro e il totalmente Altro. Una Serata davvero con il Cuore al centro. 

Piotr Anzulewicz OFMConv

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